La Nonna Maria decise che era ora di morire. Era venerdì, l’ora di pranzo, dopo aver mangiato la polenta di miglio e bevuto un sorso di latte, si asciugò la bocca col grembiule e fissò lontano attraverso il vetro della finestra della cucina

**Diario di un uomo**
Era venerdì, lora di pranzo. Nonna Adele, dopo aver mangiato una scodella di polenta e bevuto un sorso di latte, si asciugò la bocca con il grembiule e fissò lontano attraverso la finestra della cucina. Con voce calma, quasi indifferente, annunciò:
Lucia! Domani mi preparo. Domenica, prima della messa, me ne vado.
Lucia, sua figlia, si fermò di colpo mentre spostava le pentole sul fornello. Si voltò di scatto e si sedette sullo sgabello, stringendo uno straccio tra le mani:
Ma cosa ti è saltato in mente?
Ho finito il mio tempo, ora basta. Aiutami a lavarmi, prendi il vestito nuovo dalla cassa. Poi parleremo di chi mi seppellirà e chi scaverà la fossa. Cè ancora tempo.
Devo avvisare tutti, allora? Perché possano venire a salutarti?
Esatto, avvisali. Parlerò con loro.
Vuoi raccontare tutto, prima di andare? È giusto, devono sapere.
La vecchietta annuì e, appoggiandosi al braccio della figlia, si avviò lentamente verso il letto.
Era piccola, magrolina, il viso rugoso come una mela cotta, gli occhi ancora vivaci. I capelli radi, grigi, raccolti in un chignon sotto un fazzoletto di cotone bianco. Non lavorava più da anni, ma indossava ancora il grembiule per abitudine, appoggiandovi sopra le mani callose, le dita corte e larghe. Aveva ottantanove anni. E ora, improvvisamente, aveva deciso di morire.
Mamma! Vado alle poste a mandare i telegrammi, tu come stai?
Bene, bene, va pure.
Rimasta sola, nonna Adele si perse nei ricordi. Rivide la sua giovinezza, quando sedeva con Pietro lungo il fiume, masticando un filo derba, mentre lui le sorrideva dolcemente. Ripensò al matrimonio: piccola e graziosa, vestita di crespo satinato chiaro, aveva danzato in tondo al suono della fisarmonica. La suocera, vedendola, aveva commentato:
Che ci fai con una così? Troppo minuta, chissà se avrà figli.
Si sbagliava. Adele era laboriosa e resistente. Lavorava nei campi come tutti, guadagnava più degli altri, era una pioniera. Quando costruirono la casa, fu la prima a dare una mano a Pietro. Vivevano in armonia, come si dice, anima e corpo. Un anno dopo, già nella nuova casa, nacque Lucia. Quando la bambina aveva quattro anni e pensavano a un secondo figlio, scoppiò la guerra. Pietro fu chiamato subito, nei primi giorni.
Al ricordo del suo addio, nonna Adele sospirò, asciugandosi gli occhi umidi col grembiule:
Mio povero Pietro, quanto ho pianto per te! Che il Signore ti tenga in gloria! Ci vediamo presto, aspetta un po.
I pensieri furono interrotti dal ritorno di Lucia, accompagnata dal medico del paese.
Come sta, nonna Adele? Si sente male?
No, no, per ora non mi lamento.
Il medico la visitò, le misurò la pressione, le mise il termometro. Tutto normale. Prima di andarsene, tirò Lucia da parte e sussurrò:
Il corpo si è consumato. Non è scientifico, ma i vecchi lo sentono quando è lora. Preparati, piano piano. Che vuoi fare, è letà.
Sabato Lucia lavò la madre nella vasca, la vestì di bianco e lei si coricò sul letto fresco, fissando il soffitto come per abituarsi a quello che sarebbe venuto.
Dopo pranzo arrivarono i figli.
Giovanni, un uomo corpulento e calvo, entrò rumorosamente portando dolci. Vincenzo e Michele, gemelli bruni dal naso aquilino, arrivarono insieme in macchina dalla città, preoccupati per la sorella. Antonia, dal volto rubicondo e bonario, arrivò in autobus dal paese vicino. Infine, verso sera, arrivò in taxi dalla stazione la snella e rossa Speranza, preside di scuola.
