“È arrivata tua mamma, preparati.”
Si dice che ogni bambino in orfanotrofio aspetti queste parole. Ma Giulia trasalì, come se avesse ricevuto uno schiaffo.
“Dai, sbrigati, perché rimani seduta?”
Elena Vittoria la fissava, senza capire perché la ragazzina non mostrasse gioia. La vita in orfanotrofio non era certo facile, e molti scappavano pur di non restarci. E invece Giulia veniva riportata a casa sua, eppure non sembrava felice.
“Non voglio andare,” mormorò, voltandosi verso la finestra. La sua amica Lucia la guardò di sottecchi, ma non disse nulla. Nemmeno lei capiva quella reazione. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare a casa, ma nessuno la voleva.
“Giulia, ma che cè?” chiese Elena Vittoria. “Là cè tua mamma che ti aspetta.”
“Non voglio vederla. Non voglio tornare da lei.”
Le altre ragazze ascoltavano curiose, ed Elena Vittoria capì che quella conversazione non era adatta a orecchie estranee.
“Vieni con me.”
La portò in un ufficio e la osservò con compassione.
“Tua madre ha commesso molti errori, è vero. Ma sta cercando di rimediare. Altrimenti non le avrebbero permesso di riprenderti.”
“Pensa che sia la prima volta?” Giulia sbuffò e scosse la testa. “È già la seconda volta che finisco in orfanotrofio. La prima volta che mi riprese, fece finta di essere cambiata. Nascose le bottiglie, pulì casa, comprò del cibo, trovò un lavoro. Quando vennero a controllare, sembrava tutto a posto. Poi mi riportarono a casa, e lei ricominciò. Mi vuole solo per gli aiuti economici.”
“Giulia, ma io non posso farci nulla. E poi, a casa sarà comunque meglio…” cercò di convincerla Elena Vittoria.
“Meglio?! Sa cosa significa patire la fame? Andare a scuola con scarpe rotte quando fuori ci sono meno dieci gradi? O nascondersi in camera, pregando che gli amici ubriachi di mia madre non entrino? Perché non le tolgono la patria potestà, una volta per tutte?!”
Le lacrime le rigavano il viso. Sì, lorfanotrofio non era il paradiso, ma almeno lì aveva da mangiare e un letto sicuro. A casa no.
“Non posso aiutarti,” sospirò leducatrice.
Le dispiaceva davvero. Giulia era intelligente, vivace, cosa rara in quei luoghi. Forse anche sua madre, prima di affogare nellalcol, era stata una donna interessante. Eppure, in sette anni di lavoro, era la prima volta che incontrava un bambino che non voleva tornare a casa.
“E se vivessi da sola?” chiese Giulia. “Potrei lavorare, affittare una stanza.”
“Solo quando sarai maggiorenne,” rispose Elena Vittoria.
“Ho quasi sedici anni! Sono già grande!”
Anche Elena Vittoria pensava che Giulia fosse matura per la sua età. Ma non poteva far nulla.
“Purtroppo, devi essere sotto la custodia di un adulto. Forse cè qualcun altro che potrebbe prendersi cura di te?” chiese. “E magari far revocare i diritti a tua madre.”
“Non ho nessuno… Quando cera nonna, si tirava avanti, ma ora è impossibile.”
“E tuo padre?”
“Ubriacone… Morto.”
Lo disse con freddezza, come se fosse normale. E per lei lo era.
“Non aveva parenti?”
Giulia ci pensò.
“Cera sua madre, credo, ma non la conosco. Non parlava con suo figlio. E capisco perché,” fece un mezzo sorriso. “Anchio lo avrei fatto.”
“Ascolta,” si avvicinò Elena Vittoria, “prova a stare con tua madre, intanto io indago su tua nonna. Daccordo?”
Giulia annuì. Che scelta aveva?
Naturalmente, sua madre inscenò uno spettacolo. Si gettò su di lei, piangendo, chiedendo perdono, abbracciandola.
Ma Giulia rimase impassibile. Sapeva che, una volta a casa, sarebbe tornata la solita vita.
E così fu. Il primo giorno resistette, il secondo tornò con lalcol.
Tutto ricominciò. La madre beveva, perse il lavoro. Giulia viveva di nuovo nellinferno.
Una notte, un ubriaco entrò nella sua stanza. A fatica, lo cacciò. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Fortunatamente, Elena Vittoria le aveva lasciato il suo numero. La chiamò. Disse che poteva tornare in orfanotrofio o finire in strada.
“Ho trovato tua nonna,” disse Elena Vittoria. “Proverò a parlarle. Se accetta e ha i requisiti, potrà prendersi cura di te.”
Giulia volle accompagnarla. Non conosceva quella donna, ma sperava che non la cacciasse. Le bastava aspettare due anni, poi sarebbe stata libera.
Ad aprirle la porta fu una signora sulla sessantina, elegante e austera.
“Cosa volete?” chiese.
“Antonella Marchetti?” chiese Elena Vittoria.
“Sì, sono io.”
“Sono sua nipote,” intervenne Giulia. A che serve tergiversare?
“Cosa?”
“Sono la figlia di suo figlio.”
“Capisco. E come posso aiutarvi?” Antonella rimaneva impassibile.
“Possiamo parlare?” intervenne Elena Vittoria, prima che Giulia potesse dire altro.
“Va bene. Ma brevemente. Devo prepararmi per il lavoro.”
Antonella servì loro del tè. A volte guardava Giulia come se fosse un alieno, ma non le rivolgeva la parola.
Intanto, Elena Vittoria spiegò la situazione.
“Vede, sua nipote probabilmente tornerà in orfanotrofio. Ma lei potrebbe prendersi la tutela.”
“E perché dovrei?” chiese Antonella.
“Be… è sua nipote.”
“Non la conosco. E, sinceramente, non ho voglia di farlo. Mio figlio mi ha fatto soffrire abbastanza. Vorrei dimenticare tutto.”
“Capisca, Giulia vive in condizioni terribili, potrebbe…”
La ragazza interruppe.
“Antonella Marchetti, non mi conosce, e io nemmeno lei. E, onestamente, non voglio neanche provarci. Anche io vorrei dimenticare i miei genitori. Ma la legge non me lo permette. Sono ancora minorenne. Però le assicuro che non le chiedo nulla. Solo dei documenti e un posto dove stare fino alla maggiore età. Finisco la terza media, poi cercherò lavoro. Certo, vorrei studiare ancora, quando sarò indipendente. Ma ora servono soldi. Mi pagherò tutto, persino il cibo. I sussidi che riceverà per me saranno suoi. Non li voglio. Se avessi altri parenti, non sarei qui.”
Elena Vittoria le lanciò unocchiata di rimprovero. Ma Antonella sembrò colpita.
“Dicono che i figli degli alcolisti siano ritardati. Ma non è il tuo caso. Quindi, vivresti con me due anni, poi te ne andresti?”
“Glielo prometto.”
“Va bene. Accetto. Ma ci sono regole: non chiamarmi nonna, non toccare le mie cose, non portare amici a casa. Chiaro?”
“Chiaro.”
Elena Vittoria parlò con chi di dovere, e la madre di Giulia ricevette unispezione. Questa volta, però, presentarono ricorso per la revoca della patria potestà. Antonella, compilati i documenti, divenne la tutrice di Giulia.
Nonostante la faccia tosta, Giulia aveva paura. Mancavano due mesi alla fine della scuola, non aveva soldi. E se Antonella davvero non lavesse sfamata?
Ma la prima sera, Antonella la