«Mi sono sposata con il mio vicino di ottantadue anni… per evitare che venga mandato in una casa di riposo».

Mi sono sposato col mio vicino, Giuseppe Conte, che ha ottantadue anni per non farlo finire in casa di riposo.
Sei impazzito? ha quasi rovesciato il caffè la mia sorella Laura, quando glielo ho detto.
Prima di tutto, non ha ottanta, ma ottantadue, ho risposto con la massima calma. E poi lasciami finire.

Il tutto è iniziato quando ho sentito sotto le sue finestre i figli parlare. Venivano due volte lanno: bastava una visita per assicurarsi che il padre respirasse ancora, poi sparivano di nuovo. Lultima volta gli hanno portato dei cataloghi di case di cura.
Papà, hai già ottantadue, non puoi stare da solo. ha detto il figlio Marco.
Ho ottantadue anni, non ottantadue malattie, ha replicato Giuseppe con la sua voce roca ma ancora calda. Cucino da solo, vado al mercato e mi guardo le serie TV senza nemmeno addormentarmi. Sto benissimo!

Quella sera ha bussato al mio portone con una bottiglia di vino in mano e lo sguardo di chi sta per affrontare una conversazione disperata ma importante.
Ho bisogno di un aiuto un po strano.

Due bicchieri di vino e quellaiuto strano si sono trasformati in una proposta di matrimonio.
Solo formalmente, spiegava. Se mi sposo, sarà più difficile per i figli mettermi da qualche parte, lontano dagli occhi di tutti.

Gli ho guardato negli occhi azzurri, dove ardeva ancora lo spirito e il carattere, e ho pensato alle mie serate tranquille: un appartamento vuoto, la televisione accesa e il silenzio assoluto. E lui era lunico che ogni giorno mi chiedeva come andava.
E cosa guadagno io? ho chiesto.
Metà delle bollette, il ragù della domenica e qualcuno a cui importi che tu sia tornata a casa.

Tre settimane dopo eravamo al municipio di Milano. Io, in giacca trovata al volo la mattina, lui in un vecchio completo che profumava di naftalina e ricordi. Testimoni: la commessa del chiosco di via e suo marito, che trattenevano a stento le risate.
Potete baciare la sposa.

Lui mi ha dato un bacio sulla guancia così forte da sembrare lapertura di una busta. Da lì in poi tutto è andato sorprendentemente liscio: si alzava alle sei, faceva i suoi leggendari cinque piegamenti, io bevevo il caffè del giorno precedente e mi andavo a letto tardi dopo il lavoro.
Non è caffè, è tortura, brontolava lui.
I tuoi esercizi sono una parodia di sport, rispondevo io.

Le domeniche la casa si riempiva dellodore del ragù e delle risate. Lui parlava della sua prima moglie, amata per tutta la vita, e dei figli che lo vedevano più come un problema che come un padre. Fino a quando, un giorno, quegli stessi figli non si sono fatti beffe nella nostra casa:
La sta usando! ha urlato la figlia Giulia.
La sento benissimo! ha ribattuto lui dalla cucina. E, a proposito, il tuo caffè è peggio!

Perché volete questo matrimonio? mi ha chiesto la figlia, infilzandomi con lo sguardo gelido.
Ho guardato dove lui cantava, versandomi il caffè.
Perché? Perché non sono solo. Ho qualcuno con cui cenare la domenica. Ho qualcuno a cui dire: Sono a casa. Ho accanto una persona che si rallegra del mio riso. È un crimine?

La porta si è chiusa così forte da dare lultimo punto al loro argomento. Lui ha portato due tazze.
Pensano che sia impazzito. ha detto.
Non sbagliano, ho sorriso.
Anche tu sei pazzo.
Per questo siamo la coppia ideale.
Il tuo caffè è ancora veleno.
Il tuo sport è un cartone animato.
Beh, la famiglia è la famiglia.

Abbiamo brindato con le tazze al tramonto e a un amore davvero non vero ma nostro.

Sei mesi dopo è tutto lo stesso: si alza ancora troppo presto, io rovino ancora il caffè, le domeniche odorano di ragù e felicità.
Non ti penti?
Per un attimo, mai. rispondo ogni volta.

Che qualcuno lo definisca un matrimonio di facciata. Per me è la cosa più autentica che mi sia mai capitata.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

three + fourteen =

«Mi sono sposata con il mio vicino di ottantadue anni… per evitare che venga mandato in una casa di riposo».