Certo, tutti ricordavano ogni dettaglio perfettamente

**Diario di un uomo: ricordi d’infanzia**

“Non ricordo perché non è mai successo!” disse Pietro, guardandola con quegli occhi da vecchio sincero che aveva. La conversazione si spense allimprovviso, e ognuno andò per la sua strada.

“E perché ha mentito?” pensò Ginevra. “Si vedeva benissimo che non diceva la verità!”

“Vuoi che io sia il tuo Kay?” aveva proposto Pietro Rossi, undicenne, alla sua compagna di classe Ginevra Santini, che gli piaceva tanto.

“Che Kay?” fece lei, stupita.

“Ma come, non hai mai letto la fiaba? Quella dove la Regina delle Nevi lo incanta! E poi Ginevra lo salva!”

“Ginevra? Ma lo salva Gerda!” rispose la Santini con disprezzo. “Ma che Andersen hai letto?”

“Che differenza fa? Ginevra, Gerda” fece Pietro, scrollando le spalle. “Ti sto chiedendo: vuoi che io sia il tuo Kay?”

La ragazzina non voleva. Pietro era mingherlino, con le orecchie a sventola e più basso di lei. Certo, salvarlo sarebbe stato più facile. Ma lei, robusta e mezza testa più alta, come avrebbero fatto a camminare insieme dopo? Che figuraccia!

E poi, il suo cuore era già preso da Michele, il somaro della classe. Che, tra laltro, era lì vicino e ascoltava la discussione con interesse.

Così Ginevra, aggiustandosi il fiocco, rispose forteMichele doveva sentire: “Ma che Kay! Non saresti neanche buono per fare la renna! Quindi, Kay, vai e non mi rompere!”

Michele scoppiò a ridere, e Pietro, spaventato, lo guardò e scappò via. Il giorno dopo, davanti a tutti, la chiamò “Ginevra-insalata”: “Mi vendico, e la mia vendetta sarà tremenda!”

E che ti aspettavi, Santini? Non tutti gli uomini sopportano un rifiuto!

Pietro, magrolino comera, aveva però unintelligenza che compensava la mancanza di forza. Solo che quella volta, colpito dalla batosta inaspettata, non aveva reagito subitoe chi ci sarebbe riuscito?

E così rise non solo Michele, ma tutta la classe: il soprannome piacque. Che divertimento! Anche se allora non si usava ancora la parola “figo”.

Naturalmente, quando Ginevra si lamentò a casa del soprannome, la consolarono.

Ma un giorno, mentre suo padre la aiutava con lalgebrala figlia proprio non capivaluomo, esasperato, sbottò: “Hai ragione Pietro Rossi! Hai solo insalata in testa!” E aggiunse: “Salutamelo!”

Anche questa era colpa di Pietro: prima, il padre non le avrebbe mai parlato così

Alla maturità, le tensioni si erano calmatetutto il male era rimasto nellinfanzia: amori, antipatie, rancori. Erano ormai cose da nulla!

Ballarono anche un paio di volte insieme. Pietro, nel frattempo, era cresciuto più alto di lei ed era diventato un ragazzo atleticofaceva sport.

Michele, dopo la terza media, finì in un istituto professionaleallora erano severi. E amare a distanza era difficile. Quindi, scusa, Michele

Dopo il liceo, le strade si divisero: Ginevra andò a Scienze della Formazione, Pietro, intelligente comera, al Politecnico.

A volte si incontravanoabitavano vicinie si scambiavano due parole.

Poi la vita li portò lontano: entrambi si sposarono e si trasferirono. Gli incontri nel cortile diventarono rarisolo quando tornavano a trovare i genitori.

Qualche volta si incrociavano alle rimpatriate, ma ormai era chiaro che era meglio non andarci, per non rattristarsi.

Con gli anni, i ragazzi diventarono uomini calvi con pancette da birra, le ragazze signore sovrappeso piene di ambizioni. E la Santini non faceva eccezione.

Già robusta da piccola, ora era monumentalecome una contadina di quelle statue di epoca fascista. “Non avvicinarti, mi schiacci con il mio peso!”

Mancavano solo la brocca del latte e una mucca da record sullo sfondo.

La Santini non era uneccezione, ma Pietro sì: sembrava essersi conservato, snello come al liceo.

A quarantacinque anni, Ginevra era vicepreside. Pietro lavorava come ingegnereuna vita normale, da ceto medio.

Poi arrivarono gli anni Novanta. Per Ginevra-insalata coincise col matrimonio della figlia: Sofia portò a casa un fidanzato senza un soldo”Avremo un bambino!”

E mentre fuori era il caos, quel caos entrava anche in casa loro.

La fabbrica dove lavorava il futuro genero, con un buono stipendio e benefit statali, venne riconvertita in un magazzino affittato per corsi di crescita personaleperché senza corsi, pare, la gente non sa crescere.

E fuori dalla fabbrica, non cera nulla da saldare. Anzi, quella professione era ormai inutile!

Ieri serviva, oggi no. Quindi vai a vendere giacche e jeans al mercatoe prima fai un corso per imparare come si fa!

Giorgio rifiutò”Io sono saldatore, mica commesso!”e così restarono in due, con Sofia incinta, a cercare di sbarcare il lunario.

Ginevra e il marito, anche lui ingegnere, si arrangiavano: lei iniziò a importare abbigliamento dalla Greciaaddio scuola! Il sapere non serviva più.

Il marito finì a fare il corrierelingegnere non era più un lavoro rispettabile. Benvenuti nel capitalismo

Alla fine dei Novanta, le cose sembravano migliorare. Poi arrivò il default.

Ma Ginevra, furba, aveva messo da parte un po di dollari. E in quel mese dagosto che nessuno dimenticherà, quei soldi diventarono abbastanza per comprare non un bilocale, ma un trilocale!

Ieri erano poveri, oggi benestantiche paradosso! E quanti altri ce ne saranno?

Finalmente poterono sistemare la figlia, la nipotina e Giorgio, che faceva lavore a

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