Dopo dieci anni di matrimonio, se nè andata con un altro. Un anno dopo, è tornata, incinta e distrutta
Ricordo ancora il giorno in cui lho incontrata, mia moglie, Beatrice. Era passato quasi un decennio da allora. All’epoca, studiavo ancora alluniversità di ingegneria a Torino, vivendo in un dormitorio studentesco. Lei, appena arrivata da un paesino sperduto in Sicilia, timida e smarrita in quel mondo caotico. Non ci avvicinammo subito. Allinizio, quasi non la notaitroppo silenziosa, sempre chiusa nei suoi libri, a malapena parlava con qualcuno.
Ma il tempo fa miracoli. Dopo qualche mese, cominciammo a parlare, prima con timidezza, poi ogni sera senza riuscire a smettere. Mi confidava le sue paure, io le mie ambizioni. La direttrice del dormitorio, vedendoci seri, ci assegnò una stanza per coppie. Così cominciò la nostra vita insieme.
Sapevo cosa volevo essere: un uomo solido, una roccia, capace non solo di costruire case, ma di riempirle di calore. Glielo dissi chiaramente: “Non lavorerai. Una donna deve badare alla casa e ai figli. E se un uomo non può provvedere alla famiglia, non è un vero uomo.” Non obiettò. Cucinava, puliva, mi aspettava la sera. Eravamo una famiglia.
Con gli anni, feci carriera. Entrai in unazienda edile, diventai capocantiere, poi aprii la mia impresa. Comprammo una villa in periferia, due macchineuna per me, una per lei. Vivevamo come avevamo sognato. Tutto, tranne una cosa: i figli. Gli anni passavano, e la casa restava vuota. Consultammo decine di medici, spendemmo migliaia di euro, esami su esami Niente. Nascondevo il dolore. Anche lei taceva, ma i suoi occhi erano vuoti. Alla fine, ci arrendemmo. Se il destino ci negava quel dono, forse non era il momento.
Poi, tutto crollò. Senza avvertimento. Senza possibilità di capire.
Quel giorno, tornai prestoper evitare il traffico. Nel vialetto, nessuna macchina. Il cancello spalancato. Strano. Aspettai. La serata si trascinò, infinita. Poi, un messaggio da un numero sconosciuto:
“Perdonami. Non posso più vivere nella menzogna. Cè un altro. Lui torna a casa sua, e io vado con lui. Ti ho tradito, ma forse un giorno capirai”
Il mondo mi sfuggì sotto i piedi. Rimasi seduto per terra, in quella casa che avevo costruito per due, ma dove ora ero solo. Solo Matteo, il mio migliore amico e socio, mi tirò fuori da quellabisso. Mi impedì di annegare nellalcol o di abbandonare tutto.
Il tempo passò. Imparai di nuovo a respirare. Vidi Beatrice in qualche foto onlinesullo sfondo delle Dolomiti. Viveva da qualche parte lassù. Era impossibile cancellarla dai miei pensieri. Ogni angolo di casa parlava di lei. Pregai per il suo ritorno. E luniverso mi ascoltò.
Un anno dopo, esattamente lo stesso giorno, qualcuno suonò alla porta. Aprii e quasi crollai. Era lei. Magra, disfatta, vestiti sporchi e logori. E quella pancia. Enorme. Era agli ultimi mesi.
Beatrice cadde in ginocchio, singhiozzando, implorando il mio perdono. Il suo amante laveva cacciata. Lo aveva tradito a sua volta, e lui laveva buttata fuori. Non aveva più niente: né soldi, né un tetto, né speranza. Solo me.
Potete giudicarmi. Chiamarmi debole, dire che avrei dovuto sbatterle la porta in faccia. Ma sapete una cosa? Non ci riuscii. Perché, nonostante tutto, lamavo ancora. Perché anche nel dolore, volevo ritrovarla accanto a me. Perché sapevo una verità: tutti meritano una seconda possibilità. E se non le avessi perdonato, sarei stato io a perdermi.
Sono passati anni. Ora abbiamo un figlioquello che credevo non avrei mai avuto. Lo amo come fosse mio sangue, perché lo è: per la mia scelta, per il mio amore. E amo Beatrice, anche se quella cicatrice nel cuore non svanirà mai.
Non le ho mai rinfacciato nulla. Mai ricordato il passato. Perché amare davvero significa scegliere di restare. Nonostante tutto.





