— Grazie, caro figlio, per questa celebrazione! — disse la suocera al microfono, ignorandomi! Il mio brindisi in risposta fece calare il silenzio nell’intera sala.

“Grazie, figlio mio, per questa festa!” disse la suocera al microfono, ignorandomi completamente! Il mio brindisi in risposta fece ammutolire l’intera sala.
Beh, sapete come va. Si avvicinava il sessantesimo compleanno della suocera, una data importante da celebrare in grande stile. E chi era lorganizzatore principale, il motore e, per così dire, il “motore perpetuo” della famiglia? Esatto, io.
La suocera, Nina Pavlovna, si avvicinò con unaria innocente:
“Tesoro, sei così brava e piena di energia!” e poi continuò: “Aiutami con il festeggiamento, sì? Ormai sono vecchia, non capisco più queste cose”.
“Sì, certo, ‘aiutami’!” Ragazze, il suo “aiutami” si è trasformato in un mio incubo. Mi sono occupata di tutto. Per due settimane ho vissuto solo per questo evento.
Ho scelto il ristorante, modificato tre volte il menù perché “zia Galia non mangia pesce e zio Kolya è allergico alle noci”. Ho trovato lanimatore, organizzato il fotografo, ideato le decorazioni e passato ore a gonfiare quelle stupide palloncini.
E la ciliegina sulla torta? Tutto è stato pagato con i nostri soldi, perché da sola non se lo sarebbe mai potuta permettere.
Mio marito fingeva di essere impegnato: mi accompagnava, sedeva al tavolo, ma in realtà passava il tempo allo smartphone. A ogni mia idea, senza alzare gli occhi dallo schermo, annuiva solenne:
“Certo, amore, ottima idea!”
La suocera chiamava ogni giorno con “preziose” istruzioni, senza mai chiedere se avessi bisogno di aiuto. Onestamente, ho perso tre chili per lo stress.
Finalmente arriva il gran giorno. Il ristorante è splendido, gli invitati eleganti, la festeggiata in un vestito nuovo, regale. Io, invece, non ho nemmeno avuto tempo di pettinarmi decentemente.
Correvo come una pazza: a risolvere problemi con i camerieri, a cercare bambini smarriti, a calmare lo zio Kolya ubriaco. Insomma, non ero unospite, ma la manager non retribuita della serata.
A metà festa, finalmente mi siedo, sperando di assaggiare almeno lantipasto. Ed ecco che lanimatore annuncia:
“Ora la parola alla nostra festeggiata!”
Nina Pavlovna, con fare solenne, prende il microfono. Io, ingenua, penso: “Ecco, ora mi ringrazierà”. Invece, dopo aver scrutato la sala con sguardo regale, dice:
“Cari miei! Sono così felice di vedervi qui! E voglio ringraziare di cuore il mio adorato, il mio figlio doro! Andriy, senza di te questa festa non sarebbe esistita! Grazie, tesoro!”
Ragazze, mi è caduta la forchetta. La sala esplode in applausi. Mio marito si alza, rosso dorgoglio, e manda un bacio alla mamma. Di me? Neanche una parola. Come se non esistessi.
In quel momento, care amiche, qualcosa in me è morto. E qualcosa è nato. Loffesa era così forte che per un attimo ho smesso di respirare. Poi è arrivata una rabbia gelida, chiara. E un piano. Audace e pubblico.
Ho atteso che gli applausi finissero, mi sono avvicinata allanimatore:
“Scusi”, ho detto sorridendo, “vorrei dire due parole”.
Lui, ignaro, mi porge il microfono.
Mi posiziono al centro, tossisco e dico forte:
“Cari ospiti! Nina Pavlovna! Mi unisco ai vostri ringraziamenti! Andriy è davvero un tesoro, come marito e come figlio! Lui è il vero protagonista della serata! Perciò, voglio fare un regalino a lui e alla sua meravigliosa mamma”.
Tiro fuori dalla borsa una cartellail conto del ristorante, appena ritirato dalla reception.
Ragazze, il silenzio è diventato tombale. Avanzo verso il tavolo principale, fisso negli occhi mio marito e la suocera, e poso la cartella davanti a loro:
“Visto che questa festa è stata organizzata da voi”, dico chiaro al microfono, “sarebbe giusto che pagaste il conto. I veri eroi assumono sempre le proprie responsabilità, no?”
Le loro facce erano incredibili! Mio marito è impallidito, aggrappandosi alla tovaglia. La suocera apriva e chiudeva la bocca come un pesce fuori dallacqua.
Nella sala, un silenzio così intenso che si sarebbe sentito volare una mosca. Gli invitati guardavano alternatamente me, il conto e i “colpevoli” della situazione.
Ho posato il microfono, preso la borsa e sono uscita a testa alta. Dicono che la festa sia finita poco dopo.
Grazie per aver letto fino alla fine! Il vostro like è il miglior sostegno! Aspetto le vostre storie nei commenti.

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— Grazie, caro figlio, per questa celebrazione! — disse la suocera al microfono, ignorandomi! Il mio brindisi in risposta fece calare il silenzio nell’intera sala.