«Esci subito da casa mia! Non sopporto più mia sorella e i suoi figli»
«Océane, vattene dal mio appartamento, e subito!» non riesco più a sopportare la presenza di mia sorella e dei suoi bambini.
Vivo in una piccola cittadina vicino a Nantes, dove le urla del mercato mattutino si mescolano al profumo dei croissant appena sfornati; a quarantanni la mia vita è diventata un vero circo a causa di mia sorella. Mi chiamo Camille, abito da sola in un bilocale che ho pagato a fatica dopo il divorzio. Ma la mia sorellina Océane, i suoi tre figli e la sua totale mancanza di responsabilità hanno esaurito la mia pazienza. Ieri, dal passo della porta, le ho gridato: «Scappa da qui, al volo!» e ora mi domando se ho agito nel modo giusto. Davvero, non ce la facevo più.
**Una sorella un tempo così vicina**
Océane ha cinque anni in meno di me. Siamo sempre state legate, nonostante i nostri caratteri opposti. Io, ordinata e laboriosa, ho sempre portato tutto sulle spalle; lei, spensierata, è sempre alla ricerca di una vita migliore. I tre piccoli hanno tre padri diversi: Théo ha 12 anni, Liam 8 e Noé 5. Vive in una stanza di buona, sopravvive con piccoli lavoretti e io laiutavo sempre con denaro, spesa, vestiti per i bambini. Quando ha chiesto di stare «due piccole settimane» da me, non ho saputo dire di no. Sono già passati tre mesi.
Il mio appartamento è il mio rifugio. Dopo il divorzio ho investito tutto: ristrutturazione, mobili, comfort. Lavoro come receptionist in un hotel e la mia vita è fatta di ordine e stabilità. Da quando Océane e la sua marmellata sono arrivati, casa mia è diventata un campo di battaglia. I suoi mostri corrono nel corridoio, urlano, rompono tutto, disegnano sui muri. Océane, invece di educarli, scorre sul telefono o «si assenta per cose», lasciandomi il peso sulle spalle.
**Il caos che ha rovinato il mio santuario**
Fin dal primo giorno ho capito lerrore. Théo, il più grande, risponde a tutti; Liam ha fatto graffiti sui muri; Noé sparge la sua purea ovunque. Non ascoltano né me né loro madre, come se fossero abituati a cambiare padre ad ogni incontro, e il mio appartamento fosse solo una tappa. Océane non pulisce, non cucina, non contribuisce in alcun modo. «Camille, sei sola, non ti disturba», dice. Io mi soffoco sotto il suo sguardo spavaldo.
Il mio bilocale sembra una taverna spagnola. Piatti sporchi nellacqua, giocattoli dappertutto, macchie di cioccolato sul divano. Torno dal lavoro e, invece di rilassarmi, passo lo straccio, preparo da mangiare per cinque, cerco di calmare i bimbi. Océane, invece, dorme o chiacchiera al telefono. Quando le chiedo di mettere ordine, alza gli occhi al cielo: «Oh Camille, non farmi più questa domanda, sono esausta». Esausta? Da cosa? A vivere alle mie spalle?
**Lultima goccia**
Ieri, entrando, non ho riconosciuto il mio interno. I bambini correvano ovunque, uno quasi mi ha travolto. In cucina una montagna di piatti, nel salotto succo sparso sul tappeto. Océane era accasciata sul divano, il naso sul cellulare. Sono scoppiata: «Océane, vattene subito da qui!» Mi ha guardata come se fossi impazzita: «Sei seria? Dove andrò con i bambini?» Le ho risposto che non era un mio problema, ma dentro tremavo. I figli, immobili, ci osservavano, e ho provato pietà. Ma non ce la faccio più.
Le ho concesso una settimana per trovare un alloggio. È scoppiata in lacrime, accusandomi di crudeltà, di aver abbandonato la propria sorella. Dovera il suo rispetto quando devastava il mio spazio? Dovera la gratitudine per tutto quello che le ho dato? Le amiche mi dicono: «Camille, hai ragione, smetti di tenerli». Ma mia madre, saputa la lite, mi chiama implorando: «Non metterla in strada, ha dei bambini». E io? Non merito forse la pace?
**Paura e decisione**
Temo di essere stata troppo dura. Océane e i suoi figli sono davvero in difficoltà e mi sento in colpa, soprattutto per i nipoti. Però non posso sacrificarmi per la sua incoscienza. Il mio appartamento è tutto quello che ho e non voglio che diventi il discarico del suo caos. Le ho proposto aiuto per cercare casa, ma ha rifiutato: «Vuoi solo sbarazzarti di noi». Forse è vero. E allora?
Non so come andrà la prossima settimana. Mia madre mi perdonerà? Océane capirà di aver precipito le cose? O sarò la «sorella cattiva» che ha cacciato la famiglia in strada? Una cosa è certa: sono stufa di essere la loro salvatrice. A quarantanni voglio vivere nella mia casa, in ordine, respirare liberamente, senza che nessuno calpesti i miei limiti.
**Il mio grido per la libertà**
Questa storia è il mio diritto di vivere la mia vita. Océane forse ama i suoi figli, ma la sua irresponsabilità distrugge il mio equilibrio. I ragazzi non sono colpevoli, ma non posso fare la loro madre. A quarantanni voglio riavere il mio appartamento, la mia tranquillità, la mia dignità. La scelta sarà dolorosa, ma non cederò. Sono Camille, mi scelgo anche se ferisce il cuore di mia sorella.





