Con il cuore pesante, parto con mio figlio per far visita a mia madre.

Con riluttanza, parto con mio figlio per andare da mia madre. Il cuore mi si stringe allidea di andarmene, eppure preparo le valigie e parto con mio figlio, Tommaso, verso casa di mia madre, Elisabetta Rossi. Tutto perché ieri, mentre passeggiavo con Tommaso, mio marito, Matteo, ha deciso di essere ospitale accogliendo sua cugina Beatrice, suo marito Giovanni e i loro due figli, Sofia e Lorenzo, nella nostra camera. Senza nemmeno chiedermelo! Ha solo detto: «Tu e Tommaso potete stare da tua madre, cè spazio.» Sono ancora sconvolta da tanta audacia. È casa nostra, la nostra stanza, e devo far le valigie per lasciare il posto a estranei? No, questo è troppo.

Tutto è cominciato al mio rientro dalla passeggiata con Tommaso. Stanco, si lamentava, e io sognavo di metterlo a dormire prima di gustarmi un caffè in silenzio. Ma appena entrata in casa, il caos. Beatrice e Giovanni si erano già installati nella nostra stanza. I bambini correvano ovunque, spargendo giochi, mentre le mie coselibri, creme, persino il computererano ammucchiate in un angolo come se non contassi più. Sono rimasta pietrificata, senza parole: «Ma che roba è questa?» Matteo, impassibile, ha risposto: «Beatrice e la sua famiglia avevano bisogno di un posto. Ho pensato che potevate stare da tua madre. Lì starete bene.»

Ho rischiato di soffocare dalla rabbia. Primo, è casa nostra! Labbiamo comprata insieme, scegliendo ogni mobile con cura. E ora devo sparire perché la sua famiglia vuole godersi Roma? Secondo, perché non me lha chiesto? Avrei forse accettato, ma dopo averne parlato. Invece è stato un ordine. Beatrice, intanto, non si è neanche scusata. Si è limitata a sorridere: «Su, Carla, non ti preoccupare, resteremo solo due settimane!» Due settimane? Non voglio che tocchino le mie cose neanche un giorno!

Giovanni, lui, tace come un pesce. Sdraiato sul nostro divano, sorseggia il caffè nella mia tazza preferita, annuendo alle parole di Beatrice. I loro figli? Un disastro. Sofia, sei anni, ha rovesciato il succo sul tappeto, mentre Lorenzo, quattro anni, ha trasformato larmadio in un nascondiglio. Ho provato a far notare che non era un albergo, ma Beatrice ha alzato le spalle: «Ma sono bambini, cosa vuoi?» Certo. E tocca a me ripulire.

Ho cercato di parlare con Matteo da sola. Gli ho detto quanto mi ferisse il suo mancato rispetto, spiegando che Tommaso aveva bisogno di stabilità. Trascinarlo da mia madre, dove dormirà su un lettino, non è una soluzione. Matteo ha sospirato: «Carla, non esagerare. Sono famiglia, dobbiamo aiutarli.» Famiglia? E noi, allora? Stavo per piangere. Ma ho stretto i denti e fatto le valigie. Se crede che mi piegherò, si sbaglia.

Mia madre, Elisabetta, è esplosa quando glielho detto: «Matteo si crede il padrone di casa? Vieni qui, tesoro, ho posto per te e Tommaso. Quanto a tuo marito, dovrà rendere conto!» È pronta a venire a cacciare quegli intrusi. Ma io rifiuto lo scandalo. Voglio solo pace per pensare.

Mettendo via i giochi di Tommaso, lui mi guarda con quei suoi occhioni: «Mamma, restiamo tanto dalla nonna?» Lo stringo a me: «Non tanto, amore. Solo finché papà capisce.» Ma dentro di me lo so: tornerò solo quando casa nostra tornerà ad essere nostra. E Matteo dovrà scegliere: la sua ospitalità o la sua famiglia.

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