Matrimonio per Colino: Una Storia d’Amore e Destino

**Diario di Nicolò**

La mia infanzia felice finì a cinque anni, quando i miei genitori non vennero a prendermi allasilo. Tutti gli altri bambini erano già stati portati via, mentre io sedevo al tavolo, disegnando me stesso, la mamma e il papà. La maestra mi guardava e si asciugava le guance più volte. Poi si avvicinò, mi sollevò tra le braccia, mi strinse forte e sussurrò:
«Qualsiasi cosa accada, non devi aver paura, Nicolò. Devi essere forte, capisci?»
«Voglio la mamma», risposi.
«Tra poco arriveranno una zia e uno zio. Andrai con loro. Ci saranno altri bambini come te, ma tu non piangere.»
Mi abbracciò con il viso bagnato di lacrime.

Mi presero per mano e mi portarono in macchina. Quando chiesi quando avrei rivisto la mamma, mi dissero che i miei genitori erano lontani e che quel giorno non potevano venire. Mi sistemarono in una stanza con altri ragazzi come me. Ma i miei genitori non arrivarono né il giorno dopo, né quello dopo ancora. Piangevo ogni notte, finché la febbre mi colpì.

Dopo la malattia, una donna in camice bianco mi parlò con serietà. Mi spiegò che i miei genitori erano in cielo, troppo lontani per tornare. Ma mi proteggevano, mi vedevano, e volevano che fossi bravo e in salute per non farli soffrire. Io non ci credevo. Guardavo il cielo e vedevo solo nuvole e uccelli. Decisi di trovarli a ogni costo.

Iniziai a esplorare il cortile durante le uscite. Scoprii un buco dietro un cespuglio, dove le sbarre del recinto erano piegate. Non riuscivo a passarci, così cominciai a scavare. La terra era morbida, mista a sabbia, e presto il buco si allargò abbastanza da farmi strisciare fuori.

Corsi via dallorfanotrofiocosì lo chiamavano gli altrima mi persi in una città che non conoscevo. Tutte le case sembravano uguali. Poi, a un attraversamento, vidi una donna che assomigliava alla mamma. Stesso vestito a pois, stessa crocchia bionda.
«Mamma!» gridai, afferrandola.
Lei si chinò, mi scrutò, e capii che non era lei.

Nina si innamorò a ventanni, e per sempre. Con Vitale erano perfetti. Si erano conosciuti per caso, a una festa estiva, dove lui laveva invitata a ballare. Dopo pochi mesi si sposarono. Vivevano felici, ma dopo tre anni Nina scoprì di non poter avere figli. Vitale non riusciva ad accettarlo, e lei continuò a sottoporsi a cure, finché non dovettero arrendersi. Allora Vitale propose di adottare, ma Nina, per amore, gli offrì il divorzio. «Sposa unaltra», gli disse.

Lui rifiutò, così Nina escogitò un piano. Gli confessò di non amarlo più, di avere un altro uomo. Vitale non ci credette, fino a quando una notte lei non tornò allalba, profumata di vino e colonia maschile. Lui firmò i documenti.

Due mesi dopo, mentre camminava per strada, un bambino la chiamò «mamma». Il cuore di Nina sobbalzò.
«Ti sei perso, piccolo?»
«Cerco i miei genitori. Dicono che sono in cielo, ma non è vero», piagnucolai.
«Vieni, abito qui vicino. Ti offro un dolce, vuoi?»

A casa, divorai i pasticcini che aveva comprato, bevendo tè al ribes. Le raccontai tutto: i bulli che mi rubavano i dolci, gli schiaffi, le sofferenze. Nina mi chiese: «Vuoi vivere con me? Un giorno capirai, e li rivedrai, ma non ancora.» Accettai.

Chiamò lorfanotrofio e mi riportò lì, promettendo di visitarmi ogni giorno. Ma non poteva adottarmisenza marito, non avrebbe avuto il permesso. Rimpiangeva il divorzio.

Decise allora di chiedere a un collega, Stanislao, un matrimonio finto. Lui accettò, ma pretese una cena romantica «con finale». Nina si sentì violataamava ancora Vitalema quando mi vide con un livido per aver «spifferato», accettò.

Quella sera, mentre aspettava Stanislao, bussò Vitale. «Ti ho seguito», disse. «Non ho mai visto nessuno entrare da te.» Poi arrivò Stanislao, con fiori e spumante. Vitale se ne andò, furioso. Nina lo inseguì, ma lui sparì in tram.

Due anni dopo, ero in prima elementare, con un bouquet per la maestra. Accanto a me, Nina, Vitale e la mia sorellina adottiva, Marinella. Stanislao aveva confessato tutto, e Vitale aveva riportato Nina allaltare.

«Mamma, papà», sussurrai al cielo, «non arrabbiatevi se li amo. Sono temporanei, finché non vi raggiungerò.» Ora sapevo che i miei genitori erano morti in un incidente, ma la domenica andavo al catechismo e capivo cosera il cielo.

Nina aveva cercato di decidere da sola, ma il destino laveva riportata da Vitale. E alla fine, tutti furono felici.

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