Sentiva che qui non lo accoglievano con gioia, dovendo ancora partire per cercare un nuovo nascondiglio e del cibo – ma le sue zampe non riuscivano più a sostenere il corpo logorato e malato…

Ricordo ancora quei giorni in cui, nel vecchio condominio di via Napoli a Milano, laria era sempre satura di lamenti e di richieste di ordine. Il cane, ormai spossato e malato, non riusciva più a sostenere il suo corpo esaurito, e io, Ginevra Bianchi, mi sentivo sopraffatta dal dover ancora trovare un nascondiglio e del cibo per lui, quando le sue zampe non lo reggevano più.

Capivo bene che nessuno lì mi aspettava; dovevo muovermi di nuovo, cercare riparo e provviste, ma il povero animale non poteva più continuare a trascinarsi.

Fin da piccola sono stata una persona responsabile. Allasilo, vegliavo che i bambini rimettesse i giochi al loro posto. A scuola mi affidavano il turno di guardia. Alluniversità presiedei il nostro gruppo di studio. Al lavoro, raccoglievo volontariamente fondi per le feste aziendali e per i regali ai colleghi. Il senso del dovere pareva intessuto nel mio carattere.

Perciò, quando i residenti mi scelsero allunanimità come responsabile del condominio, non rimasi sorpresa. Nonostante la giovane età, mi immersi con entusiasmo nel compito.

Ginevrina, al quinto piano la famiglia Rossi fa rumore fino a tardi, non si può riposare mi lamentava la signora Anna Bianchi, la vicina più anziana.

Io mi adoperai per far rispettare le regole e, con una voce ferma, convincetti i trasgressori a riconoscere i propri errori, promettendo di cambiare.

Ginevrina, qualcuno butta la spazzatura direttamente nel cestino, senza portarla al contenitore! si lamentavano gli abitanti.

Io li osservai, li fissai negli occhi e li rimproverai con severità. Il nostro condominio tornò a brillare di pulizia; i fiori ai lati dellingresso, di colore vivace, riempivano il giardino. Ero fiera dellordine. A volte mi fermavo davanti allestremità del marciapiede per ammirare il risultato del mio lavoro. Tutto era come doveva essere; lho accettato e, in verità, ero una ragazza astuta.

Finché un giorno non comparve un cane davanti alla nostra porta.

Un animale sporco, pelo arruffato, zoppicante, di colore rosso-marrone, che si era trascinato fino al nostro palazzo e si era accoccolato sotto il balcone, cercando di passare la notte.

I bambini furono i primi a notarlo. Si avvicinarono, ma le mamme, percependo il pericolo, gridarono spaventate:

Indietro subito! Potrebbe essere pericoloso!

Strinsero i figli e allontanarono lanimale indifeso:

Via da qui! Fuori! Andate via!

Il cane provò a rialzarsi, ma non ce la fece. Tentò di strisciare, ma anche quello era troppo per lui. Solo piagnucolava, guardando timoroso le voci alzate. Grandi lacrime scivolarono dal suo sguardo.

Le madri rimasero perplessi. Sembrava necessario intervenire, ma chiamare gli operatori sanitari o la polizia era un eccesso. Fu allora che intervenni io, lultima speranza del quartiere:

Ecco il cane! gridarono allunisono. Ginevrina, aiutaci! È pericoloso!

Mi avvicinai al balcone e lo guardai negli occhi; il mio sguardo era rigido, il suo confuso.

Il cane ansimò, fece un ultimo sforzo per trascinarsi via, capendo che lì non cera posto per lui. Tuttavia, non aveva più forze né per camminare né per stare in piedi. Un flebile guaito uscì dalla sua bocca.

Il mio cuore si strinse.

Sembra che la gamba sia ferita dichiarai ad alta voce. Dobbiamo portarlo dal veterinario.

Le madri si scambiarono uno sguardo, pensando tutti la stessa cosa: Non vogliamo finire noi nel guazzare! E corsero a far entrare i bambini in casa:

Via, dobbiamo andare! Il sonno ci chiama! Dai, Ginevrina, risolvilo!

E mi lasciarono sola con lanimale abbandonato.

Sospirai, afferrai la mia borsa e contai i soldi: avrei avuto abbastanza per il veterinario? Non avrei potuto trasportare il cane, perché, oltre ad essere sporco, era anche troppo pesante.

Cercando aiuto, notai un vecchio Fiat 500 parcheggiato davanti al condominio, quello stesso che la famiglia Rossi usava spesso.

Dal veicolo scese Lorenzo Rossi.

Ma guarda un po chi cè! Che caso di violazione! scherzò con malizia.

Aiutaci, per favore risposi seriamente, annuendo verso il balcone.

Lorenzo si chinò e vide il cane.

È tuo?

Certo che no! scoppiò la mia difesa. Dobbiamo solo aiutarlo. Il veterinario è vicino, ma non abbiamo come portarlo lì.

Lorenzo valutò il cane, poi la sua auto, e sospirò a lungo:

Conosco il mio amico Luigi; se lo scopriamo, non sarebbe felice! Però, cosa non farebbe un uomo per una buona causa?

Tirò fuori un vecchio telo dal bagagliaio e lo pose sui sedili.

