Il padre ha notato un livido sotto l’occhio della figlia e ha fatto una telefonata – la vita del genero è stata distrutta.

Marco notò un livido sotto l’occhio di sua figlia e fece una telefonata. La vita del genero sarebbe cambiata per sempre.

Giulia era sulla soglia di casa, salutando i genitori con il suo solito sorriso tranquillo. Solo un occhio nero e lucido tradiva largomento che non voleva discutere.

«Mamma, va tutto bene, non preoccuparti», disse in fretta, notando lo sguardo attento della madre.

Maria Antonietta sospirò profondamente. «È la tua vita, figlia mia. Devi vivere come credi…»

Suo padre, invece, non salutò nemmeno il genero. Si avvicinò lentamente alla finestra e fissò nel vuoto, come se non avesse sentito la figlia borbottare qualcosa su un armadio e il buio.

«Ieri sera… sono inciampata per sbaglio. Dai, mamma, sto bene, e anche Luca!»

Bene? Giulia ricordava perfettamente cosa era successo la sera prima. Luca, sempre irascibile, non si era limitato a urlare. Quando aveva deciso di dirgli quanto ne avesse abbastanza, lui laveva afferrata per il colletto del pigiama con tanta forza da strapparglielo.

«Cosa, puttana, non ricordi a chi devi la tua vita?!», aveva urlato, scuotendola. «Hai dimenticato come ti riportavo a casa dalle serate con le tue amiche quando scappavi da me per quel Matteo? Hai dimenticato chi ti ha amata, stupida? Ti ho portata in braccio!»

E poi, un pugno forte. Da uomo. Stelle le erano apparse davanti agli occhi, poi il dolore… E Luca che continuava a gridare oscenità.

«Sì, figlia, ho capito. Armadio… buio», mormorò la madre, anche se sapeva benissimo cosera successo.

E si sentiva in colpa. Era stata lei a spingere Giulia a sposare Luca! Era stata lei a allontanare Matteo, convinta che fosse una cattiva influenza.

«E il tuo armadio, a giudicare da tutto, ha i pugni», disse Maria Antonietta con sarcasmo, lanciando unocchiata al genero.

Marco non si voltò mai dalla finestra. Uscì sul balcone a fumare. A differenza di sua moglie, non aveva mai approvato Luca. Sembrava… superficiale. Egoista e vuoto. Sì, veniva da una famiglia benestante, con appartamento, macchina e contatti. Ma era marcio dentro.

E ora quella marcescenza era emersa: un livido sotto locchio di sua figlia.

Certo, Marco avrebbe potuto afferrare il genero per i revers e dargli uno schiaffo memorabile. Ma non avrebbe risolto nulla. Così rimase sul balcone.

Sapeva che avrebbe sistemato le cose a modo suo. E sapeva già come.

Passò molto tempo al telefono, quel pomeriggio…

Intanto, Giulia offrì un caffè alla madre e chiacchierarono del più e del meno. Mezzora dopo, i genitori se ne andarono.

Luca, che si aspettava rimproveri e scenate, si rilassò. Si sedette sul divano, aprì una birra e sorrise. Nella sua mente, il silenzio dei suoceri era un tacito assenso. La famiglia è famiglia, e un livido è solo un livido. Nessuno si sarebbe immischiato.

«Vedi, Giuli, te lavevo detto che tutto si sarebbe sistemato!», disse soddisfatto. «I tuoi genitori sono persone normali, ragionevoli. Non come te… Ieri mi hai provocato! Ho bevuto un po, e allora?»

Prese un sorso di birra e allungò la mano verso le patatine.

La gioia durò poco.

Non era passata nemmeno mezzora quando qualcuno bussò alla porta. Non suonò il campanello: bussò con decisione. Quel rumore secco fece sobbalzare Luca.

Andò alla porta, guardò dallo spioncino… e impallidì.

Matteo era sulla soglia. Il suo rivale. Lex di Giulia. Quello che quasi laveva sposata, ma poi aveva lasciato perdere. Bello, alto, sicuro di sé. Con un cappotto elegante e quellaria che faceva tremare le donne e incazzare gli uomini.

«Che vuoi?», ringhiò Luca, aprendo la porta quel tanto che bastava per mostrare la sua irritazione.

«Scansati», disse Matteo con calma, spostandolo con una spinta.

Luca barcollò come un burattino.

Giulia si alzò dal divano, gli occhi sgranati.

«Matteo…»

«Sbrigati, vestiti», disse lui, conciso. «Se vuoi, veniamo da me. Se vuoi, andiamo dai tuoi. Ma perché dovresti restare con questo fallito?»

«Chi chiami fallito, idiota?», sbottò Luca, ma rimase nellangolo come inchiodato.

Aveva i suoi motivi per temere Matteo.

«Ti ho chiamato, Lucino. Proprio te», sorrise Matteo. «Non volevo immischiarmi, davvero. Ma quando tuo suocero un uomo perbene, tra laltro mi ha detto che la picchiavi… beh, allora ho deciso di agire.»

«Di… di cosa stai parlando?!», biascicò Luca.

«Non ho fatto tutto da solo, ovvio», rise Matteo. «Il locale che affitti per il tuo club appartiene a un mio amico. Un amico molto influente. In ogni caso, riceverai una notifica: il contratto non sarà rinnovato. Hai capito? Ti è già arrivata in ufficio.»

Luca sembrò afflosciarsi.

«In più, ho calcolato gli arretrati dellaffitto per sei mesi. Ti ricordi quando ti dissero che il prezzo sarebbe aumentato non appena il club avesse iniziato a fare profitto? Beh, è successo sei mesi fa. E la notifica era lì, sulla tua scrivania semplicemente non lhai letta. Io e Michele abbiamo aspettato che il debito crescesse. Con gli interessi, le penali… capisci? Ora hai un debito. Grande e brutto. Vuoi sapere quanto?»

Matteo si chinò verso Luca:

«E so che non hai un euro per pagarlo. Avresti dovuto spendere meno tempo a ubriacarti con le tue amichette.»

Luca crollò sulla sedia come uno straccio.

«Questa… questa è una trappola!», balbettò. «Tu… tu hai messo quei documenti!»

«Pensa quello che vuoi», scrollò le spalle Matteo. «Puoi anche fare causa. Ma il tuo avvocato, guarda caso, si è dimesso. O forse lhai licenziato tu? Chi ti difenderà ora? Il tuo barista col piercing al naso?»

Luca aprì la bocca, ma non uscì una parola.

«Giulia, andiamo. Non portare niente. Ti comprerò tutto quello che ti serve. E quello che hai qui… non lo meriti. Solo stracci da mercatino.»

«Matteo, aspetta», disse Giulia, confusa. «Tutto questo è… troppo veloce. Non capisco…»

«Veloce è quando prendi un pugno in faccia e cerchi ancora scuse per chi te lha dato. Tutto il resto è già troppo lento.»

Matteo le tese la mano, e lei la prese.

«Siete pazzi?!», urlò Luca. «Questa è casa mia! Mia moglie!»

«Moglie?», rise Matteo. «Tu sei suo marito? Quello che la picchia e poi si nasconde dietro a una birra e alla TV? Non sei un uomo, Luca. Sei solo un perdente. Urlante, patetico… niente. Non osi nemmeno colpirmi in faccia.»

«Ma io… io…», balbettò Luca.

«Di che parli? Vuoi andare in tribunale? A raccontare del livido che ti

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