– Che bella onestà che avete, signora Galina Nikolaevna!

**Diario di Luca**

«Che bella onestà che hai, nonna Elena!» esplose mia moglie Sofia. «Lanno scorso i nostri figli hanno sudato sotto il sole in quel giardino, poi abbiamo speso un anno intero a sistemare la tua villetta, e ora i figli di Claudia si godranno tutto mentre i nostri restano a casa? Proprio una bella giustizia!»

«Ho detto che era per i nipotini, non solo per i tuoi!» rispose la nonna. «Pensi forse che non abbia altri nipoti? I tuoi figli hanno avuto il loro turno, ora tocca a quelli di Claudia. È giusto così.»

«Giusto? Lanno scorso si sono arrostiti nellorto, abbiamo lavorato come muli per mesi, e ora tocca a Claudia? Un bel modo di ringraziarci!»

«Be, portate i vostri lanno prossimo. La villetta non scappa. Siamo una famiglia, no? A volte aiutate voi, a volte Claudia. E poi, è casa mia, decido io!»

«Ah, certo! Claudia ha contribuito portando un po di sabbia per la sabbiera. Che generosità!» ribatté Sofia.

«Nonna, lonestà sarebbe dividere il tempo equamente. Potresti prenderli un mese loro e un mese noi?»

«Ma scherzi? A questa età, con tutti quei bambini, finirei al pronto soccorso!»

«E due settimane?»

«Non posso. Ho già promesso a Claudia. Lei e Marco hanno le ferie a luglio, vogliono rilassarsi senza figli. Quindi niente da fare.»

«Portali mercoledì, fino a venerdì. Qualche giorno posso farcela, ma di più no.»

Sofia sbuffò. Qualche giorno? Dopo tutto quello che avevano speso? Era quasi unoffesa.

«Capisco. Arrivederci.» E riagganciò.

Si passò le mani tra i capelli. E ora? I bambini avevano sognato per un anno di tornare alla villetta, di giocare nel nuovo parco giochi, di tuffarsi in piscina e ora tutto sarebbe andato agli altri.

Eppure era iniziato tutto così bene. Lestate scorsa, ero andato da mia madre con Sofia. Non mettevo piede lì da dieci anni, da quando mio padre era ancora vivo. E non era cambiato nulla: finestre cigolanti, un bagno fatiscente, erbacce ovunque. Dentro, mobili vecchi di trentanni, carta da parati scrostata, odore di muffa.

«Quante cose da sistemare» sospirò mia madre. «Comincia almeno con lerba e i rami.»

Mentre io lavoravo fuori, lei preparò il caffè per sé e Sofia. Parlarono dei bambini, del lavoro, poi

«Mi piacerebbe portare qui i nipotini, ma cosa ci fanno?» disse mia madre. «Non cè nulla per intrattenerli.»

Sofia guardò quella cucina e ricordò le estati dalla sua nonna in campagna. Per lei anche dar da mangiare alle galline era unavventura.

«Perché non la sistemiamo insieme?» propose. «Poco alla volta.»

«Ecco! Proprio quello che volevo dirti!» esultò mia madre. «Meglio investire qui che spendere per viaggi.»

«A me va bene. Ma almeno i bambini avranno un posto dove divertirsi.»

Così iniziammo. Entro lestate, mettemmo nuove finestre, riparammo il recinto, comprammo mobili usati per la cameretta. I bambini tornarono entusiasti: «Mamma, possiamo tornare dalla nonna? Abbiamo visto le lucertole, le cicale, persino un riccio!»

«Certo» rispose Sofia. «Lanno prossimo sarà ancora meglio.»

E mia madre annuì, sorridendo.

Passò un anno di sacrifici. Portammo lacqua, rifacemmo il bagno, aggiungemmo un condizionatore. In giardino, una pergola, una sabbiera, una piscina. I bambini non vedevano lora.

«Che bravi siete! Adesso sarà un paradiso per loro!» diceva mia madre.

Pensavamo di fare qualcosa di bello insieme, come una famiglia. Claudia, invece, non aveva mosso un dito. Solo una volta aveva portato la sabbia.

E ora? «Venite lanno prossimo.»

Sofia era furiosa. Avevamo rinunciato alle vacanze per questo? Telefonò a sua madre per sfogarsi.

«Tua suocera ha giocato sporco» commentò. «Ma ci sono altre soluzioni. Affittiamo una casetta, io ci sto con i bambini.»

Allinizio, Sofia era scettica. Ma una settimana dopo trovammo un grazioso cottage fuori città, con un melo in giardino e un profumo di legno fresco.

Mancava solo una cosa. Andammo a riprendere la piscina e le altalene dalla villetta di mia madre.

«Così è come mi ringraziate?» urlò lei. «Se non ho potuto ospitare i vostri figli, ora rovinate anche quelli di Claudia?»

Sofia incrociò le braccia. «Ho comprato quelle cose per i miei figli. Claudia può comprarne per i suoi.»

Mia madre non replicò. Si voltò, come se fossimo estranei.

Il mese successivo volò. Andavamo al cottage nei weekend, facevamo grigliate, ascoltavamo i bambini raccontare delle loro avventure nel bosco. La sera, si addormentavano stanchi e felici.

Seduti in veranda, mi resi conto che quel posto semplice era più accogliente della villetta rifatta. Forse perché qui nessuno ci usava. Erano solo affetti sinceri.

Alla fine, laffitto costò meno di quanto avevamo speso in un anno. Sofia non capiva più perché avessimo creduto a mia madre.

«Qui è stato perfino meglio della nonna!» dissero i bambini quando li riprendemmo.

Sofia sorrise. Almeno ora avrebbero avuto bei ricordi da raccontare.

«Ora tocca a Claudia e sua madre arrangiarsi» disse in macchina. «Noi andremo avanti per la nostra strada. *Questa* è giustizia.»

Quellesperienza mi ha insegnato una cosa: fare di tutto per i figli, sì, ma senza fidarsi ciecamente delle promesse altrui. A volte, la soluzione migliore è quella che hai sotto il naso.

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