Casa dove non siamo più i benvenuti: come mia madre ha trasformato la nostra abitazione in un campo di battaglia

**”La casa dove non siamo più i benvenuti: come mia madre ha trasformato la nostra casa in un campo di battaglia”**

Luca era immerso nel lavoro quando squillò il telefono. Lo schermo mostrava il nome di sua moglie. Si stupìnon era solita chiamarlo in piena giornata.

Ciao, Sofia. Che succede? Sono un po occupato, disse, distogliendo lo sguardo dal computer.

È successo, rispose lei con la voce spezzata dal pianto. Ci hanno cacciati. Non abbiamo più un posto dove vivere!

Cosa?! Luca balzò in piedi. Che è successo allappartamento? Cè un incendio? Una rapina?

Lappartamento è a posto solo che non possiamo più restarci, sussurrò Sofia.

Come non possiamo? Chi può impedirci di vivere nella nostra stessa casa?!

Chi tua madre! scoppiò lei, e nel suo tono cera tuttodolore, rabbia, disperazione.

Anni prima, Luca e Sofia si erano trasferiti a Roma con le figlie. La maggiore aveva sette anni, la più piccola cinque. Avevano iniziato in affitto, lavorando senza sosta. Poi, la fortuna aveva sorriso: il padre di Sofia aveva ricevuto inaspettatamente un appartamento da un lontano parente.

Restate qui, aveva detto luomo. Sono in pensione, le tasse non mi pesano, lappartamento rimane a me, ma non vi darò fastidio.

Avevano ristrutturato, comprato mobili. Si erano sistemati. Ormai lo consideravano casa loroanche se, ufficialmente, non lo era. Ma Sofia continuava a sentirsi insicura.

Abbiamo investito tutto qui eppure non siamo i proprietari, diceva al marito.

Non preoccuparti. Giulia è dai nonni, noi siamo qui. Chi ci caccerebbe? Non siamo estranei.

Ma era successo di peggioerano stati cacciati. E non da estranei, ma dalla loro stessa famiglia.

Il punto di svolta era stato il compleanno del padre. Erano andati, avevano festeggiato. Il giorno dopo, la suocera aveva annunciato:

Abbiamo deciso: nostro nipote, Matteo, verrà a stare da voi. È appena entrato alluniversità, in dormitorio è stretto. Da voi cè spazio. E poi, aveva aggiunto, lappartamento è nostro, noi decidiamo chi ci vive.

Sofia aveva stretto i denti. Ma Luca aveva solo annuito:

Nessun problema. Abbiamo posto.

Le era venuto da urlare, ma si era controllata. Non era il momento. Ma qualcosa dentro di lei si era rotto.

Matteo si era trasferitoda padrone. Mangiava sul divano, bestemmiava, sporcava tutto. Poi erano arrivati i genitori di Luca. “Per vedere il nipote”. E aveva avuto inizio.

Matteo ha le scarpe sporche! sgridava la suocera. Perché non hai lavato la giacca?! Dove sono i dolci?!

Comandava come un generale. Sofia aveva cucinato, lavato, pulito. Poi, senza preavviso:

Non capisco come mio figlio possa stare con una come te! Meglio che te ne vai. Lascia lappartamento.

Dove dovrei andare? Le bambine hanno le loro attività, laffitto è caro

Non è un problema mio. Prendi le tue cose e vai.

Quando Sofia si era rifiutata, la suocera aveva detto:

Glielo spiegherò io a Luca. Firmerà i

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