Mamma si è dimenticata del mio compleanno

La mamma si è dimenticata del mio compleanno

Ginevra si svegliò al rumore delle stoviglie in cucina. La mamma era già alzata, come sempre allalba, a preparare la colazione per papà prima del lavoro. La bambina si stirò, sorrise e tendeva lorecchio magari avrebbe sentito gli auguri dalla cucina? Ma da lì arrivavano solo le solite chiacchiere mattutine sulla pioggia che tornava e lombrello dimenticato sullautobus.

Ginevra si sedette sul letto, sistemandosi il pigiamino rosa con gli elefantini. Oggi compiva nove anni. Nove interi! Il giorno prima aveva ricordato più volte alla mamma che il giorno dopo era il suo compleanno, e lei aveva annuito dicendo: «Certo, stellina, certo che me lo ricordo». Ma ora, inspiegabilmente, nessuno sembrava affrettarsi a farle gli auguri.

«Ginevrina, la colazione è pronta!» gridò la mamma dalla cucina con la sua solita voce, senza alcun tono festoso.

La bambina si vestì in fretta e corse in cucina. Papà era seduto a tavola con il giornale, la mamma distribuiva le frittate nei piatti. Ginevra si fermò sulla porta, aspettando.

«Buongiorno, piccola», disse papà senza alzare gli occhi dal giornale. «Siediti a colazione, sennò farai tardi a scuola».

«Buongiorno», rispose piano Ginevra, avvicinandosi al tavolo.

Si sedette al suo posto e aspettò. Magari volevano farle una sorpresa? Magari sarebbero apparsi con una torta o i regali? Ma la mamma, come se nulla fosse, le posò davanti il piatto con la frittata e un bicchiere di latte.

«Mangia, non perderti in chiacchiere. Hai tanti compiti oggi, ti serviranno le energie», disse la mamma, asciugandosi le mani con lo strofinaccio.

«Mamma, ti ricordi che giorno è oggi?» chiese Ginevra con cautela, smuovendo la frittata con la forchetta.

«Il quindici ottobre. Perché?» La mamma la guardò distratta, già pensando ai suoi impegni.

«Niente, solo curiosità», mormorò Ginevra, abbassando gli occhi sul piatto.

Il quindici ottobre. La mamma ricordava la data, ma non il suo significato. A Ginevra si strinse il cuore, ma cercò di non mostrare la delusione.

Papà finì il caffè, baciò la mamma sulla guancia e Ginevra sulla testa.

«Beh, io scappo. Ci vediamo stasera», disse, infilando la giacca.

«Arrivederci, papà», sussurrò Ginevra.

Rimasero solo lei e la mamma. Questultima sparecchiava canticchiando. Ginevra finì la frittata, anche se le sembrava insipida come il cartone.

«Mamma, e se oggi cucinassimo qualcosa di speciale?» provò a chiedere la bambina. «Magari una torta?»

«Ginevra, ma che torta di metà settimana? Non cè tempo. Stasera abbiamo la visita dal dottore, ricordi? Avevi mal di gola laltro giorno, no? Lappuntamento è alle sei».

Ginevra ricordava la visita, ma sperava che la mamma lavrebbe rimandata. Andare dal dottore il giorno del compleanno era proprio lultima cosa che voleva.

«Possiamo rimandare?» chiese piano.

«Ma no, figurati! Gli appuntamenti sono introvabili, siamo fortunati ad averlo ottenuto. Su, preparati per scuola, sennò farai tardi».

Ginevra tornò in camera a preparare lo zaino. Nello specchio si vide una bambina con gli occhi tristi. «Forse se ne ricorderanno più tardi?» pensò, mentre si faceva una treccia.

A scuola, Ginevra passò tutta la giornata aspettando che qualcuno la festeggiasse. La sua migliore amica, Beatrice, avrebbe potuto ricordarselo avevano perfino organizzato insieme i festeggiamenti. Ma Beatrice era presa dalla preparazione per il compito di matematica e non parlava daltro che di equazioni.

Durante lintervallo, Ginevra si avvicinò a Beatrice, che studiava sul corridoio.

«Bea, ti ricordi cosa avevamo detto del quindici ottobre?» le chiese, sedendosi accanto a lei.

«Cosa cè il quindici?» Beatrice alzò gli occhi dal libro.

«Ma come cosa?» Ginevra si confuse. «Avevamo parlato di»

«Oddio, Ginevra, scusami! Sono persa in questi problemi! Cosa avevamo organizzato?» Beatrice tornò a fissare il libro.

Ginevra capì che anche lamica se nera dimenticata. Sentì un nodo in gola, ma lo ingoiò e disse:

«Niente di importante. Studia pure».

Dopo scuola, Ginevra tornò a casa camminando lentamente, osservando le vetrine. Nella pasticceria cerano torte meravigliose, nel negozio di giocattoli bambole colorate. Tutto ciò avrebbe potuto essere un regalo, ma nessuno ci aveva pensato.

A casa, la mamma la accolse con le solite domande sui voti e i compiti.

«Comè andata a scuola? Cosa hai preso?» chiese, mescolando la minestra sul fuoco.

«Bene. Ho ottenuto un dieci in italiano», rispose Ginevra, togliendosi il giubbotto.

«Brava! Ora fai i compiti, poi andiamo dal dottore».

Ginevra andò in camera e si sedette alla scrivania. Ma invece di fare i compiti, prese un foglio e i pastelli. Se nessuno si ricordava del suo compleanno, si sarebbe fatta un biglietto dauguri da sola.

Disegnò con cura una torta con le candeline, dei palloncini e scrisse a lettere ornate: «Buon compleanno, Ginevra!» Era venuto bene, colorato e allegro. Lo nascose sotto i quaderni sarebbe stato il suo piccolo segreto.

Il tempo passava lento. Ginevra guardava spesso lorologio, sperando che la mamma si ricordasse allimprovviso. Magari avrebbe preparato qualcosa di speciale per cena? O comprato una piccola torta tornando dal dottore?

«Ginevrina, preparati, andiamo dal dottore!» la chiamò la mamma alle cinque e mezzo.

Allambulatorio cera confusione e gente ovunque. Aspettarono il loro turno, e Ginevra ascoltò la mamma chiacchierare con unaltra paziente dei prezzi al supermercato e dei problemi col riscaldamento. Conversazioni normali, niente di festoso.

La dottoressa era giovane e gentile. Visitò la gola di Ginevra, le auscultò i polmoni e disse che andava tutto bene, ma che per precauzione avrebbe dovuto prendere delle vitamine.

«Quanti anni ha la nostra pazientina?» chiese, scrivendo la ricetta.

«Nove», rispose la mamma.

«Nove?» La dottoressa sorrise a Ginevra. «Che ragazzina grande! E quando è il tuo compleanno?»

Ginevra guardò la mamma, poi la dottoressa.

«Oggi», disse piano.

La dottoressa alzò le sopracciglia sorpresa, mentre la mamma impallidì e si coprì la bocca con una mano.

«Oggi?» ripeté con voce tremante. «Ginevra, oggi è il quindici ottobre»

«Sì, mamma, oggi».

La mamma si sedette accanto a lei, stringendola forte.

«Stellina mia

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