Non firmare questo contratto,” sussurrò la donna delle pulizie al milionario durante i negoziati. Ma ciò che udì dopo lo lasciò senza fiato.

**Diario Personale**

Oggi è stato un giorno che non dimenticherò mai. Tutto è iniziato come una mattina qualunque, svegliandomi prima dellalba nel mio piccolo appartamento a Roma. Appena la vecchia sveglia ha suonato, lho spenta subito per non svegliare mio fratello minore, Luca, che dormiva ancora profondamente.

Il suo viso pallido e il respiro affannoso mi hanno ricordato la malattia che lentamente lo consuma. Mentre preparavo una colazione frugale, pensavo ai soldi necessari per le sue medicine. Lo stipendio da donna delle pulizie bastava a malapena, e le bollette sembravano moltiplicarsi ogni settimana.

“Oggi andrà meglio,” mi sono detta, sistemando la mia uniforme grigia prima di uscire. Il grattacielo lussuoso della società dove lavoro contrastava con la mia vita. Ogni mattina attraversavo le porte di vetro con un timido sorriso, diretto allo spogliatoio per iniziare la giornata.

Ero invisibile per la maggior parte dei dipendenti, e in fondo, per me andava bene. Quel giorno, però, il proprietario della società, Alessandro De Luca, era insolitamente teso. Il milionario, noto per la sua freddezza e severità, si preparava per un incontro cruciale con degli investitori stranieri.

La sua impeccabile eleganza e il portamento altero lo rendevano una figura imponente. “Non tollererò errori oggi,” ha ordinato al suo team prima di entrare nella sala riunioni.

Intanto, io pulivo silenziosamente i corridoi vicini, osservando la tensione dei dipendenti che si affrettavano. Quando è arrivato il momento, Alessandro è entrato nella sala con i suoi avvocati. Gli investitori erano già lì, a scartabellare documenti con sorrisi calcolatori.

A me era stato chiesto di pulire velocemente la stanza prima dellincontro. Cercavo di passare inosservata mentre strofinavo il tavolo. La porta non era completamente chiusa, e dal corridoio riuscivo a cogliere frammenti della conversazione.

Uno degli investitori, un uomo anziano con un marcato accento straniero, insisteva perché Alessandro firmasse subito il contratto. “È unopportunità imperdibile, signor De Luca,” diceva. Alessandro rispose con tono glaciale: “Non prendo decisioni affrettate. Il mio team verificherà tutto prima di procedere.”

Nonostante la fermezza, sembrava sotto pressione. Io, quasi finendo il lavoro, mi sono bloccata sentendo il nome di uno degli investitori. Il mio cuore si è fermatoera legato al crollo finanziario che aveva rovinato la vita di mio padre anni prima.

I ricordi di quel periodo doloroso mi hanno travolta. Senza esitare, ho sentito un impulso irrefrenabile. Sono entrata nella sala, ignorando gli sguardi stupiti. “Alessandro, fermi! Non firmi quel contratto,” ho detto con una voce tremante ma decisa.

La stanza è caduta nel silenzio. Alessandro si è alzato lentamente, il volto un misto di stupore e rabbia. “Cosa ci fai qui?” ha sibilato con disprezzo.

Io, sentendo di aver superato un limite pericoloso, ho abbassato lo sguardo ma non mi sono tirata indietro. “Volevo solo avvertirla. Quelluomo è inaffidabile. La mia famiglia ha perso tutto per colpa di gente come lui,” ho detto.

Alessandro mi ha guardato con un ghigno freddo. “E tu chi sei per dirmi cosa fare?” Le sue parole mi hanno trafitto il cuore. Ma sono rimasta ferma. “Non ho niente da perdere, signor De Luca. Volevo solo avvertirla,” ho sussurrato, la voce che tradiva lemozione.

Lui ha sorriso sarcasticamente e si è girato verso il suo team. “Portatela via e fate in modo che non mi interrompa mai più.” Sono stata scortata fuori, il cuore che batteva allimpazzata, le lacrime che minacciavano di scendere.

