Molti anni fa, mia cognata decise che eravamo noi gli eletti a viziare i suoi figli solo noi.
Mi sposai con Enrico quasi otto anni fa. Un uomo buono, sempre pronto ad aiutare, col cuore aperto. Ma aveva un problema: una sorella, Maristella. Una donna con una fantasia senza limiti e unabilità straordinaria nel trasformare ogni frase in una domanda velata riguardo un regalo costoso.
Non parlava mai direttamente. Le sue parole suonavano sempre come innocenti pensieri:
*”I bambini sognano di vedere il nuovo cartone animato, ma i biglietti sono così cari in questo periodo,”* diceva con un tono malinconico. E Enrico, appena sentiva, correva a comprare i biglietti, portava i nipoti al cinema e comprava loro caramelle e popcorn.
*”Che bel tempo oggi,”* continuava Maristella, *”eppure voi restate in casa. Andate alle giostre!”* E indovinate chi ci andava con i suoi figli? Noi, naturalmente. E tutto a nostre spese.
Io non coglievo le sottigliezze. Né volevo. Preferisco la sincerità. Se hai bisogno di qualcosa, dillo. Chiedi. Spiega. Non girarci intorno facendo finta di non volere niente.
Ma Enrico reagiva sempre subito ai suoi “suggerimenti”. Adorava i nipoti, follemente. Ma il modo in cui li viziava superava ogni limite. Biciclette, gadget, divertimenti tutto era diventato normale. Bastava uno sguardo di Maristella, e mio marito correva.
Recentemente era il giorno del santo di Daniele, suo figlio. Gli avevamo già regalato una bicicletta di lusso, che ci era costata una bella somma. Ero certa che fosse più che sufficiente. Ma, a quanto pare, per Maristella la “bicicletta” era una sciocchezza. Ai suoi occhi, il bambino doveva assolutamente andare in Europa. E non da solo con lei, ovviamente. Un ragazzino non poteva certo viaggiare da solo!
Nel linguaggio di Maristella, suonava così:
*”Daniele sogna di vedere Parigi. Gli si illuminano gli occhi quando ne parla”*
Quella volta, Enrico portò al nipote, invece dei biglietti, una torta e un cuscino decorato con le sue iniziali. Io lavoravo quel giorno, e mio marito andò da solo. E questo, come potete immaginare, fu una doccia fredda per sua sorella.
Ma Maristella non si arrese. Le sue richieste crebbero di anno in anno. A mio marito, apparentemente, non importava. Non avevamo figli, e lui si dedicava ai nipoti con tutto il cuore. Forse perché non aveva altro modo di riversare la sua energia paterna.
Poi arrivò la notizia tanto attesa: ero incinta. Lo dissi a Enrico pianse di gioia, baciò la mia pancia, non riusciva a crederci. Lo sognava da anni. Ma poi arrivò Maristella
E ancora con una richiesta. Questa volta, un viaggio a Praga per le vacanze di primavera. Naturalmente, con i bambini. Mio marito rifiutò, per la prima volta. Disse che sarebbe diventato padre e che ora tutte le risorse erano per la famiglia. Allora sua sorella esplose.
Il giorno dopo mi chiamò. Urlò. Mi accusò.
*”Come osi?! Hai fatto tutto questo per privare i miei figli dell’unico uomo che si prendeva cura di loro!”*
Chiusi la chiamata senza rispondere.
Poi una nuova scena. I nipoti aspettarono Enrico fuori dal lavoro. Gli consegnarono bigliettini fatti da loro.
*”Zio, ti prego, non ci abbandonare”*
*”Perché hai bisogno dei tuoi figli, quando hai già noi?”*
Era chiaro che qualcuno li aveva aiutati a scrivere quelle frasi. E quel “qualcuno” era prevedibile.
Enrico tornò a casa, si sedette sul divano, guardò i bigliettini e qualcosa in lui si spezzò.
*”Sono solo un idiota,”* disse. *”Per quanti anni ho sopportato? Il forno rotto, non ho soldi per il giubbotto, papà se nè andato zio, aiutaci. Ha sempre usato i bambini per manipolarmi. E io ci sono sempre cascato. Come un cretino.”*
E allimprovviso, prese un taccuino. Cominciò a scrivere tutto ciò che ricordava: biciclette, telefoni, campi estivi, viaggi, attrezzature, giacche, biglietti a teatro. Il totale? Una cifra tonda.
Poi arrivò il finale. Il finale in stile Maristella.
Vennero a casa nostra. Stette nellingresso, come una regina, e disse:
*”Ora che avrete anche voi un figlio, puoi fare un ultimo favore? Dacci la macchina. Non per me, non sono maleducata. Solo per portare i bambini”*
Enrico le porse il taccuino senza dire una parola.
*”Ecco la cifra. Per tutto ciò che hai ricevuto. Restituiscila. Hai sei mesi. Poi tribunale.”*
Sbatté la porta così forte che la scopa nellingresso cadde a terra.
Dopo di che, iniziò un diluvio di messaggi. Le amiche di Maristella mi bombardarono sui social. Scrivevano che avevo distrutto il legame sacro tra zio e nipoti. Che ora i bambini erano *”abbandonati, affamati, e la loro madre nella disperazione”*.
Ma, sai una cosa? Non mi sono mossa.
Maristella ha due appartamenti. Uno lasciatole dallex marito, laltro da Enrico, che rinunciò alleredità in suo favore. Riceve gli alimenti, non vive in povertà. Si era solo abituata a pretendere tutto. E ora non poteva più.
Avremo un bambino. E ora mio marito ha una vera famiglia. Senza manipolazioni, senza isterie, senza teatro. E sai cosa penso? Che tutto questo è solo linizio




