– Non cucino più per tutti! Solo per me e per Anna. – E perché mai? – si è indignato Niccolò. – Perché in questa famiglia, ho capito, ognuno pensa solo a sé stesso. E allora vivete così!

” Non cucino più per tutti! Solo per me e per Annina. E perché mai? si indignò Nicola. Perché in questa famiglia, ho capito, ognuno pensa solo a sé stesso. Vivete pure così!

Mamma, dovè la mia colazione? Ginevra irruppe nella camera da letto senza bussare. Farò tardi a scuola!

Nina cercò di alzarsi, ma la testa le girava. Il termometro segnava trentotto e mezzo. La gola le bruciava, il petto le fischiava.

Ginevra, sto male Prendi qualcosa dal frigo.

Non cè niente! Solo gli yogurt per la piccola! La figlia era sulla porta, a braccia conserte. Pensi sempre solo a lei!

Dalla cameretta si sentì un pianto. Annina si era svegliata. Nina si costrinse ad alzarsi. Le gambe le cedevano, davanti agli occhi le ballavano cerchi.

Nina, dovè la mia camicia? Nicola sbucò dal bagno. Quella a righe blu?

Dovrebbe essere nellarmadio

Non cè! Lhai stirata ieri?

Nina si appoggiò al muro. Il giorno prima aveva passato la giornata con la febbre, cercando di badare alla più piccola.

No, non ho fatto in tempo.

Cavolo! Ho una riunione importante! Luomo sbatté la porta del bagno, irritato.

Annina piangeva sempre più forte. Nina si trascinò nella cameretta, prese la bambina in braccio. La piccola si aggrappò a lei, singhiozzando.

Mamma! la voce di Ginevra dalla cucina. Non cè proprio niente! Nemmeno il pane!

I soldi sono sul tavolo, comprati qualcosa per strada.

Non ho tempo di fermarmi al negozio! Ho un compito in classe! E poi, è tuo dovere occuparti dei pasti!

Nina tacque e andò in cucina, tenendo Annina in braccio. Tirò le polpette dal freezer, mise una padella sul fuoco.

E cuoci anche la pasta! ordinò Ginevra, fissando il telefono.

Mentre preparava la colazione, Nicola uscì dalla camera con la camicia stropicciata.

Ho dovuto mettere questa. Sembro un barbone. Grazie mille!

Nina non rispose. Parlare le faceva male, e non aveva nemmeno la forza per spiegarsi.

Oggi è il compleanno di Beatrice annunciò Ginevra, versandosi la pasta. Dopo scuola vado da lei. Tornerò tardi.

Ginevra, sto davvero male. Potresti rimanere a casa? Darmi una mano con tua sorella?

Ma certo, figurati! Aspetto questa festa da sei mesi! E poi, non sono io che ho chiesto una sorella! Sono problemi vostri!

La figlia afferrò lo zaino e uscì sbattendo la porta.

Nicola finì di mangiare, scorrendo le notizie sul telefono.

Nicola, potresti tornare prima oggi? Mi sento davvero male.

Non posso. Dopo lavoro cè lhappy hour con i colleghi. Doveri, sai comè.

Ma sono ammalata

Be, prendi qualcosa. Paracetamolo o roba simile. Non sei a letto, no? Arrangiati.

Le diede un bacio sulla tempia calda, umida di sudore e se ne andò.

Nina rimase sola con la figlia di tre anni. Annina chiedeva attenzione, cibo, giochi. Nina faceva tutto automaticamente, sentendo le forze abbandonarla.

A pranzo la febbre salì a trentanove. Nina riuscì a malapena a dar da mangiare alla bambina, la mise a dormire e crollò sul divano. La testa le martellava, il cuore le batteva forte.

Il telefono vibrò. Un messaggio di Ginevra: “Mamma, dammi i soldi per il regalo a Beatrice. Subito!”

Nina non rispose. Non aveva nemmeno la forza di prendere il telefono.

La sera, il primo a rientrare fu Nicola. Alticcio, allegro, con un sacchetto del supermercato.

Ho preso birra e patatine! Stasera cè la partita! Si lasciò cadere sul divano, accendendo la TV.

Nicola, dai da mangiare ad Annina, per favore. Non riesco ad alzarmi.

Così male? finalmente guardò la moglie. Perché sei così rossa?

Ho la febbre alta. Tutto il giorno

Be, se stai davvero male chiama il dottore. Dovè Annina?

A letto. Si sveglierà presto.

Va bene, le do da mangiare. Ma prima che si svegli.

La bambina si svegliò mezzora dopo. Piangeva, chiamava la mamma. Nicola si staccò a malincuore dalla TV, la prese in braccio.

Perché piangi? Vieni da papà!

Ma la piccola si divincolava, cercando la mamma, e piangeva ancora più forte. Nicola si perse.

Nina, vuole te!

Dalle un biscotto dalla credenza. E del succo.

Dove? Non li trovo!

Dovette alzarsi. La stanza le girò, appena in tempo per aggrapparsi al muro. Nina prese i biscotti, versò il succo nel bicchiere. Annina si calmò un po.

Ginevra tornò dopo mezzanotte. Nina era ancora sveglia la febbre non la lasciava dormire.

Perché non hai risposto al messaggio? attaccò subito la figlia. Ho dovuto chiedere i soldi alla mamma di Beatrice! Che vergogna!

Ginevra, ho avuto la febbre tutto il giorno

E allora? Non potevi prendere il telefono? Due secondi!

Il mattino dopo, Nina si svegliò perché Nicola la scuoteva per una spalla.

Nina, alzati! Devo andare a lavoro, e Annina strilla!

La febbre era calata, ma la debolezza rimaneva. Nina si alzò, prese la bambina, iniziò a vestirla.

E la colazione? chiese il marito.

Falla tu. Io porto Annina allasilo.

Io? Ma non so fare niente! E non ho tempo!

Imparerai.

Qualcosa nella sua voce fece tacere Nicola. Borbottò qualcosa e andò in cucina.

Quando Nina tornò dallasilo, la casa era un disastro. Piatti sporchi, vestiti in giro, il letto sfatto. Di solito iniziava subito a pulire. Ma non quel giorno.

Fece la doccia, bevve un tè e si mise a letto.

La sera, la famiglia si ritrovò a cena. O meglio, davanti a un tavolo vuoto.

Mamma, cosa si mangia? chiese Ginevra.

Non lo so. Quello che preparerete.

Cioè? La figlia spalancò gli occhi.

Esatto. Non cucino più per tutti. Solo per me e Annina.

Ma perché? Nicola si arrabbiò.

Perché in questa famiglia, ho capito, ognuno pensa solo a sé stesso. Vivete così!

Nina, ma che dici? Il marito cercò di abbracciarla, ma lei si scostò.

Sono stanca di fare la serva! Ieri mi avete dimostrato che per voi sono solo personale di servizio. Gratuito.

Mamma, io ho chiesto scusa! mentì Ginevra.

No, non lhai fatto. E nemmeno tuo padre. Nessuno mi ha chiesto come stavo.

Va bene, scusa! borbottò la figlia. E adesso, dobbiamo morire di fame?

Il frigo è pieno. Avete le mani. Cucinatevi.

La

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