**L’Ultima Possibilità**
Giorgia, rannicchiata sul divano, stringeva le mani sulla pancia. Ogni cosa faceva male, le ricordava ciò che laspettava. Sempre la stessa storia: un dolore acuto, poi il sangue, lambulanza, lospedale e quel vuoto dentro di lei. Era un aborto spontaneo, non cerano dubbi. Il terzo in due anni, dopo una gravidanza interrotta e, prima ancora, quellaborto. Quellaborto per cui ancora oggi pagava il prezzo, con limpossibilità di diventare madre.
Afferrò il telefono e chiamò il 118. Mezzora dopo, mentre la caricavano in ambulanza, chiamò Andrea per avvertirlo che non sarebbe stata a casa per cena.
«Di nuovo?» chiese lui, ma Giorgia non rispose. Le lacrime le scendevano sul viso, lacrime di disperazione e delusione verso se stessa. Quante volte ancora? Perché sempre la stessa storia? O forse conosceva già la ragione di tutto questo. Se solo non si fosse affidata a quel dottore poco raccomandabile, ora avrebbero un bambino di cinque anni. Invece non cera, e forse non ci sarebbe mai stato.
«Fa così male» sussurrò, mentre il medico regolava la flebo e la guardava con indifferenza.
I due giorni in ospedale sembrarono interminabili. Poi la dimissione, Andrea con un mazzo di fiori, tutto come se fosse scritto in un copione.
«Sei pallidissima» le disse, e Giorgia sorrise debolmente. Non cera motivo di gioia: non poteva dargli un figlio, era ormai chiaro.
Sulla strada di casa, stringendo tra le mani le rose, si voltò verso Andrea:
«Non voglio più provarci. Non riesco a darti un figlio.»
«Non dire così, ce la faremo» cercò di incoraggiarla lui, ma Giorgia scrollò le spalle.
«Ci credi davvero? Cinque anni buttati. Io ho quasi trentanni, tu quasi trentacinque. Basta, ho finito di illudermi. I dottori dicono che non ci sono speranze, forse è ora di ascoltarli.»
«Giorgia, avremo dei figli» insistette Andrea. «Ricordi le parole del professor Renzini? Diceva che ci sono possibilità, se seguiamo le sue indicazioni.»
«E dovè, il tuo professor Renzini?» rispose nervosa. «È morto da anni, e quelle indicazioni? Sparite con lui! Basta, Andrea. Non voglio torturarti, né torturare me stessa.»
«E cosa vuoi dire con questo?» fece lui, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Giorgia inspirò profondamente e girò la testa verso il finestrino.
«Separiamoci. Troverai una donna che ti darà un figlio, starai bene. Io non merito te, la tua pazienza, il tuo affetto. Sono vuota, la vita non resta dentro di me, sono inutile.»
Le lacrime le salivano in gola. Andrea le prese la mano e la portò alle labbra:
«Non dire sciocchezze. Ce la faremo. Ci sono coppie senza figli, eppure vivono felici. La felicità non è nei bambini.»
«Ma nel loro numero» rispose lei tra i singhiozzi. «Basta, Andrea. Non voglio privarti della gioia di essere padre.»
«Non privarmi della felicità di averti accanto» la interruppe lui.
Era tutto lì, Andrea: innamorato di sua moglie, paziente con i suoi sbalzi, pronto a sopportare qualsiasi cosa pur di averla vicina. Laveva corteggiata a lungo, superando ogni ostacolo, e quando Giorgia era diventata sua moglie, aveva deciso che non gli serviva altro per essere felice. Forse solo un piccolo dono, ma il destino sembrava negarglielo.
Andrea conosceva il passato di Giorgia. Sapeva che prima di lui era stata sposata con un uomo più grande, scelto per lei da un padre tiranno. Sapeva dellaborto mal riuscito che laveva resa sterile. Non cera modo di cambiare il passato, ma Giorgia ormai era sua moglie da anni, aveva tagliato i ponti con il padre e quasi non sapeva nulla della sorella minore.
«Non mi stupirei se un giorno costringerà pure lei a sposare qualcuno per interesse.»
La sorella minore aveva ventidue anni, era bella e intelligente come Giorgia, ma più sottomessa al volere paterno. Il padre aveva cresciuto le figlie da solo, le ex mogli non avevano avuto voce in capitolo: lui decideva tutto, come un burattinaio che tira i fili.
Giorgia era scappata a ventiquattro anni, poi aveva incontrato Andrea e tagliato ogni legame. Ma quando una sera Elisabetta bussò alla sua porta, rimase senza parole.
«Cosa è successo?» chiese subito, senza notare subito la pancia prominente.
«Sono scappata da papà» singhiozzò Elisabetta, abbracciandola. Era passata solo una settimana dallospedale, e ora questo colpo di scena.
«Cosa voleva fare?»
«Voleva che abortissi.»
«Dio mio, sei incinta!» esclamò Giorgia, osservandola meglio. «E di chi?»
«Non importa. Giorgia, è per amore. Lui è sposato, non vuole il bambino. Papà ha detto che o abortivo, o mi avrebbe portata a forza dal dottore.»
Piansero insieme. Elisabetta era fragile, indifesa, eppure così simile a lei. Non si vedevano da cinque anni, e la sorella minore era diventata una donna bellissima. Ma la dipendenza dal padre rovinava tutto, e Giorgia era certa che dopo qualche giorno Elisabetta sarebbe tornata da lui. Non poteva permetterlo.
Andrea accolse la presenza della cognata con serenità. Non si opponeva mai alle scelte di Giorgia: lamava troppo per contraddirla, e lei non abusava mai di questo.
Ma dopo una settimana, Elisabetta annunciò di voler tornare dal padre.
«Non ti lascerò andare!» gridò Giorgia, afferrandole le mani. «Vuoi che faccia del male a te e al bambino? Se non pensi a te, pensa almeno a tuo figlio!»
«È troppo tardi per abortire, nessun dottore lo farebbe alla ventunesima settimana» rispose sicura Elisabetta.
«Ma può indurti il parto! Ti metterà qualcosa nel tè e tu partorirai senza rendertene conto. Sai comè? No, non lo sai! Io sì!»
Giorgia scoppiò in lacrime, e alla fine convinse la sorella a restare. Ma Elisabetta continuava a sentirsi in colpa verso il padre.
Nacque a luglio, e subito parlò di tornare a casa. Giorgia afferrò il piccolo:
«Non ti lascerò portare mio nipote da quel mostro! Vuoi che cresca come lui? Se vuoi, vai pure, ma Matteo resta con me.»
Elisabetta scrollò le spalle:
«Tanto papà vuole solo me, senza il bambino. Tu per lui sei morta, tientelo pure questo marmocchio urlante.»
Giorgia sapeva che era la depressione post-partum. Passato un mese, Elisabetta sarebbe tornata. Ma intanto le piaceva tenerlo tra le braccia, sentire il suo odore, ascoltare i suoi versi.
«Sai che te lo riprenderà» le disse Andrea. «Prima o poi tornerà.»
«Lo so» rispose lei, con il cuore spezzato. Legalmente, Matteo non era suo, e non cera garanzia che il padre non lo reclamasse.
E infatti arrivò la telefonata. Il padre urlò minacce:
«Se non mi restituisci mio nipote, vi farò a pezzi!»
Giorgia tremava, aspettandosi da un momento allaltro la sua visita