Allora, mi riporterete allorfanotrofio? La zia ha detto che vi siete affrettati a prendermi perché non sapevate che sarebbe nato un bambino. Ma io non sono vostro
Elena stava in cucina, cuocendo delle crespelle sulla padella. Presto suo marito sarebbe tornato dal lavoro e tutta la famiglia avrebbe cenato insieme.
Strano che Matteo oggi fosse così silenzioso nella sua stanza. Di solito, quando Elena preparava le sue crespelle preferite, il bambino le girava intorno, guardandola con occhi pieni di attesa e chiedendo:
Mamma, posso averne ancora una?
Elena gliene dava una, anche se sapeva che Matteo era già sazio. Poco dopo, però, lui tornava, allungando ogni sillaba con una gioia maliziosa:
Maaaa-maaaa, ne voglio ancora!
Elena capiva che Matteo non aveva più fame. Voleva solo ripetere ancora e ancora quella parola così dolce, così meravigliosamente nuova per lui: mamma. Spesso, allora, Elena lasciava la spatola e lo prendeva in braccionon pesava molto, aveva solo cinque annie gli diceva:
Allora, tesoro, andiamo a prendere papà dal lavoro?
E Matteo rispondeva con gli occhi che brillavano di felicità:
Sì, mamma, andiamo a prendere papà!
Non si era ancora abituato a quelle parole magiche. Prima non aveva né una mamma né un papà, e adesso li aveva.
Adesso aveva anche una sua stanza, un letto tutto suo. E una parete attrezzata con altaleneglielaveva comprata papà! E poi automobiline, un robot, un kit di costruzioni e tanti altri giocattoli, tutti suoi e di nessun altro. La sera, la mamma gli leggeva le storie, gli accarezzava i capelli e gli diceva che lo amava. Matteo si era quasi riempito di quellamore, quasi dimenticando il passato.
Elena stava per chiamarlo, quando sentì un calcetto dentro la pancia.
Mise una mano sul ventre, e la bambina diede un altro colpetto.
Dio mio, ogni giorno Elena pregava per quel dono inaspettato. Sperava solo che tutto andasse bene. Avevano già scelto un nome: suo marito, Luca, aveva suggerito Rosalba, come sua nonna Caterina.
Avevano detto a Elena che non avrebbe potuto avere figli, e così lei e Luca avevano adottato Matteo dallorfanotrofio. Poi, un anno dopoguarda un poecco che stava per nascere una bambina!
Elena si perse nei suoi pensieri e quasi lasciò bruciare una crespella.
Matteo, tesoro, vieni qui, perché sei così tranquillo oggi?
Silenzio. Possibile che non lavesse sentita?
Elena spense il fuoco e si avviò verso la cameretta.
Strano, la luce era spenta. Dovera Matteo?
Un rumore improvviso. Elena accese la luce e lo vide seduto sul divano, con la giacca e il cappello, uno zaino pieno delle sue macchinine stretto tra le braccia.
Che fai al buio? chiese Elena, sorridendo. Su, levati la giacca, che ti è preso? Hai fatto le valigie? Andiamo a mangiare le crespelle con panna e latte condensato, dai, Matteo, perché sei così serio?
Ma Matteo non sorrise. Fissava il vuoto con uno sguardo troppo adulto per un bambino, poi domandò:
Posso portarmi via queste macchinine? Tanto a lei non servono, vero?
Ma che dici, Matteo? Cosè successo? Dove vuoi andare? Le parole del bambino le fecero cadere le braccia. Era forse una cattiva madre? Matteo non sentiva il suo amore? Forse era geloso della sorellina? Ma solo il giorno prima era così felice!
Allora, mi riporterete allorfanotrofio? La zia ha detto che vi siete affrettati a prendermi perché non sapevate che sarebbe nata una bambina. Io non sono vostro
Gli occhi di Matteo erano lucidi, guardava da unaltra parte, cercando di non piangere.
Matteo, tesoro, ma che dici? Quale zia? E allora Elena ricordò. Qualche giorno prima aveva incontrato la vicina, che aveva detto: «Grazie a Dio avrete presto un figlio vostro», poi aveva fatto una smorfia e indicato Matteo. Vi siete affrettati, Elena, vi siete affrettati!
Ma Elena era sicura che Matteo, così piccolo, non avesse capito. Aveva tagliato corto, evitando di litigare davanti a lui. E invece Matteo aveva capito tutto.
E adesso si sentiva un estraneo. Quanto doveva essersi sentito solo!
Elena lo strinse a sé. Lui cercò di liberarsi, ma poi scoppiò in lacrime.
Tesoro, ma no, quella signora non sa niente! Io e papà ti amiamo e non ti manderemo mai via!
Gli tolse cappello e giacca e rimasero abbracciati sul divano, in silenzio.
Quando nacque Rosalba, Matteo e Luca rimasero a casa ad aspettare. Poi andarono a prendere Elena e la sorellina.
Matteo era nervoso: e se alla sorella non fosse piaciuto?
Ma quando vide quanto era piccola, scoppiò a ridere. Mamma, come fa lei, così minuscola, senza un fratello maggiore? Le insegnerò a giocare con le macchinine, staremo benissimo insieme!
Da allora, Matteo non si staccava da Rosalba. Aspettava che crescesse per portarla nella sua stanza.
Intanto, era il primo aiutante della mamma
Quella sera, Elena lo chiamò: Matteo, tesoro, ho preparato Rosalba, usciamo a prendere papà dal lavoro.
Matteo era già pronto in corridoio: Mamma, io tengo la porta, esci con la carrozzina!
Scesero con lascensore, uscirono, e proprio allora entrò la stessa vicina.
Matteo strinse la mano di Elena, preoccupato.
Tesoro, sei un uomo, aiutala a chiamare lascensore, vedi che ha le borse pesanti.
Sì, mamma! Matteo guardò con orgoglio la donna, le aprì lascensore e corse a raggiungere Elena.
Domani era domenica e sarebbero andati al parco tutti insieme. Peccato che Rosalba fosse ancora troppo piccola, ma presto sarebbe cresciuta e avrebbero potuto salire sulle giostre. E Matteo, da fratello maggiore, lavrebbe tenuta stretta se avesse avuto paura. Perché fratello e sorella lo sarebbero stati per sempre!






