Lisa e il Dilemma della Matrigna: Scappare dalle Nozze con un Vedovo

**Diario Personale: La Paura di Diventare Matrigna**
Oggi ho visto negli occhi di Elisa la paura. Non è il fatto che Marco sia vedovo con una bambina piccola, né che sia più anziano. No, è qualcosaltro. È quello sguardo freddo, penetrante, che le arriva fino al cuore e le fa battere il petto come se volesse difendersi da frecce invisibili. Tiene gli occhi bassi, fissi a terra, ma quando li alza, sono sempre lucidi di lacrime.
Quelle lacrime, pesanti come pietre, le scivolano lungo le guance rosse di vergogna. Le mani le tremano, i piccoli pugni si serrano, come per proteggersi dalla matrigna e dalluomo che le ha imposto. Eppure, tradita dalla voce, mormora: “Sposerò.”
“E sia!” esclama la matrigna. “Una casa così, un uomo così! Sarebbe peccato rifiutare! Con la prima moglie era un principe, la trattava come una dama. Lei, poverina, fragile come un fiore, sempre malata, tossiva senza sosta. Lui camminava tre passi, lei uno, poi si fermava a riprendere fiato come una locomotiva. E lui la stringeva, paziente, senza lamentarsi, diverso da tuo padre, ubriacone senza cervello.”
“Tu invece sei forte come un ravanello!” continua. “Lui ti metterà al posto donore! Sai lavorare come nessunaltra: falci, tessi, cucini. Sarebbe un peccato darti a un ragazzino, ancora senza carattere. Questo qui è un uomo fatto, lo conosciamo bene. Che fortuna hai avuto!”
Organizzerò una cena, niente festa sfarzosa per un vedovo, non è il caso di disturbare i morti con balli inutili. E poi, Marco ha detto di non preoccuparci del corredo: la casa è già piena di tutto.
Marco aveva sposato la prima moglie per amore, sapendo che Lucia era fragile, spesso malata. Sua madre gli diceva che un uomo forte come lui aveva bisogno di una donna, non di una ragazzina. Ma lui non ascoltò né la gente né la ragione: voleva solo Lucia.
Nel paese si mormorava che lei lavesse stregato. Solo un pazzo, dicevano, avrebbe scelto di trasformare la sua vita in un ospedale, tra medicine e sofferenze. I dottori dicevano che i polmoni di Lucia erano deboli: un semplice raffreddore poteva diventare polmonite, poi asma, e poi chissà.
Marco credeva che il suo amore potesse tener lontana la morte. Allinizio, dopo il matrimonio, tutto sembrava perfetto. Felici, innamorati, ridevano senza sosta. Poi, quando Lucia rimase incinta, il suo corpo cedette. Debolezza, vertigini, sonno infinito. Non riusciva più a fare nulla: né lavare, né mungere la mucca, nemmeno pettinarsi i lunghi capelli.
I medici dicevano: “È la gravidanza, dopo il parto starà meglio.” Marco la curava con amore, senza un lamento. Sua madre, invece, non faceva che accusarlo: “Hai portato in casa un peso, non una moglie!” Lui difese Lucia come unaquila il suo nido, e alla fine chiese alla madre di non tornare più.
Lucia diede alla luce una bambina, e Marco sperò che la gioia tornasse in famiglia. E così fu, ma per poco. Un giorno, preso un raffreddore, Lucia non si riprese mai più. Si spegneva lentamente, come una candela.
La portarono in ospedale, ma il dottore fu chiaro:
“I suoi polmoni non reggeranno.”
Lucia lo sapeva. Allinizio si sforzava di sorridere, ma i suoi occhi tradiscono paura e dolore. Il suo corpo scheletrico, le costole visibili, il petto incavato, le mani scarnite: la morte era lì, in attesa.
Sentendo la fine vicina, Lucia chiese a Marco di ascoltarla.
“Nessuno può cambiare i piani di Dio. Il nostro amore ha combattuto, ma non ce la fa più. Sono stanca. Mi dispiace per te e per nostra figlia. Sono nata per soffrire, e vi ho condannati a soffrire con me.”
Marco prese le sue mani ardenti e le baciò. Dal respiro affannoso capì che le restavano pochi attimi.
Lei parlò del suo amore, della figlia, poi, con un ultimo sforzo, disse:
“Sposa Elisa. Sarà una buona moglie, una buona madre. Ha sofferto come me, con matrigne crudeli e padri ubriachi. È dolce, lavoratrice, paziente. Non farà del male a nostra figlia, e con il tempo ti amerà. Trattala come hai trattato me. Perdonami per queste parole, ma non solo i polmoni mi tradiscono: anche lanima è stanca. Ricorda solo, non far soffrire nostra figlia, o ti maledirò dallaltro mondo.”
Con le ultime forze, strinse la mano di Marco.
Lui pianse, le lacrime bagnarono il viso di Lucia. Sapeva che se ne stava andando. Il suo volto angelico, con un sorriso sulle labbra, fissava un punto lontano. La mano ancora stretta alla sua.
Marco la baciò dalla testa ai piedi, promettendo di fare come lei chiedeva. Per questo, un anno dopo la sua morte, si presentò a chiedere la mano di Elisa.
La matrigna lo aveva preparato la suocera di Marco, anche lei desiderava una buona madre per la nipote. Malata, sapeva di non avere molto tempo e voleva che la famiglia trovasse pace.
Lei, meglio di chiunque altro, sapeva cosa Marco aveva passato, e per come aveva trattato sua figlia, era pronta a baciargli i piedi e pregare Dio per la sua felicità.
Le nozze furono organizzate in fretta. Vedendo quanto la figlia soffriva senza una madre, e quanto lui aveva bisogno di una donna in casa, Marco decise di esaudire la richiesta di Lucia. Aveva osservato Elisa: dolce, obbediente, bella, persino somigliante a Lucia. La stessa chioma, lo stesso sorriso, lo stesso modo di camminare.
A volte aveva voglia di abbracciarla forte, forte, e restare in silenzio, immaginando il volto di sua moglie.
Elisa stessa non sapeva perché avesse accettato. Forse era stanca di essere la serva della matrigna, stanca di proteggere il padre ubriaco dalle sue urla, stanca delle sorellastre che la deridevano. O forse aveva pietà della bambina di Marco?
Comunque sia, dopo aver accettato, capì che lattendeva unaltra prova: imparare ad amare Marco.
Dopo il fidanzamento, Marco volle presentarle la figlia.
Sofia, la bambina, non usciva mai in cortile, passava tutto il tempo con la nonna. Ogni secondo era incantata dalla piccola Aurora. A volte, di notte, Marco vedeva la moglie chinarsi sulla culla e sussurrare qualcosa, come se le insegnasse come vivere dopo la sua morte.
Aurora era una bambina dolce, attaccata solo alla famiglia. Per lei cerano solo il papà, la mamma (anche se assente), la nonna e quella vecchietta brontolona.
Marco portò Elisa a casa sua, per farle conoscere Aurora senza linvadente presenza della matrigna, che si comportava come una mucca ormai senza latte, inutile.
Elisa restò con Marco, silenziosa. Notò che non era affatto cupo, ma gentile, attento. Le aveva chiesto con franchezza se avesse un altro uomo nel cuore: se fosse stato così, si sarebbe tirato indietro. Non le disse mai della richiesta di Lucia.
La casa la conquistò: mobili fatti a mano, quadri con cornici intarsiate, stanze grandi e luminose. Aurora, vedendola, si comportò

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