Sei tu la colpevole della tua mancanza di soldi: nessuno ti ha obbligato a sposarti e fare figli”, mi ha detto mia madre quando ho chiesto aiuto.

“Sei colpevole della tua mancanza di soldi: nessuno ti ha obbligato a sposarti e avere figli,” mi disse mia madre quando le chiesi aiuto.

“Te la sei cercata da sola per non avere un soldo. Nessuno ti ha costretto a sposarti e fare bambini.” Questo è quello che mi ha sbattuto in faccia mia madre mentre le chiedevo una mano.

A ventanni mi sono sposata con Luca. Affittavamo un bilocale minuscolo nella periferia di Firenze. Lavoravamo entrambi: lui in edilizia, io in farmacia. Vivevamo con poco, ma ce la facevamo. Sognavamo di mettere da parte i soldi per una casa nostra, e allora sembrava tutto possibile.

Poi è nato Matteo. Due anni dopo, Alessandro. Sono andata in maternità, e Luca ha iniziato a fare straordinari. Ma comunque i soldi non bastavano mai. Tutto andava in pannolini, latte in polvere, dottori, bollette e, ovviamente, laffitto. Solo quello ci portava via metà del suo stipendio.

Guardavo i nostri bambini e mi svegliavo ogni giorno con la stessa angoscia: e se Luca si ammalava? E se ci sfrattavano? Cosa avremmo fatto allora?

Mia madre viveva da sola in un trilocale. Anche la nonna. Entrambe a Roma. Entrambe con una stanza vuota. Non chiedo un palazzo, pensavo. Solo un angolino, temporaneo. Finché i bambini sono piccoli. Finché non ci rimettiamo in piedi.

Ho suggerito a mia madre di andare a vivere con la nonna: loro due insieme in un appartamento, e noi nellaltro. Non occupavamo tanto spaziosolo io, Luca e i due bambini. Ma lei non ha neanche voluto sentirmi.

“Vivere con mia madre?” ha sbuffato. “Ma sei matta? Pensi che la mia vita sia finita? Sono ancora giovane. E con quella vecchia, mi rovino solo i nervi. Vivi dove ti pare, ma non rompermi.”

Ho ingoiato il disprezzo in silenzio. Poi ho chiamato mio padre. Lui vive da anni con la sua nuova compagna. Hanno un appartamento spazioso di quattro stanze, e speravo che si prendesse la nonna. Dopotutto, è sua madre. Ma anche lui ha rifiutato. Ha detto che aveva i figli del secondo matrimonio e che “casa è già piena fino al soffitto.”

Disperata, ho richiamato mia madre. Ho pianto. Le ho implorato di accoglierci, anche solo per un po. Ed è lì che mi ha risposto con la frase che mi ha trapassato il cuore:

“La colpa è tua se non hai soldi. Nessuno ti ha detto di sposarti. Nessuno ti ha chiesto di fare figli. Volevi fare ladulta? Ora affronta le conseguenze. Risolvi i tuoi problemi da sola.”

Mi è sembrato di prendere una scossa. Sono rimasta seduta in cucina con il telefono in mano, e sentivo che il mondo mi crollava addosso. Questo veniva da mia madre. Dalla persona che avrebbe dovuto sostenermi. Non avevo chiesto chissà cosasolo un angolo, solo un po di compassione.

Il giorno dopo, io e Luca abbiamo discusso cosa fare. Lunica che ha risposto al nostro disastro è stata sua madre, la signora Anna. Vive in un paesino vicino a Siena, in una casa con il giardino. Ha una camera libera e ci accoglierebbe volentieri. Si è persino offerta di badare ai bambini mentre lavoriamo.

Ma ho paura. Non è la città. È la campagna. Non cè un ospedale, né scuole decenti, né mezzi di trasporto. Ho paura che, se andiamo lì, non ne usciamo più. Che i bambini crescano senza opportunità, senza futuro. Che io mi arrenda, mi chiuda alla vita.

Eppure, non abbiamo scelta. Mia madre mi ha voltato le spalle. La nonna è troppo vecchia per ospitarci. Mio padre non ci considera famiglia. E ora sono a un bivio: andare nel nulla o accettare un aiuto che, anche se non viene dai miei, è sincero.

Sai cosa fa più male? Non la povertà. Non le difficoltà. È sapere che quelli della tua stessa carne sono i più lontani quando hai più bisogno. E la mia paura più grande non è per me. È per i miei figli. Che non provino mai sulla loro pelle cosa significa essere rifiutati dalla propria nonna.

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Sei tu la colpevole della tua mancanza di soldi: nessuno ti ha obbligato a sposarti e fare figli”, mi ha detto mia madre quando ho chiesto aiuto.