— No, grazie — disse improvvisamente Vera. — Sai una cosa? Prenditi la casa così, senza condizioni. Io mi terrò la villa al mare. Anche se vale meno.

Non c’è bisogno, disse improvvisamente Vera. Sai una cosa, prendi la casa così, senza condizioni. Io mi terrò la villetta. Anche se vale meno.

Marina Giovanna, ha letto con attenzione? Forse cera qualcosa scritto tra le righe? La voce di Vera tremava per lemozione.

Lho letto, lho letto! Ecco, guardi lei stessa! La notaia spinse il documento dallaltra parte della scrivania. Cè solo la formula standard: «Con il presente testamento revoco tutti i testamenti da me precedentemente redatti». E basta. Nientaltro.

Anna sedeva come fulminata, girava tra le dita gli occhiali, mettendoli e togliendoli. Vera tormentava nervosamente la maniglia della borsetta, mentre Eugenio, il più giovane dei tre figli della defunta Claudia Maria, rimaneva in silenzio, fissando un punto nel vuoto.

Ma come è possibile? riuscì finalmente a dire Anna. Mamma aveva detto di aver sistemato tutto, che la casa e la villetta sarebbero state divise tra noi. Ti ricordi, Vera, come ce lo spiegò lestate scorsa?

Me lo ricordo benissimo! esclamò Vera, alzando le mani. Disse che la casa sarebbe andata a te, Annina, perché hai i bambini, mentre a me la villetta, visto che ci passo tutte le estati. A Eugenio avrebbe lasciato i soldi in banca, dato che vive a Milano e la proprietà qui non gli serve.

Eugenio sollevò lo sguardo e guardò le sorelle.

Io pensavo che mamma stesse solo parlando a vanvera. Sapete come faceva, le piaceva organizzare tutto, discutere. Non avrei mai immaginato che avesse davvero scritto un testamento.

Marina Giovanna tossì delicatamente.

Vedete, Claudia Maria aveva effettivamente redatto un testamento. Ma era tanto tempo fa, almeno dieci anni. Poi, evidentemente, cambiò idea e ne scrisse un altro che annullava i precedenti. Solo che si dimenticò di disporre dei beni nel nuovo. O non fece in tempo. Purtroppo, succede.

Anna si alzò e camminò per lo studio. Aveva quarantatré anni, lavorava come insegnante nella scuola locale e cresceva da sola i suoi due figli dopo il divorzio. La vecchia casa di sua madre era la sua ultima speranza per un alloggio proprio.

Quindi ora dobbiamo dividerci tutto secondo la legge? In parti uguali tra i tre figli? chiese, trattenendo a fatica le lacrime.

Esattamente. Casa, villetta, conti in banca: tutto in quote uguali.

Vera sbuffò.

E va bene! Almeno così Annina non potrà fare la faccia lunga, pensando che tutto sarebbe andato a lei. E io che ci faccio con quei pochi metri di terreno della villetta? Ci vogliono anni di pensione per mantenerli!

Vera! si indignò Anna. Che centra la tua pensione? Sai benissimo cosa voleva mamma!

Lo so, lo so! Ma volere non basta, bisognava anche metterlo nero su bianco. E la nostra mammina, che riposi in pace, era sempre stata bravissima a rimandare tutto allultimo.

Eugenio si alzò e si allacciò la giacca.

Basta litigare. Risolveremo tutto a casa con calma. Marina Giovanna, quando dobbiamo tornare?

Fra una settimana. Preparerò i documenti per la divisione. Ma prima dovete mettervi daccordo tra voi su chi prende cosa. Altrimenti, dovrete rivolgervi al tribunale.

Fuori cadeva una fastidiosa pioggerella dottobre. Anna si tirò su il cappuccio, Vera aprì lombrello. Eugenio accese una sigaretta, borbottando qualcosa tra i denti.

