“Che cosè questo vestito da ‘campagna’?” mia sorella mi umiliò davanti a tutti. Il mio “regalo” in risposta la fece scappare…
Immaginate questa scena. La mia Katia è una fashionista, magra come un bastoncino, sempre perfetta. Io beh, io sono una donna normale. Un po più formosa, una ruga qui e là. La vita va avanti, no?
Ogni nostro incontro diventava una piccola tortura. Probabilmente lo faceva senza cattiveria, ma con le “migliori intenzioni”. Si avvicinava, mi scrutava con il suo sguardo a raggi X e diceva:
“Svetik, oh, questo vestito non ti gonfia un po? Sembra qualcosa da nonnina.”
“Svetik, dovresti cambiare pettinatura, questa ti aggiunge cinque anni.”
“Ragazze, guardate che rossetto! Nessuno lo porta più da dieci anni!”
E tutto con un sorriso dolce e compassionevole. Come se volesse aiutarmi! Dopo ogni “complimento”, il mio umore precipitava e evitavo lo specchio per una settimana.
Fa male? Eccome! Non sono esattamente una modella, e poi mia sorella continua a colpire dove fa male.
Allinizio sopportavo, scherzavo, cambiavo argomento. Ma lultima goccia fu il compleanno di mamma.
Mi ero preparata con cura: vestito nuovo, acconciatura, trucco. Mi sentivo una regina!
Eravamo tutti al ristorante, parenti e amici vestiti a festa. E arriva Katia, mi guarda dalla testa ai piedi e, a voce alta, dice:
“Svetik, cosè questo vestito? Da ridere e da piangere Sembra quello della zia Šura del villaggio. Potevi chiedere a me, ti avrei trovato qualcosa di decente.”
In quel momento, il terreno mi mancò sotto i piedi. Laveva fatto davanti a tutti! Umiliandomi senza pietà.
E allora qualcosa in me scattò. Basta tacere! Ora tocca a me. E mi ero preparata bene…
Non feci una scenata. Presi un respiro profondo, sorrisi dolcemente e dissi:
“Katjuša! Grazie di cuore! Apprezzo davvero la tua premura! Sei unesperta nel trovare difetti negli altri!”
Lei si illuminò, pensando fosse un complimento. Ingenua.
“Visto che sei così informata,” continuai, sollevando una scatola preparata in anticipo, “ho pensato a un regalo per te!”
Tutti si girarono. Le consegnai la scatola con un fiocco. Laprì, forse aspettandosi profumi o cosmetici.
Dentro, ragazze, cera un certificato stampato su carta pregiata: una consulenza con uno psicologo famoso. Il tema? “Come aumentare lautostima senza umiliare gli altri.” E lo lessi ad alta voce, perché tutti sentissero!
“Ecco, sorellina!” aggiunsi, mentre mi fissava sbigottita. “Pensavo ti servisse. Per essere sicura di te, senza dover sminuire me!”
La sua espressione fu incredibile: confusa, poi consapevole, infine rossa di vergogna.
Un silenzio, poi uno zio scoppiò a ridere. E tutti seguirono. Le sue frecciatine erano esplose in faccia a lei.
Voleva umiliarmi, e invece si era ridicolizzata da sola.
Fine della storia: Katia borbottò, afferrò la borsa e scappò.
Sì, ci siamo riconciliate. Siamo sorelle.
E da quel giorno? Non ha più detto una parola sul mio aspetto. Parliamo solo del tempo. E, sapete? È piacevole.
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