– Vai in cucina! – Mi ha detto mio marito – E non l’ho sopportato

10 marzo 2024

Oggi ho capito tutto. Era una tranquilla mattina di martedì quando Marco mi ha detto: “Vai in cucina!” con quel tono, né arrabbiato né alzato, che conosco troppo bene.

Ero seduta al volante dellauto della scuola guida mentre listruttore, il signor Rossi, mi spiegava come fare il parcheggio a L. Il telefono vibrava per la quarta volta in mezzora. Il messaggio di Marco diceva: “Sciocchina, rispondi al telefono”.

Posso rispondere? Mio marito si preoccupa.
Certo.

Marco, sono alla guida
E allora? Ti sto chiamando!
Non si può parlare mentre
Ah, capisco. La patente è più importante di tuo marito. Quando torni?
Tra unora.
E la cena chi la fa? Devo arrangiarmi?

Listruttore ha guardato fuori dal finestrino, fingendo di non sentire.

Arrivo e preparo io.
Meno male. Credevo di avere una moglie manager ormai.

A casa, Marco era sul divano a scrollare il telefono. Tre mesi senza lavoro, diceva che era temporaneo, ma i colloqui non arrivavano mai.

Comè andata la scuola guida? Difficile?
Nella sua voce cera quella solita ironia.
Bene. Oggi facevamo parcheggi.
Ma guarda che roba seria. Una vera scienza, eh?

Sono entrata in cucina. Nel lavello cerano i piatti sporchi della sua colazione.

Marco, forse potremmo sistemare quelle scatole? È marzo e sembra che ci siamo appena trasferiti.
Ha alzato lo sguardo dallo schermo.
Cosa cè da sistemare? Fallo tu.
Potremmo farlo insieme. E magari pulire un po

Si è avvicinato. Nei suoi occhi ho visto qualcosa di freddo.

Vai in cucina!
Lha detto piano, ma chiaramente. Senza urlare. Ed era peggio di qualsiasi urlo.

Mi sono bloccata.
Cosa hai detto?
Hai sentito! Va a preparare la cena.
Stavo parlando delle scatole
Parlare? Stavi lamentandoti. Ho detto che puoi farcela da sola.

Qualcosa dentro di me si è spezzato. Non per loffesa, ma per la consapevolezza. Ho ricordato la festa di Capodanno con i suoi amici, dove era lanima della compagnia.

Scherzava con tutte, aiutava la padrona di casa. Poi in macchina mi ha detto:
Perché sei stata zitta tutta la sera? Mi hai fatto fare una figuraccia.

Non andrò in cucina!
Cosa?
Ho detto no!
Elena, non farmi arrabbiare. Stavamo parlando normalmente.
Normalmente? Quandè lultima volta che mi hai parlato con rispetto?

Ha posato il telefono.
Che vuoi? Stavo scherzando.
Scherzavi? “Sciocchina, rispondi al telefono” era uno scherzo?
Non posso scriverlo a mia moglie?
Puoi. Ma non chiamarmi sciocchina.
Santo cielo, che differenza fa! Sai che non lo dico per cattiveria.
Lo so. Per questo sono rimasta zitta tutto questo tempo.

Mi sono seduta sul letto.
Sai cosa mi ha detto oggi listruttore? “Ha le mani sicure”. Immagina? Sicure. E a casa ho paura di chiederti aiuto con delle scatole.

Marco ha riso.
Ma dai!
Ho paura. Perché so che troverai il modo di farmi sentire inutile.
Non è vero! Sei tu che esageri.
Esagero? Ricordi quando hai detto ai tuoi amici che “mi diverto con la scuola guida”?
Era una battuta!
Divertente per te. Vergognosa per me.

Si è seduto accanto a me.
Senti, se non ti piace come parlo
E allora?
La porta è sempre lì.

Silenzio. Lho guardato. Non si è scusato. Non ha spiegato. Mi ha solo indicato la porta.

Va bene.

Mi sono alzata. Ho preso la valigia dallarmadio e ho iniziato a metterci dentro le mie cose.
Cosa fai?
Quello che mi hai suggerito.
Dove vai?
Da Sofia.
Fai un po la sceneggiata e poi torni. Come al solito.
Come al solito?
Le donne amano fare drammi. Sbattono la porta, piangono con le amiche.

Ho messo nella valigia i documenti, il trucco, il caricabatterie.
E poi strisciano di nuovo a casa!

Sono andata alla scatola con le foto del matrimonio. Ne ho presa una: eravamo felici in municipio.
Mi avresti mai parlato così quel giorno?

Marco lha guardata.
Cerano altre persone.
E qui chi cè?
La famiglia. Qui ci si rilassa.

Ho rimesso la foto al posto. Ho chiuso la valigia.
Rilassarsi Capisco.
Aspetta. Parliamone.
Di cosa? Mi hai già mostrato cosa valgo qui.

Nellingresso ho infilato il cappotto. Lui era lì, in pantofole.
Dai! Tutte le coppie litigano.
Noi non stavamo litigando.

Ho preso la maniglia.
Hai solo deciso che ora puoi permettertelo.

La porta ha sbattuto. Dietro di me ha detto:
Tanto non andrai lontano!

Due settimane dopo, un messaggio: “Passo domani, quando trovo tempo”.

Sofia ha scosso la testa.
Perché vuoi vederlo?
Voglio essere sicura di avere ragione.

Caffè vicino alla stazione. Marco è arrivato con mezzora di ritardo.
Come va?
Si è seduto senza scuse.
Bene.
Dove stai?
Per ora da Sofia.

“Per ora” è scappato da solo labitudine di smussare le cose.

A casa è un disastro. Piatti sporchi, biancheria da lavare. Meno male che la vicina mi ha aiutato con la spesa.

È arrivata la cameriera una bella bruna sui venticinque.
Cosa prendete?
Due caffè, ha detto Marco, sorridendole.
Avete qualcosa di dolce?
Abbiamo delle torte
Allora portaci il meglio.

Ha tolto la fede e lha messa sul tavolo.
Ora che a casa non cè nessuno a sistemare, mi consolo con i dolci.

La cameriera ha riso.
Sa cucinare?
Certo! Un uomo sa fare anche la polenta. Basta che nessuno rompa per le calze per terra.

Guardavo la fede.
O che chieda aiuto per pulire casa.

Ha continuato. In quel momento ho capito che stava trasformando la nostra storia in una barzelletta per unestranea.

Allora, si è girato verso di me, finiamo la commedia? A casa senza di te è noioso.
No.
Cosa no?
Non tornerò.

Per la prima volta mi ha guardato davvero.
Seriamente?
Sì.

Mi sono alzata, ho lasciato i soldi per il caffè.
Aspetta. Sai cosa stai facendo?
Lo so. Per la prima volta in tre mesi.
Elena! Siamo adulti!
Proprio per questo me ne vado.

Fuori nevischiava. Nel caffè, Marco stava spiegando qualcosa alla cameriera forse si lamentava della moglie pazza.

Un mese dopo ho affittato un monolocale. Ho preso la patente, trovato

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