Mi chiamo Oksana, e questo è vostro nipote, ha sei anni.
In un piccolo paese della Toscana, dove i vicoli sono ombreggiati da cipressi e la vita scorre lenta, il mio destino ha preso una svolta inaspettata. Sono Elena Rossi, e stavo tornando dal lavoro quando ho sentito una voce chiamarmi. Mi sono girata e sono rimasta immobile: davanti a me cera una giovane donna con un bambino di circa sei anni. Si è avvicinata e ha pronunciato parole che mi hanno gelato il sangue: «Elena Rossi, mi chiamo Chiara, e questo è vostro nipote, Matteo. Ha sei anni.»
Ero sconvolta. Quei volti mi erano sconosciuti, e le loro parole mi hanno colpito come un fulmine. Ho un figlio, Luca, un uomo brillante e ambizioso, in piena ascesa professionale. Ma non è sposato, e nonostante i miei sogni di diventare nonna, non avrei mai immaginato di esserlo cosìallimprovviso, per mano di una sconosciuta. Lo stupore ha lasciato spazio alla confusione: come avevo potuto ignorare lesistenza di questo nipote per sei anni?
Forse è tutta colpa mia. Ho cresciuto Luca da sola, lavorando senza sosta per garantirgli un futuro. Sono fiera dei suoi successi, ma la sua vita sentimentale mi ha sempre preoccupato. Aveva una relazione dopo laltra, senza mai legarsi davvero. Non mi intromettevo, ma nel profondo, ricordavo i miei ventanni, quando lavevo messo al mondo. Sola, senza aiuto, avevo sacrificato la mia giovinezza, rinunciando a ogni comodità. Solo qualche anno fa Luca mi aveva regalato una vacanza in Costiera Amalfitanala prima volta che vedevo il mare. Non mi pento di nulla, ma lidea di essere nonna mi ha sempre accompagnato.
E ora Chiara e Matteo erano lì, davanti a me. Con una voce tremante ma decisa, ha aggiunto: «Ho esitato a lungo prima di dirvelo, ma Matteo fa parte della vostra famiglia. Avevate il diritto di sapere. Non chiedo nulla, lo cresco da sola. Ecco il mio numero. Se volete conoscerlo, chiamatemi.»
Se nè andata, lasciandomi sconvolta. Ho chiamato Luca subito dopo. Era sbalordito quanto me. A malapena ricordava una breve relazione con una Chiara, anni prima. Lei gli aveva annunciato una gravidanza, ma lui aveva rifiutato di riconoscere la paternità. Poi era sparita, e lui non ci aveva più pensato. Le sue parole mi hanno trafitto. Mio figlio, che avevo amato più di ogni cosa, aveva respinto quella responsabilità come se fosse niente.
Luca sosteneva di non sapere nulla di quel bambino e dubitava che Matteo fosse suo. «Perché avrebbe aspettato sei anni? È sospetto!» Ho provato a capire. Si erano lasciati a settembre, mi ha detto. Il dubbio si è insinuato: e se Chiara mentisse? Eppure, il viso di Matteo, i suoi grandi occhi timidi, non mi abbandonavano più.
Alla fine ho richiamato Chiara. Mi ha confessato che Matteo era nato ad aprile. Quando ho accennato a un test del DNA, ha risposto con calma: «Io so chi è suo padre. Non servono prove.» Mi ha assicurato che i suoi genitori la aiutavano, che lavorava per mantenere Matteo, che sarebbe andato in prima elementare a settembre. La sua voce era ferma, ma piena di determinazione.
«Elena Rossi, se volete vedere Matteo, non mi opporrò,» ha detto. «Altrimenti, capirò. So da Luca quanto sia stato difficile per voi.» Mi ha riattaccato in faccia, e da allora non smetto di chiedermi se bussare alla sua porta o lasciare il passato dove appartiene.
A volte, la vita ci consegna sorprese che non sappiamo accogliere. Ma forse, proprio in quelle svolte inaspettate, si nasconde la vera felicitàse solo avessimo il coraggio di abbracciarle.