“Bambina, a chi cerchi?” chiesi con un filo di voce.
“Cerco la mamma, lhai vista?” La piccola, non più di sei anni, mi fissò con occhi grigi come la nebbia dautunno.
Riflettei un attimo. Vivevo in quel palazzo da poco, e lappartamento di fronte era sempre stato vuoto.
“Ma lì non abita nessuno,” risposi.
E allora lei scoppiò in lacrime, accasciandosi sui gradini di marmo.
“Signora, ci serve proprio la mamma! Solo lei può cambiare tutto. Il papà sta male senza di lei.”
Ero confusa. Non avevo figli, non sapevo come aiutare quella creaturina. Abbracciarla? Offrirle un caffè? Ma una bambina non segue una sconosciuta Proprio allora squillò il telefono. Le dissi di aspettare e corsi via. Quando tornai, era sparita.
Quella sera non la smisi di pensarci. Chiamai la padrona di casa, la signora Giovanna.
“Lì non vive nessuno da anni,” mi disse. “Perché me lo chiedi?”
“Oggi è venuta una bambina, cercava la mamma”
Un silenzio pesante. Poi:
“Deve essere la figlia di Elena ma lei è morta. Il marito è rimasto solo con una neonata. Non ha retto, se nè andato. Lappartamento è vuoto da allora.”
“Irene, se torna, portala da loro. Vivono vicino.” E mi dettò lindirizzo.
Col tempo, il ricordo svanì. Lavoravo, tornavo tardi, ripartivo allalba.
Poi, alla vigilia di Natale, sentii un picchiettio sommesso e singhiozzi. Corsi alla porta: era lei, la bambina dagli occhi grigi.
“Che succede? Dovè tuo padre?”
“È a casa. Io cerco la mamma.”
Ricordai il biglietto con lindirizzo e le chiesi di aspettare in casa. Si sedette sul pouf nellingresso, guardandosi attorno con aria smarrita.
Trovai il foglietto, ma quando tornai, dormiva già, raggomitolata come un gattino. La adagiai sul divano e chiamai la signora Giovanna.
“Mi scusi, quella bambina di cui le parlai? È qui. Volevo riportarla a casa, ma si è addormentata. Temo che il padre si preoccupi”
“Vado io, abito vicino. Resta in linea.”
Appesi e osservai la piccola. Sistemai una ciocca ribelle, le accarezzai la spalla. Quanto avrei voluto un figlio
Avevo vissuto anni felici con mio marito, ma quando cercammo un bambino, la sorte fu crudele. Due gravidanze perdute. Poi lui se ne andò. Ora aveva una figlia con unaltra, e io ero sola, in affitto, da sette anni.
Un colpo alla porta mi strappò ai ricordi. Aprii e mi bloccai. Sulla soglia cera il mio ex marito.
“Luca? Come sei arrivato qui?”
“Sono venuto a prendere mia figlia Aspetta, via Garibaldi 5, giusto?”
“Giusto. Allora è tua?” Lo feci entrare. “Dorme. Vieni in cucina.”
Misi lacqua sul fuoco. La vita a volte ti sorprende in modi impensabili.
“Ti disturbiamo? Posso svegliare Anna e andare.”
“Lasciala riposare. Che è successo? È la terza volta che viene qui.”
Luca si passò una mano sugli occhi stanchi.
“Vivevamo qui con Elena, qualche anno fa. Lappartamento era suo, ereditato dal nonno. Dopo il matrimonio ci trasferimmo. Poi lei rimase incinta Ero al settimo cielo.”
La sua voce si incrinò.
“Quando arrivò il momento, la portai in ospedale. Piangeva, aveva paura Mi prese la mano e mi disse di occuparmi della bambina se le fosse successo qualcosa.”
Si fermò, gli occhi lucidi.
“Ci furono complicazioni. Non la salvarono.”
“Mi dispiace,” mormorai, sfiorandogli la spalla. Vide come si sforzava di trattenersi, ma le lacrime scendevano lo stesso, come un fiume troppo a lungo contenuto.
Un rumore di passettini.
“Papà?”
Luca si alzò di scatto, la strinse forte.
“Anna, mi hai spaventato Perché sei uscita da sola?”
“Voglio trovare la mamma.”
“La troveremo, ma più tardi. Andiamo a casa.”
Mi porse un biglietto da visita.
“Grazie, Irene. Chiamami se torna. Viviamo vicino, ormai conosce la strada.”
“Ma come sapeva di questo appartamento?”
“Glielho mostrato io,” sospirò. “Dovevamo prendere alcune cose. Vide le foto di Elena e da allora sogna di incontrarla. Le ho detto che è solo via, che tornerà.”
Se ne andarono. Pochi giorni dopo, Luca mi chiamò. Ricominciammo a vederci, uscivamo in tre: passeggiate al parco, gelati, cinema. Anna si affezionò, una volta mi chiamò perfino “mamma”.
Un giorno, Luca mi prese le mani.
“Irene, trasferisciti con noi. Basta affitti. Anna ti cerca sempre.”
“E tu?”
“Anchio” Abbassò lo sguardo. “Mi sei mancata. Perdonami.”
Da allora siamo una famiglia. Cresciamo la nostra piccola Annina. Ogni giorno ringrazio il cielo per questo dono: essere amata, essere madre.
E anche se Annina non è figlia mia, niente mi impedisce di darle tutto lamore che ho nel cuore.




