Mia figlia ha sposato l’uomo che amavo… e io sono rimasta incinta di suo suocero.

Mia figlia ha sposato l’uomo che amavo… e ora sono incinta di suo suocero.
Non avrei mai pensato che la mia vita si sarebbe trasformata in una di quelle telenovelas che criticavo sempre. Eppure eccomi qui, seduta sul bordo della vasca alle tre del mattino, stringendo tra le dita un test di gravidanza con due strisce rosa, mentre mia figlia dorme nella stanza accanto con luomo che credevo sarebbe stato mio.

Tutto è iniziato due anni fa, quando ho conosciuto Matteo al bar dove lavoro. Era un cliente abituale, ordinava sempre lo stesso caffè americano senza zucchero. Aveva un sorriso che illuminava la stanza e occhi che ti facevano sentire lunica persona al mondo.

«Lavori sempre al mattino?» mi chiese un martedì qualunque.
«Quasi sempre» risposi, sentendo le guance scaldarsi. «Mi piace la pace delle prime ore.»
«Anche a me» sorrise. «Per questo vengo qui. E anche per vederti.»

Il mio cuore batteva come quello di unadolescente. A quarantadue anni, dopo un divorzio difficile, avevo smesso di sperare nelle farfalle nello stomaco.

Le settimane passarono, i nostri discorsi si fecero più lunghi, più intimi. Mi parlava del suo lavoro da architetto, dei suoi sogni di viaggiare per lEuropa, di come aveva perso la madre lanno prima. Io gli raccontavo di mia figlia Carlotta, del mio sogno di aprire una pasticceria, delle mie paure.

Un giorno, finalmente, si decise:
«Serena, vuoi cenare con me venerdì?»

Dissi di sì senza esitare. Quella sera fu perfetta: cena in un ristorante toscano, una passeggiata lungo il fiume, chiacchiere fino a notte fonda. Mi sentivo viva, desiderata, speciale.

Ma il giorno dopo, quando ne parlai con Carlotta, tutto cambiò.
«Matteo chi?» chiese, gli occhi sgranati.
«Matteo De Luca» ripetei. «Perché?»
Il suo volto si fece pallido.
«Mamma, lui… è il mio nuovo capo. Ho iniziato nel suo studio la scorsa settimana.»

Il mondo mi crollò addosso. Di tutti i posti, di tutte le persone…
«È fantastico, mamma» continuò Carlotta, ignara del mio sconvolgimento. «Così intelligente, gentile. E bello, vero?»

I mesi successivi furono una tortura muta. Vedevo Carlotta tornare a casa ogni giorno più innamorata, parlare senza sosta di Matteo, di quanto fosse meraviglioso. Io sorridevo e annuivo, con il cuore in frantumi.

Matteo smise di venire al bar. Sapevamo entrambi che era impossibile, ora. Ma quando i nostri sguardi si incrociarono al fidanzamento di Carlotta, sei mesi dopo, capii che anche lui provava la mia stessa pena.

«Serena» mi sussurrò in cucina, mentre gli altri brindavano. «Non sai quanto mi dispiace.»
«Non cè niente di cui dispiacersi» mentii. «Lei ti ama, ed è lunica cosa che conta.»
«Ma io…» iniziò.
«No» lo interruppi. «Non dirlo. Ti prego.»

Il matrimonio fu un supplizio. Li vidi scambiarsi le promesse, giurarsi amore eterno, mentre fingevo gioia per mia figlia. Quella notte piansi come non facevo da anni.

Ma se pensavo che fosse il peggio, mi sbagliavo.

Conobbi Vittorio, il padre di Matteo, al ricevimento. Un uomo distinto di cinquantacinque anni, vedovo, con uno sguardo gentile e malinconico. Parlammo dei nostri figli, della loro felicità, di quanto fosse difficile vederli crescere.

«Ti andrebbe di prendere un caffè domani?» mi chiese a fine serata. «Credo che entrambi abbiamo bisogno di elaborare tutto questo.»

Vittorio capiva il mio dolore come nessun altro. Anche lui aveva perso chi amava, in modo diverso. I nostri caffè divennero pranzi, poi cene, poi notti intere a parlare.

Non cercavamo di innamorarci. Volevamo solo colmare il vuoto. Ma il conforto si trasformò in qualcosa di più profondo, più vero di quanto immaginassimo.

«Questo è sbagliato» dissi una notte, dopo la prima volta.
«Lo so» rispose, accarezzandomi i capelli. «Ma non posso lasciarti andare, Serena. Sei lunica luce da quando ho perso mia moglie.»

Per otto mesi tenemmo tutto segreto. Ci incontravamo nel suo appartamento, lontano da occhi indiscreti. Era complicato, rischioso, ma era il nostro rifugio nel caos.

Fino a stanotte. Fino a questo test positivo.

«Mamma? Stai bene?» La voce di Carlotta mi strappa dai pensieri.
«Sì, tesoro» rispondo, la voce incrinata. «Solo… non mi sento bene.»
«Vuoi che ti prepari una camomilla?»
«No, torna a dormire.»

Sento i suoi passi allontanarsi. Tra poche ore dovrò chiamare Vittorio, dirgli che aspettiamo un figlio. Un figlio che sarà fratellastro di mia nuora, mia figlia.

Come spiegarlo a Carlotta? Come dirle che ho mentito tutto questo tempo? Come distruggere la sua felicità con il mio egoismo?

Mi guardo allo specchio. Occhi gonfi, capelli arruffati. Non riconosco la donna che mi fissa. Quando sono diventata la cattiva della mia stessa storia?

Il telefono vibra. Un messaggio di Vittorio: *”Non riesco a dormire. Sei nei miei pensieri. Ti amo.”*

Chiudo gli occhi, respiro. Domani cambierà tutto. Domani dovrò trovare le parole per linspiegabile.

Ma stanotte, per qualche ora ancora, posso fingere che vada tutto bene. Che sono solo una madre felice per la figlia sposata, non una donna incinta del più terribile dei segreti.

Nascondo il test nel cassetto, accanto alle altre bugie accumulate in questi mesi. Domani sarà un altro giorno. Domani dovrò essere coraggiosa.

Stanotte, devo solo sopravvivere.

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