– Se il bambino assomiglierà a lui… rinuncerò! Gli darò la vita e poi dirò addio! – disse Lera con voce spenta

” Se il bimbo assomiglierà a lui lo lascerò gli darò la vita e lo lascerò! disse Lera con una voce spenta.

È troppo tardi, cara, ora devi solo aspettare la data, concluse il dottore, altrimenti potresti rimanere senza figli per sempre.

Lera uscì dallo studio, si sedette sul divano per riprendersi. Aveva voglia di piangere dal dolore alzò lo sguardo e vide il vento autunnale scuotere senza pietà i rami con le ultime foglie.

Le sembrò di essere come quel ramo dietro la finestra completamente indifesa e che quel bambino ora fosse fuori posto. Solo tre mesi prima lo desiderava tanto Comera cambiato tutto in fretta.

Uscì dalla clinica, superando una coppia felice: luomo abbracciava la moglie, entrambi sorridevano. Quellimmagine le fece ancora più male. Lera si trascinò alla fermata dellautobus.

Arrivata finalmente a casa, si chiuse in camera e non uscì per quasi unora. La madre la supplicò di mangiare qualcosa, ma la figlia non disse una parola. Elena Petrovna andò in cucina e si sedette lì, pensierosa. In casa regnava un silenzio opprimente.

Poco dopo, Lera uscì, si sedette di fronte alla madre e rimasero così, in silenzio, ancora per un po.

Se assomiglierà a lui lo lascerò gli darò la vita e lo lascerò, ripeté Lera con la stessa voce spenta.

Elena Petrovna sussultò, le parole della figlia la risvegliarono:

Ma che dici! Valeria, pensa a quello che stai dicendo! Quando voleva parlare seriamente con la figlia, la chiamava sempre per nome intero.

Una ragazza sana e lavoratrice che abbandona il proprio figlio e poi? Cosa diranno i parenti? I tuoi colleghi? Come vivrai? Cosa dirà la gente? E poi, il bambino non è colpevole se suo padre è un vigliacco.

Me ne frego della gente, chi mi compatirà? urlò Lera. In quel momento sembrava proprio una bestia braccata. I grandi occhi marroni pieni di paura, le labbra tremanti, le spalle cadenti.

Io ti compatirò e ti aiuterò, rispose Elena Petrovna. E non permetterò che mio nipote venga abbandonato

Vivi già a stento, lo stipendio non basta, che aiuto potresti darmi?

Ce la faremo, insistette la madre. La gente è sopravvissuta a periodi peggiori, e ora è tempo di pace siamo nel 1989.

Lera sospirò profondamente. Aveva già paura, e il futuro era unincognita. Non sapeva ancora che gli anni Novanta avrebbero mostrato il loro lato più crudele. Ma oggi sapeva solo una cosa: Fabio laveva lasciata.

Si erano sposati sei mesi prima, dopo un anno e mezzo di relazione. Niente aveva fatto presagire la tempesta per quella giovane e bella coppia.

Lera ricordava ogni attimo di quel giorno in cui Fabio era tornato a casa completamente cambiato. Cercava di essere gentile, come sempre.

Ma era impossibile non notare la sua distanza, la sua espressione assorta lo sguardo di un uomo che non amava più Lera.

Lui sapeva già che lei era incinta, e questo lo tormentava, altrimenti sarebbe partito subito. Per un mese Lera lo interrogò su cosa fosse successo, e solo quando Fabio se ne andò, scoprì la verità.

Lera cadde in preda allisteria quando arrivò la madre di Fabio, che piangeva anche lei, sconvolta dal tradimento del figlio.

Ma quella storia risaliva ai tempi del liceo. Quando Fabio era allultimo anno, partecipò a un raduno scout.

Cerano ragazzi da tutta Italia: facevano escursioni, dormivano in tenda. Lì conobbe Vica e se ne innamorò allistante.

Per due settimane non si staccò da lei. Quando tornarono a casa, si scambiarono gli indirizzi. Ma Fabio, trasferendosi in un nuovo appartamento, perse il suo. E da lei non arrivarono mai lettere.

Col tempo si rassegnò e cercò di dimenticarla. Ma poi capì che era lunico amore della sua vita. Tre anni dopo conobbe Lera, gli sembrò che Vica fosse ormai un ricordo, e dopo due anni si sposarono, aspettando un bambino.

Vica riapparve allimprovviso. Anche lei aveva perso lindirizzo, ma sapendo in che città viveva Fabio, pubblicò un annuncio sul giornale locale. E Fabio lo lesse. Invitò Vica nella sua città, prenotandole una camera in hotel.

Allinizio voleva solo rivedere la ragazza che non era riuscito a dimenticare. Ma quellincontro li riavvicinò subito. La decisione fu dolorosa, ma la prese: lasciare Lera, incinta, e partire con Vica.

Al lavoro, tutti sostenevano Lera. Una nuova collega, appena assunta, osservò con tristezza:

Un bambino è una gioia, io e mio marito non riusciamo ad averne da cinque anni.

Appunto, con un marito, replicò amara Lera. Non provava più gioia per lattesa del primogenito, solo rabbia per essere stata abbandonata.

A casa, Elena Petrovna cercava di distrarre Lera, per alleviare il suo dolore. Una volta arrivò la suocera. Entrò e scoppiò in lacrime. Voleva disperatamente che Fabio e Lera stessero insieme.

Non sopportava Vica, la nuova moglie di suo figlio. Soprattutto perché aveva portato Fabio a mille chilometri di distanza. O almeno, così credeva, perché in realtà Fabio era partito di sua spontanea volontà.

Le consolazioni delle due future nonne la aiutavano, ma allo stesso tempo la tormentavano. Ma la cosa che più la spaventava era incontrare il bambino.

E se avesse avuto gli occhi, il naso, le labbra di Fabio e allora? Guardare suo figlio per tutta la vita e ricordare il tradimento di suo marito?! Questo era ciò che la terrorizzava.

Quando Lera lasciò lospedale, non si aspettava così tanta gente ad accoglierla. Cera sua madre Elena Petrovna, lex suocera Vera Sergeevna, unamica con il marito, la sorella maggiore con la nipote e tutto il suo piccolo gruppo di lavoro.

Tutti volevano tenere in braccio il bambino. E tutti auguravano salute alla mamma e al piccolo. A casa, quando srotolarono il lenzuolino, lex suocera lo prese tra le braccia, lo guardò, sorrise e pianse, poi sussurrò:

È Fabio in miniatura.

Pensava che Lera non lavesse sentito, ma lei laveva sentito. Si avvicinò, prese il bambino e disse:

Non è affatto Fabio, è Giovanni questo sarà il tuo nome.

La suocera e la madre tirarono un sospiro di sollievo: tutto andava bene.

Passarono ventanni. Nel 2010, Giovanni studiava al terzo anno di università. A casa aveva due sorelline più piccole che amava profondamente. Quando erano neonate, aiutava la madre, facendo da vero babysitter.

Valeria si risposò cinque anni dopo la nascita di Giovanni: il nuovo marito divenne un buon patrigno per suo figlio, quasi un padre, e lo fu anche per le due figlie che ebbero insieme.

Amava le figlie, ma per suo figlio Giovanni provava un amore indescrivibile. E quel momento in cui, nel dolore, aveva promesso di lasciare il neonato in ospedale se fosse sembrato a Fabio non osava nemmeno ricordarlo.

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