La carrozzina nuziale frenò allultimo momento davanti al cane. “Santo cielo, non facciamo tardi!” esclamò Federica, lanciando unaltra occhiata allorologio per la terza volta in cinque minuti. “Marco, arriveremo in tempo?”
Il guidatore della limousine le sorrise rassicurante nello specchietto: “Tranquilla, signorina. Siamo perfettamente in orario.”
“Orario.” Quella parola le girava già allo stomaco. Gli ultimi due mesi erano stati un vortice di tabelle di marcia: il minutaggio della cerimonia, il programma del servizio fotografico, la scaletta del banchetto. Tutto pianificato al secondo.
Alessandro, il suo promesso sposo, aveva insistito perché il loro giorno perfetto scorresse senza intoppi. Nemmeno un ritardo, neppure un contrattempo. Lui amava che tutto andasse secondo i piani. Forse era colpa del suo lavoro come direttore finanziario lì, senza un’agenda ferrea, si affondava.
Federica osservò Alessandro dalla coda dellocchio. Lui era immerso nel telefono, probabilmente a verificare per lennesima volta che tutto procedesse come previsto.
Strano. Quando si erano conosciuti tre anni prima, era un altro. Più spontaneo, più vero.
Il loro primo incontro era stato lopposto di ogni pianificazione: lei in ritardo al lavoro, lo scontro allingresso del bar, il caffè versato sulla sua camicia bianchissima. Lui, invece di arrabbiarsi, aveva riso e proposto di berne un altro insieme.
Un sorriso le sfiorò le labbra al ricordo. Quanto tempo era passato.
Uno stridio di freni squarciò laria. Federica schizzò in avanti, trattenuta a stallo dalla cintura.
“Che succede?!” gridò.
“Il cane,” sospirò lautista. “Sulla strada. Non ho fatto in tempo.”
Il cuore le mancò.
Balzò fuori dallauto, ignorando le proteste di Alessandro: “Dove vai? Lo sporchi il vestito!”
Sullasfalto, davanti al cofano, giaceva un grosso cane color miele. Non si muoveva.
“Dio mio,” sussurrò Federica, accovacciandosi. “Respira ancora?”
Lautista si inginocchiò accanto a lei: “Sì, ma è svenuto.”
“Dobbiamo portarlo da un veterinario!”
“Federica,” la mano di Alessandro le sfiorò la spalla. “Non abbiamo tempo. La cerimonia è tra quaranta minuti.”
“Come puoi dire così?!” si voltò di scatto. “È una creatura viva!”
“Non possiamo fare nulla. Ci aspettano gli ospiti, lufficiale.”
“Che vadano al diavolo gli ufficiali!” le brillarono gli occhi di lacrime. “Non possiamo andarcene!”
Nel frattempo, anche le altre auto del corteo si erano fermate. Gli invitati sbucavano da ogni portiera, curiosi.
“Che è successo?”
“Perché ci fermiamo?”
“Povero cane”
Le voci si mescolavano. Cera chi proponeva di chiamare un veterinario, chi insisteva per ripartire.
“Marco,” Federica si rivolse allautista. “Dovè la clinica più vicina?”
“A due chilometri. Ma”
“Niente ma! Dobbiamo portarlo!”
“Federica!” Alessandro le afferrò il braccio. “Sei impazzita? Oggi ci sposiamo!”
“Appunto!” si liberò. “Il giorno in cui due persone giurano di amarsi e sostenersi. Di esserci, nel bene e nel male. E tu vuoi lasciare un animale morente per un orario?”
In quel momento, una voce ansimante risuonò:
“Artù! Artù!”
Un uomo anziano avanzava a fatica, i capelli grigi scomposti, gli occhiali sul naso.
“Artù, piccolino,” si inginocchiò accanto al cane. “Cosa hai combinato? Ti avevo detto di non scappare.”
Le sue mani tremavano mentre accarezzava il pelo dorato.
“È suo?” chiese Federica.
“Sì,” luomo alzò gli occhi umidi. “È tutto ciò che mi resta. Dopo che mia moglie se nè andata solo lui mi ha salvato dalla follia.”
Si rivolse al cane: “Perché sei corso in strada, stupido?”
“Lo porteremo dal veterinario,” decise Federica. “Marco, ci aiuti?”
Lautista annuì, sollevando con cautela Artù. Il cane pesava almeno trenta chili. Le zampe penzolanti, la testa abbandonata, fecero rabbrividire Federica.
“Dobbiamo coprirlo,” disse, guardandosi intorno.
Un invitato le porse una coperta: “Ecco, faccia attenzione.”
Stesero la coperta sul sedile posteriore e, insieme a Marco, Alessandro e il signor Enzo, adagiarono Artù. Il suo pelo lucido sembrava spento alla luce dellabitacolo.
“Artù, cucciolone,” sussurrò lanziano, accarezzandolo. “Non lasciarmi.”
Federica si sedette accanto, posando la testa del cane sulle sue ginocchia. Labito bianco si coprì immediatamente di peli dorati, ma lei non ci fece caso.
“Marco, andiamo!” ordinò. “Ma piano nelle curve, per favore.”
Per tutto il tragitto, Federica continuò ad accarezzare Artù, sentendo il cuore irregolare sotto le dita, vedendo le zampe contrarsi nel sonno.
“Resisti, piccolo. Siamo quasi arrivati.”
Il signor Enzo singhiozzava silenziosamente, asciugandosi le lacrime con una mano tremante.
“Non si preoccupi,” Federica gli strinse la mano. “Andrà tutto bene.”
Sentì Alessandro, davanti, voltarsi a guardarla. Nei suoi occhi cera stupore e ammirazione. Ma ora non importava.
Artù si mosse debolmente, emettendo un guaito.
“Zitto, zitto, piccolo,” sussurrò Federica, carezzandogli la testa. “Siamo qui con te.”
“Federica,” Alessandro sembrava irritato. “Stiamo facendo tardi.”
“E allora faremo tardi.”
Si rivolse agli ospiti: “Scusate, ma la cerimonia sarà rimandata. Spero capiate.”
Stranamente, nessuno protestò. Anzi, molti annuirono.
“Io vado con Marco,” disse Federica. “Voi raggiungete il Comune, avvisate del ritardo.”
“No,” Alessandro la sorprese. “Vengo con te.”
Lo guardò sorpresa: “Davvero?”
“Davvero,” sorrise. “Hai ragione. Al diavolo lorario.”
Unora dopo, il corteo nuziale raggiunse finalmente il Comune. Con quaranta minuti di ritardo, ma ormai nessuno ci badava.
Artù era rimasto in clinica un lieve trauma, ma vivo e fuori pericolo. Il signor Enzo era rimasto con lui.
“Sai,” disse Alessandro salendo le scale, “è da tanto che non ti vedevo così autentica.”
“Cioè?”
“Quando hai insistito per il cane. Eri così viva, così vera. Come quella volta al bar.”
Federica sorrise: “E tu eri il solito rompiscatole.”
“Ehi!” la spinse scherzosamente. “Io sono venuto in clinica!”
“Sì. Sei venuto,” lo guardò seria. “Grazie.”
“Di cosa?”
“Di non essere rimasto rompiscatole fino alla fine.”
Lui rise, attirandola a sé: “Sai, questo è un segno.”
“Quale segno?”
“Quello che è successo. Forse dovremmo rilassarci un po? Non controllare tutto?”
“Chi sei e cosa hai fatto del mio futuro marito?” f





