Una Famiglia del Cuore

Una Famiglia del Cuore

Il divorzio aveva schiacciato Beatrice come un treno in corsa. Aveva adorato suo marito e non si aspettava quel pugnale alle spalle. Ma lui laveva traditacon la sua migliore amica. In un giorno, aveva perso due persone a cui aveva affidato il cuore. La sua fiducia negli uomini era crollata. Prima, quando sentiva dire che “tutti gli uomini tradiscono”, scrollava le spalle: “Il mio Marco non è così.” Ora, il tradimento laveva consumata dentro, e aveva giurato di non aprire mai più lanima a nessuno.

Beatrice cresceva da sola sua figlia, Ginevra. Lex marito versava regolarmente gli alimenti, vedeva la bambina di tanto in tanto, ma senza alcun desiderio di fare il padre. Beatrice aveva accettato il suo destino: una solitudine fino alla fine. Ci trovava persino una soddisfazione amarala vita senza un uomo le sembrava più semplice. Ma il destino ama scombussolare i piani.

Durante il compleanno di una collega in un piccolo bar a Milano, Beatrice incontrò Matteoil fratello della festeggiata. Anche lui aveva vissuto un divorzio e, con sua sorpresa, suo figlio, Luca, viveva con lui e non con la madre. Matteo le spiegò: il ragazzo aveva scelto il padre, mentre lex moglie, presa da una nuova storia, non aveva protestato. Un adolescente le dava fastidio.

Quella serata aveva risvegliato in Beatrice un calore dimenticato. Come una ragazzina, sentì le farfalle nello stomacounemozione che non provava da anni. Nemmeno Matteo rimase indifferente. Entrambi, segnati dai loro divorzi, temevano nuovi sentimenti, ma una scintilla era scoccata tra loro, impossibile da ignorare.

Matteo ottenne il numero di Beatrice da sua sorella e, facendosi coraggio, la chiamò. Evitando la parola “appuntamento”troppo ridicola alla loro etàle propose semplicemente di incontrarsi per chiacchierare. Scelsero un bistrot accogliente, parlando fino alla chiusura senza accorgersi del tempo. Ci fu un altro incontro, poi un altro

Un giorno, Ginevra restò con suo padre, e Beatrice invitò Matteo a casa sua. Dopo quella notte, capirono che non volevano più separarsi. Il loro amore, tenero e maturo, sembrava una salvezza dal passato. Ma cera un ostacolo: i loro figli.

Entrambi avevano degli adolescenti. Luca, il figlio di Matteo, aveva un anno in più di Ginevra. Caratteri, passioni, amici diversi. Allinizio, Beatrice e Matteo si accontentavano di vedersi, a volte con i figli, ma notavano con amarezza che Ginevra e Luca non erano solo indifferenti luno allaltranon nascondevano neppure la loro antipatia.

Dopo un anno e mezzo, Matteo cedette. Chiese Beatrice in matrimonio. La amava così tanto da sentirsi tornare un ragazzino, ma voleva una vera famiglia, non come quella del suo primo matrimonio. Gli incontri clandestini non gli bastavano più. Beatrice, stupita, accettò. Anche lei sognava di addormentarsi accanto alluomo che amava, di preparare la colazione insieme, di guardare film la sera.

Discussero di tutto. Vivere nei loro piccoli appartamenti romani era impossibilecon adolescenti di sesso opposto servivano camere separate. Vendendo le loro proprietà e aggiungendo i risparmi di Matteo, comprarono una casa spaziosa nella periferia milanese. Restava il più difficile: dirlo ai figli.

