Mi è toccata in sorte la bruttezza

Un lampo… Un boato assordante… Oscurità… Oscurità…

Finalmente, il buio cominciò a dissolversi. Una voce si fece strada tra i suoi sensi annebbiati:

“Valeria Vittoria, sono un soccorritore, là dentro è esploso qualcosa…”

Un dolore acuto gli attraversò il corpo, mentre una mano gli sfiorava il collo. Cercò di aprire gli occhi, riuscendoci a fatica. Davanti a sé, un ciondolo rettangolare con i segni zodiacali incisi… E gli occhi profondi di una donna in camice bianco.

“In sala operatoria, subito!” gridò qualcuno vicino a lui.

I suoi genitori rientrarono dal lavoro. La madre corse subito in cucina, lanciando un’occhiata alla stanza dove il figlio studiava. Enrico, invece, entrando, notò subito l’aria cupa del ragazzo.

“Marco, che succede?” gli chiese, accarezzandogli i capelli.

“Niente,” borbottò il bambino di dieci anni.

“Dai, dimmi!”

“Tra poco è l’8 marzo. La maestra ci ha tenuti dopo la scuola e ci ha detto che dobbiamo fare dei regali alle compagne.”

“E qual è il problema?” sorrise il padre.

“Siamo in pari, maschi e femmine. E ha deciso chi regala a chi,” sospirò il figlio. “A me è toccata Brutta Bruna, Valeria Esposito.”

“Tutte le ragazze vogliono un regalo per l’8 marzo, anche quelle meno carine,” disse Enrico, parlandogli come a un adulto. “Come ha fatto la scelta? In ordine alfabetico?”

“No, secondo gli zodiaco!”

“Come sarebbe?” Enrico non riuscì a trattenere una risata.

“Per compatibilità. Valeria è Vergine, e alle Vergini si addicono i Toro. E io, guarda caso, sono Toro.”

“Ma è una cosa bellissima, se vi siete trovati! Cresci, magari ti innamorerai di lei.”

Il padre scoppiò a ridere. La madre irruppe nella stanza:

“Che succede qui?”

“Lucia, torna in cucina,” disse Enrico, con tono serio. “Sto avendo una conversazione importante con mio figlio.”

Quando la madre se ne fu andata, Marco chiese a voce bassa:

“Papà, e adesso che faccio?”

“Prepari il regalo!”

“Quale?”

“Domani al lavoro glielo faccio io, alla tua prescelta.”

“Papà, che regalo puoi fare tu? Lavori in fabbrica.”

“Esatto! Ma sono nel reparto galvanico. Lì trattiamo tutti i tipi di rivestimento dei metalli.”

“Papà, non capisco.”

“Domani lo vedrai!”

***

Il giorno dopo, il padre portò a casa un ciondolo d’oro appeso a una catenina, a forma di rettangolo. Su un lato erano incisi due segni zodiacali, Toro e Vergine, mentre sullaltro, in caratteri piccoli ma eleganti, cera scritto:

“Alla mia compagna Valeria per l8 marzo! Marco.”

Era splendido. E quando la madre lo avvolse in un sacchetto di cellophane, sembrò ancora più bello.

***

E arrivò il 7 marzo. La maestra non aveva intenzione di fare lezione. Prima, gli alunni le consegnarono il loro regalo, e lei li ringraziò a lungo. Poi annunciò che era il turno dei maschi di donare alle femmine.

Che caos! Tutti i ragazzi si precipitarono dalle loro “prescelte”. Anche Marco si avvicinò a Valeria Esposito e recitò la frase che il padre gli aveva insegnato:

“Valeria, buon 8 marzo! Forse un giorno il destino unirà Toro e Vergine.”

Dopo averla pronunciata, Marco tornò al suo posto, senza accorgersi di come il cuore di quella che lui considerava “Brutta Bruna” avesse iniziato a battere forte.

Poco dopo, i genitori di Valeria si trasferirono in un altro quartiere, e lei cambiò scuola.

***

Marco riaprì gli occhi. Il soffitto bianco della stanza dospedale. Tentò di muovere braccia e gambe. Solo la sinistra rispose.

“Dove sono?” chiese, senza sapere a chi.

Un rumore di bastoni, e un altro paziente si avvicinò al letto, guardandolo attentamente:

“Sei rientrato in te? Sei nel reparto di chirurgia durgenza.”

“Ho ancora tutte le braccia e le gambe?” domandò Marco, a voce bassa.

“Mi sembra di sì,” rispose luomo, con un sorriso. “Sei fasciato dalla testa ai piedi, però.”

“Meglio così, se è tutto al suo posto.”

Arrivò uninfermiera, premurosa:

“Come ti senti?”

“Che mi è successo?” ribatté Marco, più che altro a se stesso.

“Non è in pericolo di vita. Braccia e gambe funzionano. Avrà molte cicatrici,” disse, porgendogli un telefono acceso. “Tua madre vuole che tu la chiami appena ti svegli.”

“Figlio mio,” la voce tremava per il pianto.

“Mamma, va tutto bene,” cercò di rassicurarla. “Hanno detto che saranno solo piccole cicatrici. E che mi dimetteranno presto.”

“Non mi hanno permesso di rimanere qui stanotte. Arrivo subito.”

“Mamma, non ti preoccupare troppo!”

Posò il telefono accanto a sé e cercò di sorridere allinfermiera:

“Grazie.”

“Be, non la prenderà tanto presto la dimissione,” rispose lei, sorridendo. “Almeno tre settimane a letto, di sicuro!”

“Cosè successo?” chiese il compagno di stanza, quando linfermiera se ne fu andata.

“Sono un soccorritore. Alla fabbrica, le bombole dossigeno hanno iniziato a esplodere,” ricordò Marco. “Siamo arrivati prima dei pompieri. Lambiente era enorme, dentro cerano tre feriti. Li abbiamo portati fuori… io ero lultimo… mentre raggiungevo luscita, unaltra bombola è esplosa… e poi non ricordo più nulla.”

“Be, te la sei vista brutta.”

“Marco Bianchi,” chiamò linfermiera. “Hai una visita, un collega.”

“Ciao, Marco! Come stai?”

“Braccia e gambe funzionano!” rispose lui, ottimista. “Ma per ora posso stringerti solo la mano sinistra!”

“Dai, su!”

“Comè andata dopo?”

“Stavamo uscendo quando è esploso. Siamo tornati indietro e ti abbiamo tirato fuori… eri tutto sangue… i medici erano già lì…”

“Grazie.”

“Marco, di che parli?” Lamico sorrise. “Pare che ci daranno una medaglia.”

“Per allora sarò dimesso.”

“Va bene, ti lascio. Hanno detto di non fermarmi troppo.”

Prima che se ne andasse, entrò un medico, un uomo sulla quarantina:

“Allora, come va, eroe?” si avvicinò al letto.

“Bene.”

“Se parli, vuol dire che vivrai. Facciamo un controllo.”

“Lei mi ha operato?” chiese Marco.

“No, Valeria Vittoria. Tornerà dopodomani.”

***

Passarono due giorni. Marco provava già ad alzarsi, anche se il dolore alle gambe era ancora forte, il braccio destro era una piaga, e sul corpo aveva almeno dieci ferite. Due sul viso, quando era stato sbattuto contro il cancello dallesplosioneper fortuna aveva proteso il braccio in tempo. Si guardò allo specchio. Il viso era ancora gonfio.

Quel giorno sarebbe passata la dottoressa che lo aveva operato. Marco si sentiva stranamente nervoso.

Ed eccola. Giovane, slanciata, con gli

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