Il chirurgo guardò la paziente incosciente e all’improvviso fece un passo indietro: «Chiamate subito la polizia!»

La città, avvolta in ombre dense, respirava un silenzio greve, spezzato solo dal lontano ululato delle sirene. Nell’ospedale, dove ogni corridoio custodiva echi di sofferenza, la notte sembrava sul punto di esplodere, come se il destino stesso volesse mettere alla prova chi combatte per la vita.
Nella sala operatoria, illuminata dalla gelida luce dei riflettori, il dottor Matteo De Luca, chirurgo con vent’anni di esperienza, lottava da tre ore. Le sue mani, abituate a salvare vite, si muovevano con precisione millimetrica. La stanchezza pesava come un mantello, ma lui non poteva permettersi debolezze. Accanto a lui, linfermiera Giulia Fiore gli porgeva gli strumenti con dedizione, come se consegnasse non acciaio, ma speranza.
Sutura sussurrò De Luca, la voce un ordine al destino stesso.
Mancava poco. Poi, allimprovviso, la porta si spalancò con un tonfo. Linfermiera caposala, il volto contratto dallansia, annunciò:
Dottore! Urgente! Donna incosciente, traumi multipli, sospetta emorragia interna!
Matteo non esitò. Finisci qui ordinò allassistente, strappandosi i guanti. Giulia, con me!
Nel pronto soccorso regnava il caos. Su una barella giaceva una donna sui trentanni, il corpo segnato da lividi come una mappa del dolore. De Luca la scrutò con occhio clinico. Le ferite non erano casuali.
Subito in sala operatoria! Preparate tutto per una laparotomia! gridò. Poi, allinfermiera: Chi lha portata?
Il marito. Dice che è caduta dalle scale.
Matteo sbuffò. Quelle ferite non venivano da una caduta. Le bruciature simmetriche ai polsi, i tagli sulladdome, le costole fratturate erano segni di violenza. Sistematica.
Dopo mezzora, la donna era sul tavolo operatorio. Mentre lavorava, De Luca notò qualcosa di agghiacciante: cicatrici a forma di lettere, come se qualcuno avesse voluto cancellare la sua identità.
Giulia sussurrò trova il marito. Che aspetti. E chiama la polizia. Senza fare rumore.
Pensa che?
Non spetta a noi indagare. Ma queste ferite non vengono da una caduta. È violenza. Fredda, calcolata.
Loperazione durò unaltra ora. Alla fine, il cuore della donna si stabilizzò. Ma lanima?
In corridoio, un agente attendeva.
Il commissario Mancini è in arrivo. Cosa può dirci?
De Luca elencò i traumi: emorragia, rottura della milza, fratture vecchie e nuove.
Non è un incidente. È tortura. E il colpevole è probabilmente chi dovrebbe proteggerla.
Poco dopo arrivò il commissario Mancini, occhi penetranti come coltelli.
La conosceva?
No. Ma il suo corpo è un diario di sofferenza. Ogni cicatrice racconta una crudeltà.
Nella sala dattesa, un uomo elegante, i capelli biondissimi, camminava nervosamente. Mia moglie! Dovè Elena? gridò, la voce carica di finta preoccupazione.
Elena Bianchi? chiese Mancini. Lei è il marito, Luca Ferrara?
Sì! Cosa le è successo?
È in terapia intensiva rispose De Luca, freddo. Come sarebbe caduta?
Dalle scale! Ero in cucina, ho sentito un tonfo
E lha portata subito qui?
Certo!
Matteo lo osservò. Luomo aveva lo sguardo di chi è abituato a comandare. E punire.
Signor Ferrara disse Mancini sua moglie ha segni di vecchi traumi. Bruciature, tagli. Come li spiega?
Luca impallidì. È maldestra! Si ustiona cucinando!
Si ustiona entrambi i polsi in modo identico? ribatté De Luca. E i tagli sulladdome?
Mi sta accusando?! Mia moglie è ferita e voi!
In quel momento, Giulia apparve: Dottore, la paziente è cosciente. Chiede del marito.
Luca cercò di farsi avanti, ma Mancini lo bloccò. Fuori. Dobbiamo parlare con lei.
Nella stanza, Elena era un fantasma. Luca è qui? sussurrò.
Sì disse De Luca. Come sta?
Fa male Sono caduta?
Mancini si presentò. Elena, ricorda come si è ferita?
Sono inciampata. Luca dice sempre che devo stare attenta
E le bruciature ai polsi?
Nei suoi occhi balenò il terrore. Sono distratta.
Elena disse Matteo, gentile queste ferite non sono incidentali. Possiamo aiutarla. Ma deve dire la verità.
Lei scoppiò in lacrime. Se parlo peggiorerà.
Lha minacciata? chiese Mancini.
A volte è gentile Poi qualcosa in lui si spezza singhiozzò.
La porta si aprì di colpo. Luca irruppe: Elena! Ti prego!
Mancini lo fermò. Fuori.
Sono suo marito!
E io ho motivi per credere che le sue ferite siano un reato.
Luca sbiancò. Cosa gli hai detto?! Te ne pentirai!
Elena lo fissò, gli occhi pieni di terrore. Basta, Luca Ho paura di te Ogni sera, chiedermi: torna a casa luomo che amo o il mostro?
Luca cercò di aggredirla, ma Mancini lo ammanettò. È in arresto per lesioni gravi.
Quando lo portarono via, Elena pianse di sollievo. Grazie sussurrò.
Ha fatto la cosa giusta disse Matteo. Ora riposi.
E dopo? Non ho nessuno
Ci sono centri che la aiuteranno. Non è sola.
Una settimana dopo, nella stanza cera una donna anziana: la madre di Elena. Si tenevano per mano.
Dottore, la mamma mi porta a casa.
Sono contento per lei sorrise Matteo.
Lei ha salvato mia figlia due volte disse la madre. Dalla morte e dallinferno.
Ho solo guardato oltre le ferite rispose lui. A volte basta uno sguardo per cambiare una vita.
Quella sera, uscendo sotto le stelle, Matteo rifletté: quante donne soffrono in silenzio? Ma ora sapeva che un medico, quando guarda anche lanima, non cura. Ridà la vita.
E questa è la più alta forma di medicina.

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Il chirurgo guardò la paziente incosciente e all’improvviso fece un passo indietro: «Chiamate subito la polizia!»