Sono seduto nella cucina del nostro piccolo appartamento a Milano, stringendo una tazza di caffè ormai freddo, con la rabbia che mi sale in gola. Con mia moglie, Lucia, abbiamo costruito una famiglia, e in superficie tutto sembra andare bene: una casa accogliente, una macchina, un reddito stabile. Eppure, la nostra felicità si sta sgretolando a causa di suo figlio, diciassettenne, nato da un precedente matrimonio, Matteo, che ora vive con noi. Passa parte del tempo con sua madre, ma si stabilisce sempre più spesso da noi, trasformando la mia vita in un incubo.
Matteo è come una spina nel cuore. Mi tratta come un domestico, lascia in giro le sue cose, abbandona i piatti sporchi e risponde alle mie richieste con un semplice alzata di spalle. Il peggio è che si accanisce contro mio figlio di quattro anni, Luca. Lho visto dargli una manata sulla nuca solo perché il bambino aveva sfiorato il suo telefono. La mia piccola, Sofia, dorme nella nostra camera, visto che nel nostro bilocale non cè spazio per un altro letto. Se Matteo tornasse da sua madre, potremmo finalmente sistemare una stanza per i nostri bambini.
Ma Matteo non se ne va. Il suo liceo è a due passi da qui, e preferisce vivere con sua madre. Passa le giornate incollato al computer, urlando nel microfono mentre gioca, impedendo a Luca di dormire. Sono esausto: cucina, pulizie, bambini e lui non muove un dito per aiutare. La sua presenza è come una nuvola oscura sopra la nostra casa, avvelenando ogni momento.
Ho provato a parlarne con Lucia, supplicandola di convincere suo figlio a tornare da sua madre. La sua ex, Elena, vive da sola in un ampio trilocale. Noi, invece, siamo stretti in quattro in un appartamento troppo piccolo, dove ogni angolo grida la mancanza di spazio. È giusto? Se almeno Matteo andasse daccordo con i miei figli, ma li maltratta. Luca sta iniziando a somigliargli, diventando insolente e capriccioso. Temo che cresca con la stessa indifferenza, la stessa arroganza.
Lucia si rifiuta di agire. «È mio figlio, non posso cacciarlo fuori», ripete, cieca di mia sofferenza. Litighiamo per Matteo quasi ogni sera. Mi sento come un cavallo sfinito, tirando da solo il peso della casa, mentre mia moglie chiude gli occhi sui comportamenti di suo figlio. Sono stanco delle sue scuse, di quellamore cieco per un adolescente che sta distruggendo la nostra famiglia.
Un giorno, non ce lho fatta più. Matteo ha urlato ancora contro Luca per una goccia di succo versata, e sono esploso:
Basta! Non sei in un albergo! Se non sei contento, torna da tua madre!
Lui si è limitato a ridacchiare:
Qui è casa mia, non mi muovo.
Ho tremato di rabbia impotente. Lucia, sentendo la discussione, ha preso le parti di suo figlio, accusandomi di «non fare abbastanza». Mi sono rifugiato in camera, stringendo Sofia che piangeva, lasciando scorrere le lacrime. Perché devo sopportare questo ragazzo insolente, mentre sua madre vive nel comfort senza nemmeno pensare a lui?
Sto cercando una soluzione. Forse parlare direttamente con Matteo? Spiegargli che starebbe meglio con sua madre, che può prendere lautobus per il liceo? Ma ho paura che mi prenda in giro, che Lucia mi accusi ancora di essere duro. Sogno che Matteo scompaia dalle nostre vite, che i miei figli crescano in pace. Ma ogni suo sguardo sprezzante, ogni gesto brusco mi ricorda che è qui, come un intruso di cui non riesco a liberarmi.
A volte, immagino di fare le valigie e andare da mia madre con i bambini, lasciando Lucia a gestire da sola suo figlio. Ma le voglio bene, e non voglio distruggere la nostra famiglia. Tutto ciò che voglio è una casa serena. Perché devo soffrire, vedere Matteo maltrattare i miei piccoli mentre sua madre si gode la sua libertà? Sono stanco di questa rabbia, stanco di temere per i miei figli. Ho bisogno di una via duscita, ma non so dove trovarla.





