Le rimproveri di mia madre per non aiutare abbastanza mio fratello malato mi hanno spinta a scappare dopo scuola.
Mamma mi accusava di non starle vicino con mio fratello, ma appena finite le lezioni, ho preso le mie cose e sono sparita.
Ginevra sedeva su un panco nel parco di Bologna, osservando le foglie cadere e danzare nel vento freddo dautunno. Il telefono vibrò di nuovo un nuovo messaggio di sua madre, Lucia: «Ci hai abbandonato, Ginevra! Matteo sta peggiorando e tu vivi come se niente fosse!» Ogni parola era un coltello, ma lei non rispondeva. Non poteva. Nel suo cuore si mescolavano colpa, rabbia e dolore, che la trascinavano verso quella casa lasciata cinque anni prima. A diciotto anni, aveva fatto una scelta che aveva diviso la sua vita in un “prima” e un “dopo”. E ora, a ventitré, si chiedeva ancora se avesse fatto bene.
Ginevra era cresciuta allombra del suo fratellino, Matteo. Era un bambino quando i medici gli diagnosticarono una grave forma di epilessia. Da quel momento, casa loro era diventata una stanza dospedale. La madre, Lucia, si era dedicata completamente a lui: medicine, dottori, esami senza fine. Il padre, invece, aveva mollato, incapace di reggere la pressione, lasciando Lucia sola con due figli. Ginevra, che allora aveva sette anni, era diventata invisibile. La sua infanzia svaneva tra le cure infinite per Matteo. «Ginevra, aiutami con tuo fratello», «Ginevra, fai meno rumore, non devi agitarlo», «Ginevra, aspetta, adesso non è il momento». Aveva aspettato, ma ogni anno i suoi sogni si allontanavano un po di più.
Da adolescente, Ginevra imparò a essere “pratica”. Cucinava, faceva le pulizie, badava a Matteo mentre sua madre correva da un ospedale allaltro. Le amiche del liceo la invitavano a uscire, ma lei rifiutava a casa avevano sempre bisogno di lei. Lucia la celebrava: «Sei la mia roccia, Ginevra!», ma quelle parole non la scaldavano. Ginevra vedeva lo sguardo che sua madre riservava a Matteo pieno damore, misto a disperazione e capiva che per lei non ci sarebbe mai stato quel genere di affetto. Non era una figlia, ma un assistente gratuito, il cui compito era alleviare i problemi degli altri. In fondo, amava suo fratello, ma quellamore era intriso di stanchezza e risentimento.
Allultimo anno di liceo, Ginevra si sentiva unombra. I compagni parlavano di università, serate, progetti, mentre lei pensava solo alle bollette mediche e alle lacrime di sua madre. Un pomeriggio, tornando da scuola, trovò Lucia in preda allansia: «Matteo ha bisogno di una nuova cura e non possiamo permettercila! Ginevra, devi trovare un lavoro dopo il diploma!» In quel momento, qualcosa in lei si spezzò. Guardò sua madre, suo fratello, quelle pareti che lavevano soffocata per tutta la vita, e capì: se fosse rimasta, sarebbe scomparsa per sempre. Le sentiva male, ma non poteva più essere la persona che tutti si aspettassero.
Dopo la maturità, Ginevra riempì lo zaino. Lasciò un biglietto: «Mamma, ti amo, ma devo andare. Perdonami». Con cinquecento euro, risparmiati su piccoli lavoretti, comprò un biglietto per Roma. Quella sera, sul treno, pianse, sentendosi una traditrice. Ma nel petto batteva anche qualcosa di nuovo la speranza. Voleva vivere, studiare, respirare, senza dover pensare ai bui corridoi degli ospedali. A Roma, affittò un letto in un ostello, fece la cameriera, si iscrisse ai corsi serali. Per la prima volta, si sentì una persona, non un ingranaggio.
Lucia non le perdonò. I primi mesi, chiamava, urlava, supplicava: «Sei egoista! Matteo soffre senza di te!» La sua voce lacerava Ginevra come un rasoio. Mandava soldi quando poteva, ma non sarebbe tornata. Col tempo, le chiamate si fecero rare, ma ogni messaggio era carico di rimproveri. Ginevra sapeva che Matteo stava male, che sua madre era esausta, ma non poteva più sopportare quel peso. Voleva amare suo fratello da sorella, non da infermiera. Eppure, ogni volta che leggeva le parole di sua madre, si chiedeva: «Se fossi rimasta, chi sarei diventata?»
Oggi Ginevra si è costruita una vita. Ha un lavoro, amici, progetti per la laurea magistrale. Ma il passato la raggiunge. Pensa a Matteo, al suo sorriso nei giorni in cui andava meglio. Ama sua madre, ma non può dimenticare linfanzia rubata. Lucia continua a scrivere, e ogni messaggio è leco di quella casa da cui è fuggita. Ginevra non sa se un giorno potrà tornare, spiegarsi, riconcilia





