Quando non riesci a lasciar andare la tua ex

Ci vai di nuovo da lei?

Ginevra fissava il marito con occhi di ghiaccio. Marco continuava a infilarsi le scarpe.

Dai bambini, Gine. Dai bambini, non da lei, borbottò Marco, allacciandosi i lacci. Quanto dobbiamo ancora parlarne?

Ginevra tacque. Le labbra serrate in una linea sottile. Voleva dire così tante cose, ma le parole le rimanevano bloccate in gola, formando un nodo doloroso.

Prima del matrimonio per te andava bene, continuò Marco, alzandosi e prendendo la giacca dallattaccapanni. Lo sapevi che avevo figli. Te lho detto subito. Dicevi di capire. E adesso? Scene? Interrogatori?

Ginevra strinse i denti ancora più forte. Marco si gettò la giacca sulle spalle e, senza aspettare una risposta, uscì dalla porta. La serratura scattò, e lei rimase sola.

Passarono alcuni secondi prima che Ginevra riuscisse a muoversi. Le gambe sembravano di piombo. Cadde sul divano in salotto. Accese una stupida serie tv. Rumore di sottofondo. Qualcosa per soffocare i pensieri.

Lei e Marco erano insieme da tre anni. Due di matrimonio. E sì, lo sapeva fin dallinizio. Divorzio. Due figli. Un maschio e una femmina. Marco glielo aveva detto al terzo appuntamento. Allora Ginevra aveva sorriso. Aveva detto che non era un problema. Che capiva. Che i bambini non erano un ostacolo.

Ora quelle parole le sembravano ingenue, stupide.

Ginevra si coprì gli occhi con una mano e respirò profondamente. Trattenere le lacrime diventava sempre più difficile. Il petto le si stringeva come se una lastra invisibile la schiacciasse.

Col tempo, sopportare era diventato impossibile. Due volte a settimana. Puntuale: martedì e sabato. Marco andava a casa dellex. A parole, per vedere i figli. Ma rimaneva a cena. Passava del tempo con lex moglie. Con Beatrice.

Ginevra sapeva che era stupida. Si fidava del marito. O almeno cercava di convincersene. Ma qualcosa dentro di lei suggeriva che il disastro era in arrivo. Una vaga premonizione che le faceva venire la nausea.

Quando Marco usciva, Ginevra restava sola nellappartamento. Si abbandonava allautocommiserazione. Si rimproverava per non riuscire a difendere la sua posizione. Per cedere alle promesse del marito. Per tacere quando avrebbe dovuto urlare.

Afferrò il telefono e scrisse velocemente un messaggio allamica.
«È di nuovo da lei.»

Il telefono vibrò una chiamata. Eleonora.

Pronto, disse Ginevra, cercando di non far tremare la voce.
Gine, ma che fai? Eleonora non fece giri di parole. Quanto ancora devi sopportare? Ti tradisce. È ovvio.
No, Leo, non capisci, iniziò Ginevra, ma lamica la interruppe.
Capisco benissimo. Due volte a settimana va dallex moglie. Ci resta fino a notte. E vuoi dirmi che stanno a giocare con i Lego?

Ginevra si passò una mano sul viso. Sapeva che Eleonora aveva ragione. Ma ammetterlo ad alta voce significava riconoscere che il suo matrimonio era una farsa.

Dice che tra loro non cè niente, sussurrò Ginevra. Che ci va solo per i bambini.
Dio santo, cosa sei così ingenua? sospirò Eleonora. Gine, ti prego. Apri gli occhi. Gli uomini normali non passano la serata con le ex. Gli uomini normali prendono i figli, li portano a spasso e poi li riaccompagnano. Il tuo sta nella sua cucina, mangia la sua pasta al pesto e probabilmente le tiene la mano quando i bambini non guardano.
Leo, basta, Ginevra strinse il telefono più forte.
Basta? Va bene. Ma ricorda le mie parole. Ne pagherai le conseguenze. E quando succederà, non dire che non ti avevo avvertita.

La chiamata finì. Ginevra fissò il soffitto. In tv qualcuno rideva rumorosamente. Ma a lei non importava nulla.

Marco tornò verso mezzanotte. Ginevra lo sentì spogliarsi nel corridoio. Andare in bagno. Si sdraiò accanto a lei, e Ginevra sentì subito lodore di un profumo estraneo. Dolce, stucchevole.

Ginevra non chiese perché era tornato tardi. Non ne aveva la forza. Ma fu Marco a parlare, sistemandosi meglio nel letto.

Scusa per lorario. La piccola doveva fare un lavoretto per lasilo. Lho aiutata, borbottò Marco, già chiudendo gli occhi. Ha fatto una mucca con le pigne. Era buffa.

Ginevra annuì al buio, anche se Marco non poteva vederla.

Così andò avanti per mesi. Martedì. Sabato. Uscita. Ritorno. Odore di profumo estraneo. Scuse.

Poi Marco cambiò. Diventò più cupo e chiuso. Passava intere serate fissando il telefono, la fronte corrugata. Ginevra cercava di chiedere cosa fosse successo. Ma Marco la respingeva. Borbottava qualcosa di incomprensibile e andava in unaltra stanza.

Dopo un paio di settimane, il marito le diede la notizia:

Senti, venerdì andiamo a un appuntamento di coppia.

Ginevra si girò, alzando le sopracciglia sorpresa.

Con chi?
Con Beatrice e il suo nuovo uomo.

A Ginevra sembrò che un macigno le fosse caduto dalle spalle. Quindi Beatrice aveva qualcuno? Quindi Marco non era con lex? Non la tradiva? Tutte le sue paure erano infondate?

Un sorriso apparve sul volto di Ginevra. Si girò verso il marito, lo abbracciò al collo.

Certo, andiamo.

Venerdì arrivò in fretta. Ginevra comprò persino un vestito nuovo. Blu chiaro, aderente. Voleva essere perfetta. Voleva mostrare a Beatrice che meritava Marco. Che era la scelta giusta.

Arrivarono in una caffetteria dallaltra parte della città. Un posto accogliente, con tavoli di legno e luce soffusa. Beatrice era già seduta a un tavolo con un uomo sui quarantanni. Alto, atletico, con un sorriso piacevole.

Ciao, Beatrice si alzò per salutare. Questo è Matteo.

Sembrava a posto. Snella, curata, una donna bella.
Matteo annuì, stringendo la mano a Marco. Si sedettero.
Ginevra aveva un buon presentimento. La serata sarebbe stata tranquilla. Si sarebbero conosciuti, avrebbero chiacchierato, e poi ognuno a casa sua.

Ma lappuntamento fu un disastro.

Tutta la sera Marco si comportò come se volesse riconquistare lex moglie. Continuava a interrompere Matteo. Mostrava in modo plateale di conoscere Beatrice meglio.

Matteo propose di ordinare una pizza piccante. Marco intervenne subito:

Beatrice non ama il piccante.
Lo so, rispose calmo Matteo. Ne abbiamo parlato. Stavo per dire che la prendiamo per noi. A lei ordineremo altro.

Ma Marco non si fermò.

Ricordi, Bea, quando siamo andati al mare con i bambini? continuò, ignorando Matteo. Il piccolo aveva portato una medusa sulla spiaggia. Credeva fosse un giocattolo.

Beatrice annuì

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