“Natale Stefania, non vivrò con vostro figlio, glielo dica pure così,” disse Lucia.
“E con chi vivrai? Chi ti vorrà con una bambina? Non vedo proprio una fila di principi oltre il cancello,” borbottò la suocera.
Lucia stava mettendo in ordine le cose della figlia. Le sue già le aveva sistemate nella borsa non molte, solo lessenziale. Il resto lo avrebbe sistemato dopo.
I suoi movimenti erano calmi e metodici mise nella borsa il vestito pesante di Sofia segnando mentalmente un punto. Imballò le scarpette un altro punto.
Non piangeva più, non era più in ansia una notte insonne le era bastata per prendere una decisione: lei e Riccardo dovevano separarsi.
Lo sentì quando tornò a casa. Sbirciò in camera da letto e, non trovando la moglie, aprì la porta della stanza di Sofia. Lucia finse di dormire.
La mattina, prima di andare al lavoro, Riccardo si avvicinò anche lui alla porta della bambina. Rimase lì, esitante, ma non ebbe il coraggio di entrare rimandò il discorso con la moglie alla sera.
Ma quel discorso non ci sarebbe mai stato, perché Lucia aveva già chiamato un taxi e tra mezzora sarebbe partita con la piccola Sofia per andare dai suoi genitori.
Dopo quello che era successo il giorno prima, non voleva solo evitare di parlare con Riccardo, ma anche di vederlo.
Si era abituata al fatto che lui tornasse “alticcio” ogni venerdì. Ma ieri era mercoledì. Inoltre, quella mattina Lucia gli aveva chiesto di tornare prima per badare alla bimba mentre lei incontrava unamica Valeria le aveva promesso di trovarle un lavoro da remoto.
Non osò lasciare la figlia con lui in quello stato e chiamò Valeria per rimandare. A Riccardo non piacque:
“Con chi stai parlando? Di che incontro stai parlando?” le urlò contro.
“Sto parlando con Valeria. Avevamo organizzato un incontro, ma non posso lasciarti Sofia così.”
“E perché no?”
“Guardati allo specchio che aspetto hai. Vai a dormire, domani hai lavoro,” disse Lucia, voltandosi per andare in cucina.
“Fermati!” gridò Riccardo, afferrandole un braccio. “Che cè che non va con come sono? Eh? Sono stato un po con gli amici, oggi è il compleanno di Marco. Che principessa! Decido io come tornare a casa. Chiaro?”
Lucia cercò di liberarsi:
“Lasciami! Mi fai male! Hai perso completamente la testa!”
Strasciò il braccio, Riccardo barcollò e quasi cadde.
“Ah, così è!” urlò, e il suo pugno le colpì il naso.
Lucia si coprì il viso. Riccardo, che forse non si aspettava di reagire così, lasciò andare il braccio e provò a dire qualcosa. Ma lei si girò e andò dalla figlia.
“Che principessa!” ripeté lui, uscendo di casa.
“Principessa” era il soprannome che le aveva dato la suocera. Fin dallinizio, Natalia Stefania non laveva mai sopportata.
“Ventun anni e ancora dipende dai genitori. Studia! Io alla sua età avevo già un figlio e un altro in arrivo.”
“Marito, casa, orto, faccende! E lei studia! Una principessa! Con quella ti toccherà soffrire, Riccardo. Scegline una più semplice!”
Anche i genitori di Lucia non erano entusiasti del genero.
“Lucia, perché tanta fretta? Riccardo non è lultimo uomo sulla Terra! Ti sei innamorata? Va bene, frequentatevi, potete anche convivere, anche se sai cosa ne penso.”
“Non sposarlo subito! Pensa: sei pronta a passare la vita con lui? Guarda la sua famiglia, poi decidi.”
E Lucia decise. Che fosse sbagliato, lo capì dopo sei mesi. Avrebbe potuto andarsene. Ma, primo, era troppo orgogliosa per ammettere che i suoi genitori avevano ragione. E secondo, era già incinta.
La nascita di Sofia non cambiò Riccardo. Continuava a pensare che le faccende domestiche e la bambina fossero solo affari di sua moglie.
Se stava male, se Sofia era malata, se succedeva qualsiasi cosa, non erano scuse se la cena non era pronta o la casa in disordine.
“Non riesci a gestire una bambina? Come fanno le altre donne?”
“Non è possibile che in un giorno intero non trovi il tempo di fare la spesa e cucinare,” le diceva.
“A Sofia stanno uscendo i denti, è irritabile, e con lei in braccio non posso cucinare. Ho ordinato da asporto. Puoi cucinarti i tortellini? O tien