Avevo rischiato il lavoro, ma sapevo di non poter fare altrimenti. Anche quando la porta si è chiusa alle mie spalle, sentivo ancora le voci ovattate allinterno. Nella stanza, Alessandro cercava di riprendere il controllo.

Il suo viso era impassibile, ma la tensione negli occhi era evidente. “Mi scuso per questo malinteso,” ha detto con calma. “A volte è difficile evitare certe situazioni. La mia dipendente deve essersi lasciata trasportare dallemozione. Affronteremo la questione.”

Gli investitori si sono scambiati sguardi, e poi quello più anziano ha parlato. “Signor De Luca, capiamo che possa succedere, ma questa situazione” Ha esitato. “È sicuro che tutto sia sotto controllo?”

Alessandro ha annuito, mantenendo la compostezza. “Certo. Apprezzo la comprensione. Possiamo continuare.” Ma latmosfera era ormai cambiata. Dopo mezzora di discussioni, gli investitori hanno deciso di rimandare lincontro.

“Aspetteremo un momento più opportuno,” hanno detto prima di andarsene.

Rimasto solo, Alessandro ha tirato un sospiro profondo. I suoi pensieri sono tornati a me. Le mie parole, la mia determinazione, lo turbavano. Non poteva ignorare quello che era successo.

Intanto, io ero tornata nello spogliatoio, le mani che tremavano. Sapevo di aver rischiato tutto, ma non potevo rimanere in silenzio.

Più tardi, sono andata dal mio capo, Valentina, per chiarire la situazione. “Valentina, volevo scusarmi,” ho detto, abbassando lo sguardo. “So di aver superato i limiti, ma non potevo tacere.”

Lei mi ha fissata, un misto di severità e curiosità. “Alessandro De Lucaun uomo che difficilmente si lascia impressionare, figuriamoci interrompereavrebbe potuto licenziarti allistante.”

“Lo so, ma sentivo di fare la cosa giusta,” ho sussurrato.

Valentina ha sospirato. “Continua a lavorare come sempre. Non preoccuparti.”

Uscita dallufficio, il cuore mi si è alleggerito un po. Ma lincertezza rimaneva.

Alessandro, dal suo ufficio, mi ha vista uscire. In tutti questi anni, aveva imparato a non fidarsi di nessuno, specialmente di chi sfidava la sua autorità. Eppure, io non avevo chiesto nulla in cambio.

Mentre sfogliava i documenti, ha sospirato. Per la prima volta da anni, qualcuno aveva scalfito il suo mondo freddo e controllato.

Nei giorni seguenti, Alessandro ha approfondito le indagini sugli investitori. Più scopriva, più si rendeva conto che avevo ragione. Frodi, truffe, fallimentitutto confermava i miei sospetti.

“Quella donna delle pulizie mi ha salvato dal disastro,” ha pensato, sorpreso e imbarazzato. Non era abituato a dipendere da nessuno, figuriamoci da una come me.

Una sera, mentre tornavo a casa, Luca mi ha mostrato un nuovo disegno: una casa grande, un giardino, un sole luminoso. “Vivremo in un posto così, vero?” ha chiesto speranzoso.

Gli ho sorriso, stringendolo a me. “Certo, piccolino.”

Ma i miei pensieri erano ancora ad Alessandro. Perché non aveva fatto nulla dopo il mio intervento?

Poi, un giorno, mi ha chiamata nel suo ufficio. “Marina,” ha detto, serio ma gentile, “da quando sei entrata nella mia vita, molte cose sono cambiate. Non sei solo una dipendente per me.”

Le sue parole mi hanno lasciata senza fiato. “Alessandro” ho mormorato, le guance in fiamme.

“Non devi dire niente,” ha continuato. “Lascia solo che stia al tuo fianco. Lascia che aiuti te e Lucanon per dovere, ma perché mi importa.”

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