Una donna delle pulizie solitaria trova un telefono al parco. Accendendolo, rimane sconvolta per lungo tempo.
Marta Valeri esce per lavoro più presto del solito. Durante il weekend i giovani lasciano sempre tanta spazzatura, quindi è uscita alle quattro del mattino per finire tutto. Fa la donna delle pulizie da molti anni. Una volta, la sua vita era molto diversa.
Impugnando la scopa, Marta ripensa a suo figlio adorato, che aveva avuto da sola a 35 anni. Non era stata fortunata in amore, così aveva deciso di dedicarsi completamente al bambino. Era pazza del suo piccolo Enrico. Il ragazzo era intelligente, bello. Lunica cosa che la preoccupava era che non amasse vivere nel loro quartiere.
«Mamma, quando cresco, diventerò un uomo importante!» diceva lui.
«Certo che lo diventerai, amore mio, come potresti non farlo?» lo incoraggiava Marta.
Appena compiuti i 16 anni, Enrico se ne andò di casa per trasferirsi in un dormitorio vicino alla scuola tecnica. A Marta non piaceva che fosse così lontano, ma lui prometteva di tornare spesso.
Allinizio, Enrico mantenne la parola. Poi conobbe una ragazza, e del suo vecchio quartiere si ricordava sempre meno. Infine, tornò per sempre, annunciando di essere gravemente malato. Marta non riusciva a capire perché lei e suo figlio dovessero affrontare una prova così dolorosa.
Dovette raccogliere tutte le sue forze per lottare. I medici consigliarono una clinica specializzata, ma i costi erano elevati.
Senza esitare, la madre affranta vendette il suo appartamento. Una notte, ricevette una telefonata.
«Suo figlio non cè più» le disse il dottore.
Marta non voleva più vivere. La sua esistenza aveva perso ogni senso senza il suo adorato Enrico.
Una mattina, come sempre, Marta uscì per pulire il cortile.
«Buongiorno!» la salutò Simone Lombardi, passeggiando con il suo cane.
«Buongiorno! Oggi è così presto?» rispose Marta.
«A casa mi annoio. Porto a spasso il cane e faccio due chiacchiere con te» disse luomo allegramente.
Simone era un uomo solo. Marta si sentiva un po imbarazzata dalla sua attenzione.
«Va bene, non ti disturbo più» disse lui, continuando la passeggiata con il cane.
Marta riprese a lavorare, ma notò qualcosa su una panchina. Era un telefono. Si guardò intorno: non cera nessuno. Prese il dispositivo e lo accese. Sullo schermo apparvero delle foto. Qualcuno aveva scattato immagini e poi dimenticato il telefono. Guardando meglio, Marta scoppiò in lacrime.
«Figlio mio! Il mio Enrico!» singhiozzò.
Allimprovviso, il telefono squillò. Marta esitò, ma decise di rispondere.
«Pronto! Pronto! È il mio telefono, posso riprenderlo?» disse una voce femminile.
«Sì, certo. Lho trovato su una panchina al parco. Venga a questo indirizzo» rispose Marta, dettandolo.
La ragazza arrivò poco dopo. Quando la porta si aprì, Marta vide un ragazzo dietro di lei.
«Mi dica, come mai ha le foto di mio figlio sul telefono?» chiese Marta.
«Di Ettore?» si stupì la ragazza.
Il ragazzo entrò in casa.
«Enrico!» gridò Marta, svenendo.
Lui corse da lei:
«Che le succede?»
«Forse ti ha scambiato per qualcun altro. Dobbiamo chiamare unambulanza» disse la ragazza.
Dopo quindici minuti, i medici la rianimarono. Quando se ne furono andati, Marta scoprì finalmente come quelle foto fossero finite lì.
Ripresasi un po, Marta guardò la ragazza.
«Mi conosce? Come ha avuto le foto del mio Enrico?» chiese, trattenendo a stento lemozione.
«Mi chiamo Silvia» rispose. «Una volta uscivo con suo figlio. Ma mi lasciò quando scoprì che ero incinta» disse, sospirando.
«Lha lasciata? Ma lui non mi ha mai parlato di voi» disse Marta, stupita.
«Stavamo insieme per qualche mese. Quando glielo dissi, scomparve. Decisi di non cercarlo. Pensai che avesse avuto paura» spiegò Silvia.
«No, Silvia. Ora capisco. Mio figlio si ammalò gravemente. Non voleva essere un peso per nessuno, neanche per voi. Enrico è morto molti anni fa» Marta non trattenne le lacrime.
Gli occhi di Silvia si spalancarono.
«Morto?» chiese, confusa.
«Se nè andato. Vendi la casa per salvarlo, ma non servì a nulla. Non ce labbiamo fatta» disse Marta, la voce rotta.
Silvia comprese e sospirò:
«Ora capisco. Voleva solo proteggermi. Non voleva aggiungere altro dolore»
Poi chiamò il ragazzo che era rimasto in disparte.
«Ettore, vieni qui!»
Lui entrò nella stanza.
«Sì, mamma?»
«Ettore, ricordi quando ti dissi che tuo padre ci abbandonò? Non era vero. Si ammalò e morì prima che tu nascessi. E questa è tua nonna» disse Silvia, indicando Marta.
Marta si commosse. Guardò il nipote con affetto.
«Nonna» disse timidamente Ettore.
«Vieni qui, piccolo» Marta lo abbracciò.
Silvia sorrise:
«Vuole trasferirsi da noi? Abbiamo spazio, e saremmo felici di averla!»
«No, Silvia. Sono abituata al mio quartiere. Ma verr




