Assumetti Bogdan un’auto per riportare a casa la moglie dall’ospedale, con l’aiuto del vicino la portammo in casa. ‘Andrà tutto bene,’ la consolavo, ‘basta che tu viva. Parla con me, anche solo seduta. Basta che tu viva.’

Era una fresca mattina quando Lorenzo noleggiò unauto per riportare a casa sua moglie appena dimessa dallospedale. Con laiuto di un vicino, la portò dentro la loro umile casa in campagna. *«Stai tranquilla, amore mio,»* sussurrò, accarezzandole i capelli, *«limportante è che tu sia viva. Parla con me, resta qui con me. Non importa nientaltro. Farò tutto io, ma non lasciarmi, mia piccola colomba»*
Aveva 35 anni quando Lucia pensò che non avrebbe mai conosciuto la felicità di una donna, ma il destino aveva altri piani. Si erano incontrati quando entrambi avevano ormai quasi quarantanni. Lorenzo era rimasto vedovo da tre anni, mentre Lucia non si era mai sposata, ma aveva avuto un figlio da giovane. *«Una figlia per sé,»* diceva la gente.
Da ragazza, si era innamorata di un bel moro di nome Marco, che le aveva promesso mari e monti. Ma le sue parole erano vuote. Scoprì troppo tardi che lui, venuto dalla città, aveva già una famiglia. La moglie di Marco arrivò persino a supplicarla di non distruggere il loro matrimonio. Lucia, ingenua e inesperta, cedette. Ma decise di tenere la bambina.
Nacque così Alessandra, che diventò la sua unica gioia. Cresciuta con amore, la ragazza studiò bene e, finita la scuola, si iscrisse a economia. Lorenzo faceva spesso visita a Lucia, chiedendole di vivere insieme. Lei esitava, anche se lui le piacevasi vergognava un po di quel passato e di quella felicità che sembrava sempre sfuggirle.
Una sera, Alessandra parlò con la madre: *«Mamma, tanto io vado via. Zio Lorenzo è un uomo per bene. Limportante è che tu sia felice.»* Anche il figlio di Lorenzo era daccordo.
E così si sposarono, con una festa semplice in paese. Lucia lavorava nella biblioteca comunale, Lorenzo come agronomo. Facevano tutto insieme: lorto, il pollaio, le conserve. Si volevano bene, ma Dio non concesse loro figli.
I loro ragazzi si sposarono a loro volta, e arrivarono i nipotini. Ogni festa, preparavano cestini con uova, formaggio, salumi e verdure dellorto. La casa si riempiva di risate, e loro, seduti a tavola, sorridevano felici.
Ma la sera, prima di addormentarsi, ognuno pensava in silenzio: *«Che io non sia il primo a rimanere solo»*
Gli anni passarono, e un giorno il male bussò alla porta. Mentre Lucia preparava il minestrone, crollò a terra. Lorenzo, col cuore in gola, chiamò lambulanza. Lictus le aveva tolto luso delle gambe.
Alessandra e suo marito vennero a trovarla, lasciarono dei soldi per le medicine, e se ne andarono. Lorenzo noleggiò di nuovo unauto per riportarla a casa. *«Andrà tutto bene,»* la rassicurava, *«basta che tu sia qui con me.»*
La accudì con dedizione. Dopo un mese, riuscì a muoversi sulla sedia a rotelle. Sbucciavano le patate, sgranavano i fagioli, impastavano il pane. La sera, parlavano del futuro. *«Linverno arriva e io non ho più la forza per spaccare la legna,»* sospirava lui.
*«Forse i ragazzi ci potrebbero ospitare,»* sperava Lucia.
Ma quando arrivarono, la nuora, Sofia, dopo aver guardato in giro, annunciò: *«Dovremo separarvi. Prenderemo mamma la settimana prossima. Preparerò una stanza.»*
Lorenzo impallidì. *«E io? Non ci siamo mai lasciati»*
*«Prima era diverso,»* rispose Sofia, senza mezzi termini. *«Adesso non potete più badare a voi stessi.»*
Se ne andarono, lasciandoli immersi nella disperazione. Ogni notte, sognavano di non svegliarsi più.
La settimana dopo, i figli tornarono per preparare le valigie. Lorenzo si sedette accanto al letto di Lucia, le prese la mano, e pianse. *«Perdonami, amore qualche sbaglio labbiamo fatto. Ci trattano come gattini randagi Ti amo.»*
Lucia voleva accarezzargli il viso, ma non ne ebbe la forza.
La portarono via avvolta in una coperta, i piedi davanti. *«Simbolico,»* pensò, senza opporsi.
Non arrivò alla sera.
Una settimana dopo, nel giorno della Madonna del Rosario, si ritrovaronofinalmentedallaltra parte.

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Assumetti Bogdan un’auto per riportare a casa la moglie dall’ospedale, con l’aiuto del vicino la portammo in casa. ‘Andrà tutto bene,’ la consolavo, ‘basta che tu viva. Parla con me, anche solo seduta. Basta che tu viva.’