Ho pensato proprio ora che forse noi due siamo una famiglia un po’ sbagliata, vero?

Oggi ho pensato che noi due siamo forse una famiglia un po strana.

«Che fortuna averti accanto», disse Alessandro, abbracciando la moglie.

«E io sono felice di averti con me!», rispose Beatrice.

«E con chi altro dovrei stare?», rise lui. «Certo, solo con te. Perché sei la mia vita. Sei la donna più bella del mondo.»

Beatrice non rispose, gli baciò la guancia e corse in cucina a sfornare la crostata.

Oggi i coniugi Mancini festeggiavano il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio. Avevano deciso di celebrare in modo semplice, solo in famiglia: loro due e i loro figli. Due, per lesattezza. Il figlio Matteo, studente al liceo, e la figlia Sofia.

La ragazza aveva appena finito luniversità, trovato lavoro e iniziato a vivere da sola. Aveva affittato un appartamento vicino allufficio. E anche se Beatrice cercava di dissuaderla «Cè spazio per tutti qui, viviamo così sereni» Sofia insisteva: voleva la sua indipendenza.

«A cosa serve buttare soldi in un affitto?», chiedeva Beatrice. «Qui hai la tua stanza, siamo una famiglia unita, perché andartene? Aspetta almeno di sposarti, allora sì che te ne andrai.»

«Mamma, ti voglio bene, e so che non mi caccereste mai, ma voglio provare a vivere da sola. E poi, non offenderarti, ma cucini così bene e fai dolci così buoni che ho paura di diventare una balena. Tu sei magra, mangi e non ingrassi, ma io purtroppo non ho preso da te! Devo stare attenta alla linea, e come posso resistere alle tue leccornie? È impossibile dire di no.»

Beatrice sorrise guardando la figlia. Sofia non le somigliava affatto. Lei era minuta, quasi fragile, tanto che a volte la scambiavano per unadolescente. Non si curava molto del suo aspetto: niente trucco, i capelli sempre legati, vestiti semplici. Sofia, invece, era una vera bellezza, aveva preso dal padre.

Alessandro era un uomo notevole: alto, ben proporzionato. Con gli anni aveva messo su qualche chilo, inevitabile con i dolci di Beatrice. Da giovane era bellissimo, e anche ora, a quarantotto anni, restava un uomo affascinante.

Beatrice sapeva che, al suo fianco, sembrava insignificante. Si era abituata ai sussurri alle sue spalle, ma non ci badava. Perché sapeva che, per lui, era la donna più bella del mondo.

***

Quando Beatrice incontrò Alessandro, lei aveva ventanni, lui ventidue.

Quel giorno di settembre, la studentessa Bea stava andando alla festa di compleanno della sua amica e compagna di corso, Viola. Aveva già comprato il regalo, ma per strada decise di fermarsi a prendere un mazzolino di fiori.

Nel negozio cera solo un ragazzo, intento a scegliere un bouquet. La commessa, una ragazza gentile, gli proponeva varie opzioni, guardandolo con interesse. Anche Beatrice lo osservò e capì il motivo: era davvero bellissimo.

«Con quel fisico dovrebbe fare il modello», pensò. «O forse lo fa già?»

Intanto il giovane la notò e le si rivolse:

«Signorina, quale bouquet preferisce? Questo, con le rose rosse, o quello con le peonie?»

Bea si confuse. Non si aspettava che quel ragazzo le parlasse, ma rispose:

«Io sceglierei le peonie, anche se molte ragazze preferiscono le rose.»

«Alla sua fidanzata piacciono i fiori?», chiese la commessa.

«Alla mia fidanzata?», ripeté lui. «No, questi non sono per lei. Non conosco nemmeno la persona per cui li compro.»

«Davvero?», fecero insieme Bea e la commessa, sorprese.

«Un amico va al compleanno della cugina e mi ha trascinato con sé», spiegò. «Non potevo presentarmi a mani vuote, ma cè così tanta scelta che non so decidere.»

«Se prende le rose, non sbaglia», disse Beatrice. «A tutte piacciono.»

«Anche a lei?», chiese lui, senza motivo.

Bea sentì arrossire. Abbassò lo sguardo e rispose:

«Io preferisco i fiori di campo, ma anche le rose sono belle.»

«Che strano», disse il ragazzo. «Anche a me piacciono i fiori di campo. Mia madre ne porta sempre un mazzo quando torna dalla campagna. Hanno una bellezza speciale: sembrano semplici, ma se li guardi bene, sono meravigliosi.»

Comprò le rose e uscì dal negozio, sorridendole.

«Che bel ragazzo, vero?», disse la commessa. «Sembra un attore!»

«Anche a me è venuto in mente», rispose Beatrice.

Prese un mazzolino di margherite e partì per la festa.

Ma quale fu la sua sorpresa quando, arrivata da Viola, vide quel bel ragazzo del negozio! Si chiamava Sandro, ed era lì con lamico Simone, cugino della festeggiata.

Anche Sandro rimase colpito nel rivederla. Per tutta la sera la guardò e le sorrise. Lei rispose imbarazzata, senza capire perché le desse tanta attenzione. Notò però che Viola la fissava con aria seccata.

A un certo punto, Sandro si sedette accanto a lei e iniziarono a parlare.

Ora, dopo tanti anni, Beatrice non ricordava più di cosa. Lui le chiedeva qualcosa, lei rispondeva, lui raccontava, lei ascoltava

E non capiva perché lui si interessasse a lei. Vide lo sguardo di Viola e capì che lamica era arrabbiata.

Quando iniziò la musica, Viola invitò Sandro a ballare. Lui guardò Bea quasi con colpa, ma accettò. Poi tornò da lei. E quando fu ora di andare, si offrì di accompagnarla a casa.

Il giorno dopo, alluniversità, Viola la ignorò completamente.

«Che succede?», le chiese Beatrice dopo le lezioni.

«Davvero non capisci?», sbottò Viola. «Simone ha portato Sandro per me! Voleva presentarcelo. Lavevo visto in una foto e mi piaceva. E tu hai rovinato tutto! Hai flirtato con lui tutta la sera e poi te lo sei portato via E fai anche la timida!»

«Non ho flirtato con nessuno», si rattristò Beatrice. «Non so nemmeno come si fa. E lui mi ha accompagnata perché voleva lui, non glielho chiesto io.»

«Certo, come no! E cosa ci trova in te, poi?», sbuffò Viola, andandosene.

Bea si sentì male. Aveva davvero rubato il ragazzo allamica? No, non era possibile.

Lei, così normale, così poco appariscente, aveva attirato lattenzione di un uomo come Sandro? Viola era bella, vivace, piena di ammiratori Lui non poteva essere interessato a lei.

Forse si era solo annoiato alla festa e aveva parlato con lei per passare il tempo. Tornando a casa, Bea si guardò nello specchio e sospirò:

«Davvero, chi mai vorrebbe una come me?»

In quel momento squillò il telefono. Era Sandro. Il giorno prima le aveva chiesto il numero, ma lei era sicura che non lavrebbe mai chiamato.

Si diedero appuntamento per quella sera, al lungomare. Quando Bea arrivò, Sandro era già lì, con un mazzo di fiori di campo. E sorrideva in un modo che le fece capire: era innamorata.

Così iniziò la loro storia. In molti predissero che sarebbe finita presto. Nessuno credeva che un uomo così bello potesse davvero innamorarsi di una ragazza come Bea.

Ma Sandro non guardò mai nessunaltra. E dopo un anno si spos

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