Chi Sei Tu? – Scopri la Vera Identità!

**Diario Personale**

“Chi sei?!” rimasi immobile sulla soglia di casa mia, incapace di credere ai miei occhi. Davanti a me cera una sconosciuta sui trentanni con una coda di cavallo, e dietro di lei due bambiniun ragazzino e una bambinache mi osservavano con curiosità.

Nellingresso cerano pantofole estranee, sullattaccapanni giacche che non riconoscevo, e dalla cucina arrivava lodore del ragù.

“E lei chi è?” chiese la donna, aggrottando le sopracciglia e stringendo a sé la bambina. “Viviamo qui. Ce lha permesso Gregorio. Ha detto che la padrona di casa era daccordo.”

“Questa è casa MIA!” La mia voce tremava di rabbia. “E di certo non vi ho autorizzato a viverci!”

La donna batté le palpebre, confusa, guardando i giocattoli sparsi per terra, la biancheria stesa in cucina, come se cercasse conferma del suo diritto a essere lì.

“Ma Gregorio ha detto Siamo parenti Che lei era daccordo Che era gentile e comprensiva”

Unondata di indignazione e sgomento mi travolse, come se mi avessero rovesciato addosso un secchio dacqua gelida.

Chiusi lentamente la porta e mi appoggiai con la schiena contro di essa, cercando di riprendermi. La mia casa, il mio spazio, la mia vitae mi ritrovavo unestranea in tutto questo.

Un anno prima, tutto era diverso. Ero in vacanza al mare, godendomi una meritata pausa dopo aver concluso un complesso progetto di ristrutturazione di un edificio storico nel centro di Firenze. A trentaquattro anni, ero unarchitetta affermata, abituata a contare solo su me stessa. La carriera occupava gran parte della mia vita, e non mi lamentavoil lavoro mi dava soddisfazione e uno stipendio più che dignitoso.

Gregorio lo incontrai una sera dagosto sulla passeggiata. Era un uomo affascinante, un po più grande di me, con un sorriso caloroso e occhi marroni attenti. Divorziato da tre anni, due figliun maschio di dieci anni e una femmina di settelavorava come capocantiere per una grande impresa edile.

Corteggiarmi, lui sapeva come farlo. Fiori ogni giorno, cene in ristoranti con vista sul mare, lunghe passeggiate al chiaro di luna.

“Sei speciale,” mi diceva, baciandomi la mano con delicatezza. “Intelligente, indipendente, bellissima. Non incontro da tempo una donna così completa. Sai cosa vuoi dalla vita.”

Mi scioglievo alle sue parole. Dopo una serie di relazioni fallite con uomini che temevano il mio successo o cercavano di competere, Gregorio sembrava un dono del destino. Rispettava il mio lavoro, si interessava ai miei progetti, mi sosteneva quando i clienti pretendevano limpossibile.

“Mi piace che tu sia forte,” diceva. “Ma rimani femminile, dolce, sensibile.”

La vacanza finì, ma la relazione continuò. Gregorio veniva a trovarmi a Firenze, io andavo da lui a Bologna. Chiamate, messaggi, progetti per il futuro.

Dopo otto mesi, mi chiese di sposarlo proprio dove ci eravamo conosciuti. Il matrimonio fu semplice ma intimo. Mi trasferii a Bologna, trovai lavoro in uno studio locale e lasciai il mio appartamento a Firenze vuoto.

“Siamo una famiglia ora,” mi diceva, stringendomi forte. “I miei figli sono i tuoi figli, i miei problemi sono i tuoi. Affronteremo tutto insieme.”

Allinizio, ero felice. Mi piaceva lidea di una vera famiglia, il calore di una casa, le voci dei bambini. Li aiutavo volentieri, compravo regali, pagavo le attività extrascolastiche, li accompagnavo dal medico.

Ma qualcosa iniziò a cambiare.

Prima piccole coseGregorio prelevava soldi dal mio conto senza avvisarmi. “Mi sono dimenticato di chiederti, scusa,” diceva quando notavo laddebito. Poi iniziarono le richieste più frequenti per gli alimenti allex moglie.

“Capisci, vero?” mi diceva, alzando le spalle con un sorriso colpevole. “I bambini non hanno colpa se il loro padre ha problemi con lo stipendio questo mese.”

Io capivo e volevo aiutare. Amavo Gregorio e mi ero affezionata ai suoi figli.

Ma le richieste diventarono sempre più frequenti e insistenti Pagare il viaggio dei bambini dalla nonna a Palermo, comprare vestiti invernali nuovi, iscriverli a un campo estivo, pagare un tutor di matematica.

Il peggio fu quando Gregorio iniziò a trasferire soldi allex moglie direttamente dal mio conto, senza neanche avvisarmi.

“Sono i nostri figli ora,” si giustificava quando protestavo. “Li ami, no? E poi tu guadagni più di me. Non ti dispiace, vero?”

“Non è questione di dispiacere,” rispondevo con calma. “Sono i miei soldi, e avresti potuto almeno parlarne con me prima.”

“Certo, certo. La prossima volta lo farò.”

Ma la prossima volta non fu diversa.

Iniziai a sentirmi non una moglie e una compagna, ma una comoda fonte di finanziamento. La mia opinione non contava. Ogni volta che cercavo di discutere del bilancio familiare, Gregorio mi accusava di essere fredda, egoista, di non voler essere una vera famiglia.

“Pensavo fossi diversa,” diceva amaramente. “Che i soldi per te non fossero tutto”

Quel giorno di maggio, quando decisi di visitare mia madre malata in Toscana e passare dal mio vecchio appartamento a Firenze, speravo ancora che le cose potessero migliorare. Forse un po di distanza ci avrebbe aiutato a riflettere e trovare un compromesso.

Ma quello che trovai superò ogni mia peggiore aspettativa.

Lappartamento era in uno stato di disordine abitato. In cucina cerano piatti sporchi, in bagno biancheria stesa, e nella mia camera cera un lettino per bambini. Sul tavolo, bollette non pagate per oltre mille euro.

“Da quanto vivete qui?” chiesi, cercando di mantenere la calma.

“Da tre mesi,” rispose la donna, ancora inconsapevole della situazione. “Gregorio ha detto che potevamo stare qui finché non trovavamo un posto nostro. Paghiamo, ovvio. Seicento euro al mese. Lui ha detto che eravate daccordo, che avevate un cuore grande.”

Presi il telefono con mani tremanti e chiamai Gregorio.

“Gregorio, hai dimenticato di chiedermi qualcosa, vero?!” esplosi senza salutare. “Hai affittato il mio appartamento a degli sconosciuti senza dirmi nulla! E dove sono i soldi dellaffitto? Millottocento euro per tre mesi!”

“Be, non urlare subito” la sua voce era colpevole, giustificatoria. “Sono parenti lontani, Silvia e i bambini. Non avevano dove andare. Tanto tu non ci vivi. Non ti dispiace aiutare, vero? I soldi li stavo mettendo da parte per una vacanza in Grecia, volevo farti una sorpresa.”

In quel momento, qualcosa dentro di me si spezzò. Non per la rabbia, ma per la chiara, gelida comprensione.

Capii che per Gregorio non ero una moglie, ma una risorsa. La mia casa, i miei soldi, la mia vitatutto era a sua disposizione, e non riteneva neanche necessario chiedere il mio parere.

“Gregorio,” dissi con voce ferma. “Hanno una settimana per liberare casa.”

“Ma sei impazzita? Ci sono bambini! Dove vanno? Non hai cuore?”

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