Mia cognata ha deciso che solo noi dobbiamo viziare i suoi figli.
Mi sono sposato con Luca quasi otto anni fa. Un uomo buono, sempre pronto ad aiutare, con il cuore aperto. Ma aveva un problema: una sorella. Beatrice. Una donna con una fantasia senza limiti e unabilità incredibile di trasformare ogni frase in una domanda velata su un regalo costoso.
Non parlava mai direttamente. Le sue frasi suonavano sempre come innocenti pensieri:
“I bambini sognano di vedere il nuovo cartone animato, ma i biglietti sono cari in questo periodo”, diceva con una nota malinconica. E Luca, appena sentiva, comprava i biglietti, portava i nipoti al cinema e gli prendeva anche i combo con popcorn.
“Che bel tempo”, continuava Beatrice, “e voi state a casa. Andate sulla giostra!” E indovina chi ci andava con i suoi figli? Noi, naturalmente. E tutto a nostre spese.
Io non capisco le sottigliezze. E non voglio. Preferisco la sincerità. Se hai bisogno di qualcosa, dillo. Chiedi. Spiega. Non girare intorno fingendo di non volere nulla.
Ma Luca reagiva subito ai suoi “suggerimenti”. Adorava follemente i nipoti. Ma il modo in cui li viziava superava ogni limite. Biciclette, gadget, divertimenti: tutto era diventato normale. Beatrice lanciava solo unocchiata, e mio marito correva.
Recentemente è stato lonomastico di Matteo, il figlio di Beatrice. Gli avevamo già regalato una bicicletta di lusso, che ci era costata un bel po. Ero sicura che fosse più che sufficiente. Ma, a quanto pare, per Beatrice la “bicicletta” era una sciocchezza. Ai suoi occhi, il bambino doveva assolutamente andare in Europa. E non da solo: con lei, ovviamente. Un ragazzino non può viaggiare da solo!
Nel linguaggio di Beatrice, suonava così:
“Matteo sogna di vedere Parigi. Gli si illuminano gli occhi quando ne parla”
Luca gli portò allora, al posto dei biglietti, una torta e un cuscino decorato con le sue iniziali. Io lavoravo quel giorno, e mio marito andò da solo. E questo, come potete immaginare, fu un secchio dacqua fredda per sua sorella.
Ma Beatrice non si arrese. Le sue richieste aumentarono anno dopo anno. A mio marito, a quanto pareva, non importava. Non avevamo figli, e lui si dedicava ai nipoti con tutto il cuore. Forse perché non aveva altro su cui riversare la sua energia paterna.
Poi, la notizia tanto attesa: ero incinta. Lho detto a Luca: ha pianto di gioia, mi ha baciato la pancia, non stava più nella pelle. Lo sognava da anni. Ma poi arrivò Beatrice
E di nuovo, con una richiesta. Questa volta, un viaggio a Praga per le vacanze di primavera. Naturalmente, con i bambini. Mio marito rifiutò, per la prima volta. Disse che sarebbe diventato padre e che ora tutte le risorse erano per la famiglia. Allora sua sorella esplose.
Il giorno dopo mi chiamò. Urlò. Mi accusò.
“Come ti permetti?! Hai fatto tutto questo per togliere ai miei figli lunico uomo che si prendeva cura di loro!”
Chiusi la chiamata senza dire nulla.
Poi, una nuova scena. I nipoti aspettarono Luca davanti al suo ufficio. Gli consegnarono dei bigliettini fatti da loro.
“Zio, ti prego, non abbandonarci”
“Perché hai bisogno dei tuoi figli, quando ci hai già noi?”
Era chiaro che qualcuno li aveva aiutati a scrivere il testo. E quel “qualcuno” era prevedibile.
Luca tornò a casa, si sedette sul divano, guardò i bigliettini e qualcosa in lui si spezzò.
“Sono solo un idiota”, disse. “Per quanti anni ho tollerato tutto questo? Il forno rotto, non ho soldi per il giubbotto, papà se nè andato zio, aiutaci. Ha sempre usato i bambini per manipolarmi. E io sono caduto nella trappola. Un idiota.”
E allimprovviso, tirò fuori un quaderno. Cominciò a scrivere tutto ciò che ricordava: biciclette, telefoni, campeggi, viaggi, attrezzature, giacche, biglietti per il teatro. Il totale: una cifra tonda.
Poi, il finale. Un finale in perfetto stile Beatrice.
Venne a casa nostra. Stette nellingresso, come una regina, e disse:
“Ora che avrete anche un vostro figlio, puoi fare unultima buona azione? Dacci la macchina. Non per me, non sono maleducata. Solo per portare i bambini”
Luca le porse il quaderno senza dire una parola.
“Ecco la somma. Per tutto ciò che hai ricevuto. Ridacela. Hai sei mesi. Poi, andiamo in tribunale.”
Uscì sbattendo la porta così forte che la scopa appesa cadde.
Dopo di che, iniziò un diluvio di messaggi. Le amiche di Beatrice mi bombardarono sui social. Scrivevano che avevo distrutto il legame sacro tra zio e nipoti. Che ora i bambini erano “abbandonati, affamati, e la mamma nella disperazione”.
Ma, sai, non mi sono mossa.
Beatrice ha due appartamenti. Uno glielha lasciato lex marito, laltro glielha dato Luca, rinunciando alla sua parte delleredità. Riceve gli alimenti, non vive in povertà. Si era solo abituata a pretendere tutto. E ora non è più così.
Avremo un figlio. E ora mio marito ha una famiglia vera. Senza manipolazioni, senza isterie, senza teatro. E sai una cosa? Credo che tutto sia appena iniziato