Con volti tesi, si asciugarono le lacrime e si avvicinarono al letto, dove la madre sembrava fragile e piccola. La baciarono, tenendole la mano:
Mamma, perché questa idea? Sei forte, vivrai ancora.
Ero forte, ora basta rispose lei, serrando le labbra.
Riposatevi, domani parleremo. Non temete, non morirò prima della messa.
I figli si allontanarono, discutendo tra loro. Non erano più giovani neanche loro, spesso avevano acciacchi, ma erano grati che Lucia si prendesse cura della madre.
Appena arrivati, come da tradizione, si misero al lavoro. Vincenzo e Michele spaccarono la legna, Giovanni attinse acqua dal pozzo, Antonia diede da mangiare agli animali, mentre Lucia e Speranza prepararono la cena.
Poi, riuniti in cucina, parlarono a bassa voce mentre nonna Adele fissava il soffitto, rivedendo la sua vita come su uno schermo.
La guerra fu dura, fredda e affamata. In primavera raccoglieva patate ghiacciate dal campo, le frantumava e faceva frittelle. Fortuna che aveva trovato una bottiglietta dolio di lino nel bagno. Il poco che aveva nel seminterrato lo conservava. A maggio piantò gli occhi delle patate, sentendo che la guerra sarebbe durata. Raccoglieva erbe selvatiche, ortiche, tutto serviva. Rimodellava i suoi vestiti per i bambini e, quando arrivò il telegramma che annunciava la morte di Pietro, anche i suoi.
Che ci vuoi fare? La vita è così sospirò nonna Adele, interrompendo i ricordi.
Più tardi, scambiò patate con i soldati sui treni. A volte otteneva carne in scatola, lardo, persino zucchero. Una volta, verso la fine della guerra, decise di comprare una capretta. Tirò fuori dal baule il vestito buono di Pietro e il suo di crespo, aggiungendovi orecchini dargento e un quadro di cigni. I bambini, finalmente, ebbero latte.
Sì, aveva faticato da sola. Problemi a scuola, malattie. Una volta Vincenzo prese la varicella e li infettò tutti. Una casa piena di rane verdi, rideva ancora al ricordo. Poi, finita la guerra, i ragazzi tornarono con brutte abitudini. Una volta li chiuse in bagno e li costrinse a fumare tabacco grezzo. Da allora, mai più.
E poi i figli crebbero, si sposarono, se ne andarono. Solo Lucia rimase con lei.
La vita è così.
Chiuse gli occhi, cullata dai pensieri, e si addormentò mentre i figli parlavano in cucina.
La mattina dopo, tutti si radunarono intorno a lei.
Perdonatemi, se ho sbagliato disse nonna Adele. Vivete in pace, aiutatevi. Io tra poco me ne vado.
I figli protestarono, ma lei li fermò:
Piaccia o no, quando Dio chiama, si va.
Poi, piano, iniziò a raccontare.
Durante la guerra, una notte dinverno, Lucia mi svegliò: “Mamma, qualcuno bussa”. Aprii la porta e trovai un bambino piangente, solo. Lo portai dentro. Era affamato, quasi blu. Lo chiamammo Giovannino. Poi, nel 42, alla stazione, trovai una bambina di cinque anni. Aspettammo, ma nessuno venne. Era Antonia. Lanno dopo portarono bambini sfollati dopo un bombardamento. Ne presi due, Vincenzo e Michele. E Speranza la strappai a una madre ubriaca.
Nella stanza calò il silenz

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

two + two =

La Nonna Maria decise che era ora di morire. Era venerdì, l’ora di pranzo, dopo aver mangiato la polenta di miglio e bevuto un sorso di latte, si asciugò la bocca col grembiule e fissò lontano attraverso il vetro della finestra della cucina