Mia moglie Chiara è morta cinque anni fa. Ho cresciuto da solo nostra figlia Ginevra. Siamo andati al matrimonio del mio migliore amico, Luca, per festeggiare un nuovo inizio.
La sala delle feste brillava di luci ambrate, quel tipo di calore che rende tutto più indulgente, più romantico. Mia figlia, Ginevra, mi stringeva la mano mentre camminavamo tra le file di sedie bianche. A dieci anni, aveva gli stessi grandi occhi nocciola di sua madre e la stessa piccola piega tra le sopracciglia quando era curiosa. Per anni, eravamo stati solo noi due da quando mia moglie, Chiara, era morta in un incidente dauto. Cinque anni di aggiustamenti, di lutto, di ricostruzione. E quella sera doveva essere una celebrazione di nuovi inizi. Il mio migliore amico, Luca Bianchi, aveva finalmente trovato la donna che voleva sposare.
Luca era stato la mia roccia quando Chiara se nera andata. Era lui che mi aveva aiutato a trasferirmi in una villetta più piccola nella periferia di Milano, che aveva sistemato il rubinetto che perdeva, che aveva badato a Ginevra quando dovevo lavorare di notte allospedale. Era più un fratello che un amico, e quando mi disse che si sarebbe sposato, fui sinceramente felice per lui.
La cerimonia iniziò con un dolce suono di pianoforte. Gli ospiti si alzarono quando la sposa entrò, il viso nascosto sotto un velo fluente. Ginevra appoggiò la testa sul mio braccio, sussurrandomi quanto fosse bello labito. Annuii, sorridendo, anche se uninquietudine strana mi serrò il petto. Il modo in cui la sposa si muovevaqualcosa nel suo passo, nellinclinazione delle spallemi era familiare, ma non riuscivo a capire perché.
Poi Luca sollevò il velo.
Mi mancò il respiro. Le ginocchia quasi cedettero. Perché a fissarmi cera Chiara. Mia moglie. La donna che avevo sepolto cinque anni prima.
Rimasi pietrificato, incapace di sbattere le palpebre, incapace di respirare. Il mondo intorno a me si sfocògli applausi, i sospiri ammirati, la voce del pretenulla di tutto ciò aveva più senso. Vidi solo lei. Il volto di Chiara, gli occhi di Chiara, il suo sorriso appena accennato.
“Papà,” Ginevra mi tirò la manica, la sua vocina penetrando la nebbia. “Perché la mamma sposa zio Luca?”
La bocca mi si seccò. Le mani mi tremavano così forte che quasi lasciai cadere il programma del matrimonio.
Non poteva essere. Chiara era morta. Avevo visto il relitto, identificato il suo corpo, firmato il certificato di morte. Avevo pianto al suo funerale. Eppure, eccola lì, in bianco, che stringeva le mani di Luca.
La sala improvvisamente sembrò troppo stretta, troppo soffocante. Gli ospiti si avvicinarono, sussurrando dietro le mani, alcuni lanciandomi occhiate di traverso.
Non sapevo se stessi perdendo la ragione o se fossi lunico a vedere limpossibile.
Il mio primo istinto fu di alzarmi e urlare. Di pretendere risposte, di fermare il matrimonio prima che andasse avanti un altro secondo. Ma le dita di Ginevra si strinsero alle mie, ancorandomi. Non potevo fare una scenanon davanti a lei, non lì. Mi costrinsi a restare seduto mentre la cerimonia proseguiva, ogni parola dei voti che mi trafiggeva come vetro.
Quando lofficiante finalmente li dichiarò marito e moglie e Luca baciò la sposa, sentii la bile salirmi in gola. La gente applaudì, esultò, asciugò lacrime di gioia. Io, invece, rimasi rigido e tremante, la mente che correva in cerchi senza fine.
Al ricevimento, evitai il tavolo degli sposi. Mi aggirai vicino al bar, distraendo Ginevra con torta e aranciata mentre i miei occhi non si staccavano mai dalla coppia. Da vicino, la somiglianza era ancora più sconcertante. La sposa rideva con il suo nuovo marito, la voce quasi identica a quella di Chiaraanche se forse un po più profonda, più misurata.
Non potevo più reggere. Chiesi a una damigella il nome della sposa.
“Si chiama Giulia,” disse allegramente. “Giulia Rossi. Ha conosciuto Luca un paio di anni fa a Bologna, credo.”
Giulia. Non Chiara. Il mio cervello si aggrappò a quel dettaglio. Ma perché Giulia somigliava così tanto alla mia defunta moglie?
Più tardi, quella sera, Luca mi trovò fuori sulla terrazza. “Matteo, tutto bene? Sei stato silenzioso.”
Cercai di nascondere la tempesta dentro di me. “Assomiglia assomiglia troppo a Chiara.”
Luca aggrottò la fronte, inclinando la testa. “Sì, lho pensato anche io quando ci siamo conosciuti. Mi ha sconvolto. Ma Giulia non è Chiara, amico. Lo sai.”
Deglutii a fatica. “Ginevra lo sa?”
“È confusa. Immaginavo potesse esserlo.” Luca mi mise una mano sulla spalla. “Ascolta, io e teabbiamo passato linferno. Non ti farei mai del male. Giulia non è Chiara. È una persona diversa. Dacci tempo.”
Ma il tempo non placò linquietudine. Quando Giulia venne a salutarci, si abbassò allaltezza di Ginevra, sorridendo con dolcezza. “Tu devi essere Ginevra. Tuo papà parla sempre di te.”
Ginevra la fissò. “Hai la voce della mamma.”
Giulia si bloccò per un attimo prima di riprendersi. “Be, sono onorata.”
Lo sguardo nei suoi occhi mi perseguitòcome se nascondesse qualcosa. E in quel momento capii che non potevo lasciar correre.
Nelle settimane seguenti, non riuscii a dormire. Mi ritrovai a frugare tra vecchi album di foto, fissando il viso di Chiara, confrontando ogni dettaglio con quello di Giulia. La stessa struttura ossea, la stessa piccola cicatrice sopra il sopracciglio destro, lo stesso fossetto sulla guancia sinistra. Troppo per essere una coincidenza.
Assoldai un investigatore privato. Se Giulia era chi diceva di essere, i documenti lo avrebbero dimostrato. In pochi giorni, linvestigatore tornò con i risultaticertificato di nascita, registri scolastici, patente di guidatutto in regola. Giulia Rossi, nata a Napoli, 1988. Niente la legava a Chiara.
Eppure, non ero soddisfatto. Volevo la verità. Un pomeriggio, quando Luca ci invitò a cena, riuscii finalmente a parlare con Giulia in cucina.
“Chi sei veramente?” chiesi a bassa voce, stringendo il bancone per non vacillare.
Si irrigidì. “Matteo, te lho già detto”
“No. Non sei solo Giulia. Hai la stessa cicatrice di Chiara, la stessa risata, lo stesso” La voce mi si spezzò. “Non dirmi che è una coincidenza.”
I suoi occhi si ammorbidirono, e per un attimo pensai che avrebbe confessato. Ma invece sussurrò: “Le persone elaborano il lutto in modi strani. Forse stai solo vedendo quello che vorresti vedere.”
Quella notte me ne andai più scosso che mai.
Il punto di rottura arrivò quando Ginevra fece un incubo e mi chiamò. Mi disse che Giulia era entrata nel suo sogno e laveva sistemata nel let