Una mattina destate, quando il sole si alzava lentamente sullorizzonte, tingendo il borgo di un caldo bagliore dorato, laria profumava di rugiada e di trifoglio in fiore. In questa scena serena, si sentì la voce insistente di una bambina di nome Sofiacon occhi chiari come il cielo dagosto e trecce bionde che le scendevano sulle spalle.
“Nonna, quanto ancora devo aspettare? Ho promesso alle amiche che sarei andata al fiume! Vogliamo nuotare e cantare sulla rivalacqua è così limpida che si vedono tutti i pesciolini! Per favore!”
Seduta su uno sgabello accanto allorto, nonna Elisabetta sospirò, asciugandosi la fronte sudata. Le sue mani, segnate dalle rughe come una mappa della vita, stringevano saldamente la zappa. Con un misto di stanchezza e tenerezza, guardò la nipotina con occhi pieni damore.
“Sofì, tesoro mio,” disse piano, “le tue amiche hanno case grandi e genitori che si prendono cura di loro. Noi abbiamo solo noi due. Se non mi aiuti con lorto, chi lo farà? Le erbacce non si tolgono da sole, e il pane non arriva in tavola senza fatica.”
Sofia abbassò lo sguardo, ma nei suoi occhi non cera disperazionesolo determinazione. Sapeva che se avesse finito in fretta, avrebbe potuto raggiungere le amiche. Stringendo le labbra, si mise a strappare le erbacce, liberando le fragili piantine di pomodori. Ogni erbaccia strappata era un piccolo sacrificio per il suo momento di felicità.
Quando lultima fu tolta, Sofia si alzò, si scrollò la polvere dalle ginocchia e annunciò con gioia:
“Nonna, ho finito! Posso andare?”
“Vai, passerottina,” rispose la nonna. “Ma non tardare, potrebbe piovere.”
Correndo lungo la strada sterrata, Sofia lasciò dietro di sé una scia di risate, leggere come il suono di un campanello al vento. Elisabetta la seguì con lo sguardo, il cuore stretto in una morsa. “Da dove prende tutta questa energia?” pensò. “Da dove viene questa luce che non si spegne mai?”
In quel momento, la vicina Mariauna donna dagli occhi buoni e il cuore generososi avvicinò alla staccionata.
“Elisabetta,” sussurrò, “ho visto Giulia al mercato oggi. Era con delle amiche, vestita in modo provocante e con troppo trucco. Ha detto che vuole Sofia.”
Elisabetta impallidì, come se qualcosa dentro di lei si fosse spezzato.
“È ricomparsa” mormorò. “Dopo anni di silenzio, dopo aver abbandonato suo figlio e sua figlia E ora vuole riprendersela?”
“Le ho detto: ‘Per dodici anni non ti sei fatta viva, e ora vuoi tua figlia?’ Ha riso, come se fosse uno scherzo. Come se Sofia fosse un oggetto da riprendere quando le fa comodo.”
“Che devo fare?” pianse Elisabetta. “Lei è la madre sulla carta, io sono solo la nonna. Non ho diritti, ma il mio cuore è tutto suo. Lho cresciuta da quando era in fasce, lho nutrita quando mancava il latte, vegliata nelle notti di febbre. E ora lei torna e vuole portarmela via?”
Langoscia le serrava il petto. La testa le girava, e macchie scure danzavano davanti ai suoi occhi. Elisabetta cadde sulla panca, stringendosi al petto. Una sola domanda le martellava la mente: la legge era dalla parte di Giulia, ma che valore aveva lamore di fronte a un tribunale?
Giulia era entrata nella loro vita come un uragano. Il figlio di Elisabetta, Matteo, era pazzo di lei. Ma Giulia prendeva solosoldi, attenzionimai amore. Elisabetta aveva capito subito: quella donna non era una moglie, ma una predatrice.
Poi la vita cambiò: Giulia partorì, lasciò Sofia alla nonna e sparì. Matteo, svuotato e spento, tornava a casa di rado, con gli occhi privi di luce.
“Figlio mio,” chiese una volta Elisabetta, “perché sei vestito così male? Guadagni bene!”
“Mamma,” rispose lui piano, “i soldi vanno tutti a Giulia. A me resta poco.”
“Ma allora viva con meno!” esclamò Elisabetta.
Ma la discussione fu interrotta: poco dopo, Matteo fu ricoverato per un cancro incurabile. Prima di morire, confessò:
“Mamma Sofia non è mia figlia. Giulia mi tradiva con Luca, il mio migliore amico. Lo sapevo, ma lho accettata per amore di Sofia.”
Elisabetta pianse disperata, ma non avrebbe mai rinunciato alla bambina. Sofia era la sua gioia e il suo dolore.
E ora Giulia era tornata, con occhi freddi e lintenzione di portarsela via.
Poco dopo, un taxi si fermò davanti alla casa. Ne scese una donna vestita di lusso, con un sorriso gelido.
“Salve, Elisabetta,” disse senza guardarla negli occhi. “Riprendo Sofia. Per voi è un peso. In città avrà una vita migliorescuole, attività.”
Le discussioni durarono ore. Giulia minacciò e manipolò, ma alla fine Elisabetta cedette, consegnando i suoi risparmisoldi per i libri, le scarpe, labito scolastico. La casa si svuotò, la gioia sparì. A pranzo restavano solo patate dellorto.
Ma Maria non li abbandonò.
Le suggerì di usare le conserve della cantina,
le insegnò a vendere sottoli e marmellate al mercato,
incoraggiò Sofia a mettersi in gioco.
Così cominciò una nuova vita: nonna, nipote e zia Maria vendevano barattoli di pomodori, melanzane e peperoncini al mercato. Sofia, di sette anni, era una venditrice natail suo sorriso conquistava tutti.
“Che brava!” esclamò Maria. “Hai venduto tutto in un giorno! Ora potrai comprarti gli stivalinon puoi andare in gommate tutto linverno.”
Un giorno, un uomo alto in giacca di pelle si fermò davanti alla bancarella. Maria lo riconobbe.
“Luca?” esclamò. “Lamico di Matteo!”
Luomo guardò Sofia e chiese piano:
“Di chi è questa bambina?”
“È Sofia, la figlia di Matteo.”
“Lui è morto.”
Luca tacque, il dolore negli occhi. Poi guardò la bambina e qualcosa in lui cambiò.
“Sofia,” disse dolcemente, “se compro tutto, dopo andiamo da tua nonna? Dobbiamo parlare.”
La bambina annuì fiduciosa.
A casa, Elisabetta riconobbe in lui i tratti di Matteo e Sofia.
“Luca, non ci separi,” supplicò. “Non sopravvivrei senza di lei.”
“Non preoccupatevi,” rispose lui. “Non la porterò via. Ma andiamo in negozioche Sofia scelga quello che vuole.”
Al supermercato, Sofia chiese solo due etti di caramelle. Ma Luca sorrise e disse solenne:
“No, oggi festeggiamo! Torta, dolci, salumi, formaggiotutto quello che vuoi!”
Quella sera, il borgo si riempì di allegria. Tutti vennero a vedere Luca, “quellamico di Matteo”, diventare un padre orgoglioso.
“Papà” sussurrò Sofia. “Se mi porti via, la nonna piangerà? Le mancherò?”
“Mai,” rispose lui, abbracciandola. “Voglio che stiate insieme. Siamo una famiglia