Andiamo a salvarlo! Se succede qualcosa, tu ti fai carico!

Certo! promisi, e mi avvicinai al cane: Dai, piccolino, ti portiamo dal dottore. Tieni duro.

Il cane accettò di essere sollevato senza protestare. Lo cullai per tutta la strada, accarezzandolo dolcemente e sussurrandogli parole di conforto.

La clinica veterinaria ci inviò un giovane medico, con i capelli ricci e unespressione seria. Esaminò attentamente il paziente, mise la zampa ferita in un gesso e prescrisse dei medicinali.

Dovrà riposare molto, ha una frattura spiegò il dottore.

È anche incinta? chiesi, sorpresa e un po imbarazzata.

Sembra di sì, ha partorito di recente confermò.

E ora? Che facciamo? mi sussurrò, quasi indecisa.

Non posso portarlo a casa scosse la testa Lorenzo. Luigi lo prenderà.

Io non ho modo di accoglierla… aggiunsi, quasi a sussurro.

Dovevamo trovare una soluzione in fretta.

Raduniamo tutti gli abitanti! Insieme troveremo qualcosa! propose Lorenzo con decisione.

Lo spero davvero confermò il veterinario. Tra una settimana dovrete riportarlo qui per un controllo. Vi ho già annotati. Come vi chiamate?

Ginevra risposi fornendo il mio nome.

E il cane, come lo chiamate? chiese il dottore.

Lorenzo e io ci scambiammo uno sguardo; non avevamo unetichetta, né un collare.

Agata! fu la prima cosa che mi venne in mente.

Il cane alzò lorecchio e mi guardò.

Ti piace il nome? Diventerà Agata, va bene? gli dissi dolcemente.

Il cane emise un lieve starnuto.

Ha accettato annotò sorridendo il veterinario. Portatelo come Agata; sono certo che vi sarà di grande aiuto.

Ritornati al condominio, ci trovammo davanti a Luca Rossi, il signorino severo dei piani alti, che ci fissava con le braccia incrociate.

Dove eri stato? sbottò, ma quando vide Lorenzo con il cane, si zittì, spalancando gli occhi per lo stupore.

Luca, è un cane è entrato in casa, è anche incinta Labbiamo portato dal veterinario rispose Lorenzo. Pensavamo di costruirgli un rifugio sotto il balcone è davvero triste.

Un rifugio sotto il balcone in questo freddo? esclamò Luca. Deve avere calore e una casa accogliente!

Proprio per questo vogliamo parlare con i vicini continuò Lorenzo. Magari troviamo una soluzione comune!

Luca, pur restando inizialmente reticente, sentì scaturire in lui un istinto materno. Insieme a me andò a bussare porta per porta, convocando i residenti a unassemblea straordinaria.

Nessuno voleva accogliere il cane, ma nacque unidea: raccogliere tutti i soldi per costruire una cuccia sotto il balcone e creare un piccolo fondo per il cibo.

Così Agata ottenne la sua dimora.

Una piccola casetta per cani, quasi una replica in miniatura del nostro palazzo, fu collocata sotto il balcone, con cuscini morbidi e un letto confortevole. Agata vi entrò con cautela, facendo attenzione a non sovraccaricare la zampa dolorante.

Dovremmo redigere una dichiarazione per il comune suggerii. Così tutto sarà ufficiale.

I residenti firmarono subito il documento; io lo portai personalmente alla stazione di polizia. Per fortuna ci accolsero con comprensione e concessero il permesso che Agata potesse restare nel nostro giardino.

Quando tornai nella mia piccola e ordinata abitazione, il senso di dovere mi riempì il cuore, ma il sonno non venne. Dopo diversi tentativi, mi vestii e uscii per controllare Agata.

Come stai, piccola? dissi sedendomi sulla panchina.

Il cane emise un flebile guaito. Il caldo lo aveva avvolto, il dolore era diminuito e, soprattutto, accanto a lui cera una persona di cui cominciava a fidarsi.

Tornerò spesso promisi. E poi troveremo qualcosa di migliore

Non sapevo ancora quale fosse il futuro.

Continuai a portare Agata dal veterinario finché non fu pienamente guarita. Il giovane dottore, Valerio, si prese cura non solo del cane rosso, ma anche della responsabile e sincera Ginevra.

Un giorno Valerio mi propose di sposarlo e, insieme ad Agata, ci trasferimmo nella sua casa di campagna, dove cè spazio per tutti persone e animali.

Nel frattempo Luca Rossi scoprì di aspettare un figlio; la natura intorno a loro cambiò. Lappartamento non fu più il più rumoroso del palazzo e, quando nacque il piccolo Venceslao, anche la signora Anna Bianchi si limitò a sorridere, senza più lamentarsi.

Nellondata di cambiamenti positivi che investì gli abitanti del quarto condominio, nessuno immaginava che tutto fosse iniziato quel giorno in cui un cane rosso comparve sotto il balcone.

Io, Ginevra, ancora oggi, ridendo, ho cambiato casa più volte, ma ho mantenuto la stessa generosità. Un giorno, mentre gioco con Agata e il suo cucciolo, sorrido e penso:

«Sono così felice Grazie, Universo! E tutto è iniziato con la nostra Agata, il cane del quarto condominio».

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