Costantino, sei impazzito? Credi che ti inviti a vivere da me per i soldi? Mi fai pena, ecco tutto.
Costantino sedeva sulla sedia a rotelle e fissava la strada attraverso le finestre impolverate. Non aveva avuto fortuna: la finestra della stanza d’ospedale dava sul cortile interno, dove cera un piccolo giardino con negozietti e aiuole, ma quasi nessuno.
Per di più era inverno, e i pazienti raramente uscivano a fare una passeggiata. Costantino era solo in quella stanza. Una settimana prima avevano dimesso il suo compagno di camera, Pietro Valenti, e da allora si sentiva ancora più abbandonato.
Pietro era un ragazzo socievole, allegro, e conosceva un milione di storie diverse, che raccontava interpretando i personaggi come un vero attore. Ed era proprio un attorestudiava teatro al terzo anno.
Insomma, con Pietro era impossibile annoiarsi. In più, sua madre veniva ogni giorno, portando dolci fatti in casa, frutta e caramelle, che Pietro divideva generosamente con Costantino.
Con la sua partenza, la stanza aveva perso ogni traccia di calore, e ora Costantino si sentiva più solo e inutile che mai.
I suoi pensieri malinconici furono interrotti dallarrivo dellinfermiera. Alzando lo sguardo, si rattristò ancora di più: non era la giovane e sorridente Francesca, ma la perpetua scontrosa e perennemente insoddisfatta Rosalia Santini.
In due mesi di ospedale, Costantino non laveva mai vista ridere, nemmeno sorridere. E la sua voce era perfettamente in linea con lespressione del viso: tagliente, brusca, sgradevole, insomma.
Allora, che fai lì impalato? A letto! sbottò Rosalia, tenendo in mano una siringa carica di medicinale.
Costantino sospirò rassegnato, girò la sedia a rotelle e si avvicinò al letto. Rosalia lo aiutò con movimenti rapidi a stendersi, poi lo girò con altrettanta efficienza a pancia in giù.
Togliti i pantaloni, ordinò. Costantino obbedì e non sentì nulla. Rosalia era abile con le iniezioni, e ogni volta lui la ringraziava mentalmente.
«Chissà quanti anni ha?» pensò, osservando linfermiera che cercava con attenzione una vena sul suo braccio magro. «Devessere già in pensione. Con quella miseria di pensione, è costretta a lavorare, ecco perché è così arrabbiata».
Intanto Rosalia infilò lago nella vena pallida e quasi invisibile, facendolo sobbalzare appena.
Fatto. È passato il dottore oggi? chiese inaspettatamente, già pronta ad andarsene.
No, non ancora, scosse la testa Costantino, forse più tardi
Aspetta allora. E non stare alla finestra, che ti prendi un colpo daria, sei già secco come unacciuga, disse Rosalia uscendo dalla stanza.
Costantino avrebbe voluto offendersi, ma non poteva: nelle parole dellinfermiera, oltre alla solita rudezza, cera una specie di premura diretta, quasi affettuosa. Per quanto strana, era lunica che avesse mai avuto
Costantino era un orfano. I suoi genitori erano morti quando aveva quattro anni. Nella loro casa di campagna era scoppiato un incendio, e lui era lunico sopravvissuto.
Di quel giorno gli rimaneva una cicatrice sulla spalla e sul polso, mal rimarginata: sua madre, per salvarlo, laveva lanciato dalla finestra in un cumulo di neve pochi attimi prima che il tetto in fiamme crollasse, seppellendo tutta la famiglia.
Così era finito in un orfanotrofio. Parenti ne aveva, certo, ma nessuno si era offerto di prenderlo con sé.
Dalla madre aveva ereditato un carattere dolce, sognatore, e gli occhi verdi luminosi; dal padre, lalta statura, il passo veloce e il talento per la matematica.
Dei genitori ricordava poco, solo brevi frammenti come spezzoni di pellicola: lui con la madre a una festa di paese, che rideva e sventolava una bandierina; oppure sulle spalle del padre, col vento caldo dellestate che gli accarezzava le guance.
Ricordava anche un grosso gatto rosso, che si chiamava Micio o forse Tigro A parte i ricordi, non gli era rimasto nulla: nemmeno lalbum di fotografie di famiglia, bruciato in quellincidente maledetto.
Nessuno veniva a trovarlo in ospedalenon cera nessuno. A diciotto anni, lo Stato gli aveva assegnato una stanza luminosa in un dormitorio, al quarto piano.
Vivere da solo gli piaceva, ma a volte la solitudine era così pesante che avrebbe voluto piangere. Col tempo ci si era abituato, trovando persino dei lati positivi.
Ma il passato nellorfanotrofio ogni tanto tornava a farsi sentire: vedendo bambini con i genitori ai giardini, al supermercato, per strada, Costantino veniva assalito da pensieri amari
Dopo le superiori avrebbe voluto andare alluniversità, ma non aveva ottenuto abbastanza punti. Era finito in un istituto tecnico. Lì si era trovato bene, e la materia gli piaceva.
Ma con i compagni non era riuscito a legare: timido e riservato, non interessava a nessuno. E poi, cosa poteva dire a ragazzi che preferivano feste e videogiochi ai suoi libri e riviste scientifiche?
Qualche chiacchiera la facevano, ma sempre e solo di studio. Lo stesso con le ragazze: la sua timidezza non rientrava tra le qualità maschili apprezzate, quando cerano pretendenti più spigliati e loquaci.
In più, a diciotto anni e mezzo sembrava un sedicenne. Presto era diventato la pecora nera del gruppo, ma a lui, a quanto pareva, non importava.
Due mesi prima, correndo su un marciapiede ghiacciato per non arrivare tardi a lezione, era scivolato in una galleria e si era rotto entrambe le gambe. Le fratture erano complicate, la guarigione lenta e dolorosa, ma nelle ultime settimane stava migliorando.
Sperava di essere dimesso presto, ma con quella speranza arrivava anche lansia: nel palazzo dove viveva non cera ascensore né strutture per disabili. E con la sedia a rotelle, a giudicare dai tempi, ci sarebbe rimasto ancora a lungo
Dopo pranzo arrivò il dottor Marco Bianchi, lortopedico.
Dopo aver visitato le gambe e controllato le radiografie, annunciò:
Bene, Costantino, buone notizie: le tue fratture stanno finalmente guarendo come dovrebbero. Tra qualche settimana potrai usare le stampelle. Non ha più senso tenerti qui, continuerai la terapia in ambulatorio. Fra unora ti porteranno i documenti e sarai libero. Qualcuno verrà a prenderti?
Costantino annuì in silenzio.
Perfetto. Chiamo Rosalia, ti aiuterà con le cose. Stammi bene, e cerca di non rivederci troppo presto.
Ci proverò.
Il medico gli strizzò locchio e uscì, lasciando Costantino a riflettere freneticamente su come cavarsela ora. I suoi pensieri furono interrotti da Rosalia.
Che fai lì? Ti dimettono, gli porse lo zaino sotto il letto, preparati. Nina sta per venire a cambiare le lenzuola.
Costantino infilò le sue cose nello zaino, notando lo sguardo attento dellinferm