Magari andiamo al bar? Dobbiamo parlare propose Anna.

Non ho voglia di parlare con te tagliò corto Vera. Si vede subito che sei sconvolta perché non avrai tutto. Ma mamma ha partorito tre figli, non solo te.

Vera, perché ti arrabbi? Non è colpa mia se il testamento è così strano.

Non è strano, è giusto! Vera chiuse lombrello con tale forza che schizzarono gocce dappertutto.

Eugenio spense la sigaretta sul bagnato di una panchina.

Ragazze, basta! Piove, la gente ci guarda. Andiamo a casa di Anna, beviamo un tè e discutiamo con calma.

La casa di Anna distava una quindicina di minuti a piedi. Camminarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. La casa di Claudia Maria stava in una stradina tranquilla, malconcia ma solida. Le finestre erano chiuse con assi di legno, il cancello sprangato con un lucchetto arrugginito.

Chi ha le chiavi? chiese Eugenio.

Io rispose Anna, tirando fuori un mazzo dalla tasca. Le presi dopo il funerale, pensavo di sistemare un po le cose.

Entrarono nel cortile. Era invaso da erbacce, i meli non potati, la serra storta. Anna aprì la porta e un odore di muffa e umidità li accolse.

Oh, mamma singhiozzò Vera. Comè tutto trascurato.

Entrarono in salone. Mobili vecchi, il pianoforte su cui tutti e tre avevano imparato a suonare, la vetrina con i bicchieri di cristallo. Alle pareti, fotografie: il matrimonio dei genitori, i bambini in divisa scolastica, i nipoti.

Anna accese il bollello e prese i biscotti dalla credenza. Si sedettero al tavolo rotondo dove un tempo si riuniva tutta la famiglia.

Vi ricordate come mamma ci obbligava a sedere qui per fare i compiti? disse piano Vera. E noi cercavamo sempre di scappare in cortile.

E tu, Eugenio, quando prendesti quel due in algebra in prima media sorrise Anna. Mamma minacciò di prendere la cinghia, poi si sedette e passò tutta la notte a farti fare gli esercizi.

Eugenio annuì.

Era severa, ma giusta. Non favoriva nessuno, ci rimproverava e lodava allo stesso modo.

Vera mescolava lo zucchero nella tazza.

Giusta dici? Allora perché voleva scrivere il testamento a tuo favore? A me la villetta, a te i soldi, ad Anna la casa. La casa è la cosa più preziosa!

Vera, che centra la giustizia? sospirò Anna. Mamma pensava solo a cosa serviva a ognuno di noi. Io ho i bambini, vivo in affitto, ovviamente la casa sarebbe stata utile. Tu hai il tuo appartamento, ma adori la villetta. Eugenio vive a Milano, i soldi gli servono più di una proprietà qui.

Facile parlare quando ti tocca la parte più grossa!

Eugenio batté un pugno sul tavolo.

Basta! Vera, ti senti? Mamma è morta un mese fa e noi ci azzanniamo per leredità come cani!

Scese il silenzio. Solo lorologio a muro ticchettava e fuori continuava a piovere.

Sapete una cosa? Anna si alzò e si avvicinò alla finestra. Forse mamma lo ha fatto apposta.

Cosa vuoi dire? chiese Vera, confusa.

Pensateci. Mamma era una donna intelligente, pianificava tutto in anticipo. Davvero poteva dimenticarsi di specificare a chi lasciare cosa nel testamento?

Eugenio rifletté.

E allora cosa vuoi dire?

Che forse voleva che ci accordassimo da soli. Che dividessimo tutto con giustizia, secondo coscienza. Vi ricordate come diceva sempre: «Figli miei, siete adulti, dovete capire da soli cosa è giusto e cosa no».

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— No, grazie — disse improvvisamente Vera. — Sai una cosa? Prenditi la casa così, senza condizioni. Io mi terrò la villa al mare. Anche se vale meno.