Nei boschi innevati delle Alpi italiane, dove il vento sussurra tra gli abeti e la notte può durare intere stagioni, viveva un branco di lupi guidato da Fabrizio e Giulia, uniti non solo dal sangue, ma da una storia che gli anziani dei villaggi di montagna raccontano ancora.
Fabrizio era un lupo solitario quando la incontrò. Aveva perso il suo branco in una valanga, e da allora vagava senza meta, evitando uomini, cacciatori e altri lupi. Il suo cuore era un groviglio di ferite mai rimarginate.
Giulia apparve una notte senza luna, magra, zoppicante, con un orecchio squarciato e gli occhi pieni di rabbia ma non di paura. Era una lupa forte, esiliata da un altro branco per aver sfidato il maschio dominante per proteggere i suoi cuccioli. Li aveva persi, ma non la sua dignità.
Fabrizio non la attaccò. Non fuggì. Si limitarono a guardarsi. E in quel silenzio gelido si riconobbero: due cuori spezzati con il coraggio di continuare a battere.
Da quel giorno, cacciarono insieme. Dormirono schiena contro schiena. Impararono a fidarsi, poco a poco, a modo loro. Non ci fu un “ti amo”, né un rituale. Solo compagnia, rispetto e una fedeltà che non chiedeva prove.
Con gli anni, formarono il loro branco. Ebbero cuccioli. Insegnarono ai giovani a non temere la neve né l’oscurità. Gli ululati di Fabrizio erano lunghi e profondi, come il rimbombo di un tuono tra le montagne. Quelli di Giulia, brevi e acuti, come frecce di ghiaccio nel vento.
Ma quando ululavano insieme il cielo ascoltava.
Gli scienziati dicono che i lupi ululano per il territorio o per radunare il gruppo. Ma i vecchi pastori delle Dolomiti conoscono un’altra verità: alcuni lupi ululano per amore.
Un inverno particolarmente rigido, Fabrizio non tornò da una caccia. Giulia lo cercò per giorni. Ululò ogni notte dalla roccia più alta. Ma lui non fece ritorno. Trovò solo impronte sulla neve che sparivano in un burrone.
Giulia non mangiò. Non cacciò. Saliva solo sulla roccia ogni sera e lanciava il suo ululato. Breve. Acuto. Ostinato.
Finché una notte, sotto l’aurora boreale, qualcuno rispose.
Un ululato profondo. Lontano. Riconoscibile.
I biologi dissero che era un altro maschio. Che forse voleva sfidarla o prendere il suo posto.
Ma Giulia non rispose con rabbia. Si sedette sulla roccia, chiuse gli occhi e ululò come la prima volta.
E in quel momento, i venti delle montagne tacquero. La neve smise di cadere. E un ululato doppio, perfetto, avvolse la valle come un canto sacro.
Nessuno la vide più all’alba.
I pastori trovarono la roccia vuota. Solo due impronte, una accanto all’altra, si allontanavano verso la cima. Come se due lupi uno invisibile avessero camminato insieme fino a fondersi con l’orizzonte.
Da allora, ogni inverno, quando cade la prima neve, i figli di Fabrizio e Giulia ululano al cielo. Non per paura. Non per richiamarsi.
Ma perché anche l’amore selvaggio lascia tracce anche se il vento le cancella.