Decisero di parlarne separatamente. “Non voglio vivere con Matteo e suo figlio!”, protestò Ginevra. “Continuate a vedervi come prima! A che serve questo matrimonio e questa casa?” Beatrice capiva sua figlia, il cuore le si stringeva di pietà. Per colpa sua, Ginevra avrebbe dovuto abituarsi a degli sconosciuti. Ma Beatrice sapeva che tra qualche anno sua figlia avrebbe lasciato il nido, e poi? Il vuoto? Intorno a lei, molte madri si erano sacrificate per i figli, solo per chiedere lo stesso in cambio. Beatrice rifiutava quel destino. Con voce ferma ma dolce, rispose: “È deciso. Ma ti ascolterò sempre, e sarai la mia priorità.”

Ginevra fece il broncio, ma non discusse. Suo padre, da poco risposato, la chiamava sempre meno, e lei si sentiva abbandonata. Dopo una lunga conversazione, accettò a malincuore, rassicurandosi che sua madre non lavrebbe tradita.

Con Luca, la discussione fu altrettanto dura. “Perché dovrei vivere con questa ragazza e sua madre?”, borbottò. “Perché amo Beatrice,” rispose tranquillo Matteo. “Allora vado da mia madre!”, sbottò il figlio. “Come vuoi,” replicò Matteo. “Ma mi dispiacerebbe se scappassi quando le cose si fanno difficili. E poi, lì sarai stretto nel suo monolocale, mentre qui abbiamo una casa. Avevo intenzione di montare una porta da calcio per giocare con te.” Luca alla fine cedette. “Ma non aspettarti che la consideri mia sorella.” “Chiedo solo rispetto,” concluse Matteo.

Ginevra dichiarò che non aveva alcuna intenzione di parlare più con Luca. Il matrimonio fu semplice, in famiglia. Al ristorante, i figli mostravano facce imbronciate, lasciando chiaro il loro disprezzo per lidea.

Una settimana dopo, la famiglia si trasferì. Le camere furono arredate secondo i gusti di ciascunotanto diversi quanto i loro occupanti. Ginevra, mattiniera, si svegliava allalba e gironzolava per casa mentre gli altri dormivano. Luca, nottambulo, passava le notti al computer e dormiva fino a mezzogiorno nei weekend. Ginevra odiava il pesce, Luca lo mangiava tre volte al giorno. Lei amava la J-pop e i manga, lui ascoltava punk e guardava film dazione. Niente in comune. Le loro conversazioni finivano subito in litigi.

Ma Ginevra si affezionò a Matteo senza volerlo. Suo padre ormai era quasi sparito, e le mancava lattenzione maschile. Matteo, sebbene severo, la trattava come una figlia, a volte persino più viziata di Luca. “È una ragazza,” diceva. Luca, invece, si avvicinò a Beatrice. Sua madre si era sempre occupata poco di lui, e ora che aveva una nuova relazione, lo aveva dimenticato. Beatrice sapeva ascoltare, senza giudicare, e Luca iniziò a confidarle i suoi segreti.

Beatrice e Matteo speravano che i figli si sarebbero avvicinati, ma dopo sei mesi nulla era cambiato. Tornavano a casa separatamente, frequentavano gruppi diversi al liceo, passavano le serate chiusi nelle loro stanze. I genitori si rassegnarono: non serviva amicizia, bastava la civiltà.

Tutto cambiò un pomeriggio. Un ammiratore insisteva per conquistare Ginevraun ragazzo di unaltra classe. A lei non piaceva, e il suo comportamento era strano. Messaggi pressanti, biglietti nella buca, inviti ripetuti. Gli chiese chiaramente di lasciarla in pace, invano.

Un giorno, dopo la lezione di teatro, Ginevra si attardò al liceo. Uscendo, si imbatté nel suo pretendente. “Vieni a fare una passeggiata,” le disse, bloccandole il passaggio. “Potremmo andare al bar?” “Lasciami stare! Non uscirò mai con te!” sbottò Ginevra. “Non ti piaccio?” fece lui, offeso. “No! E mi stai sui nervi!” Lui la afferrò per un braccio: “Vieni, decido io!” Lei cercò di liberarsi, ma lui era più forte.

Luca, che stava chiac

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