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**Diario di Luca**

Ieri ho parlato con mia cugina Elena, che da tre anni è divorziata da Marco. Le ho detto: “Elena, hai mai pensato che quando tutto sembra complicato, forse la soluzione è più semplice di quanto credi? Noi donne spesso ci ostiniamo a fare da sole, come se chiedere aiuto fosse una sconfitta.”

Lei ha sospirato: “Quali soluzioni semplici? Chiedere aiuto a Marco? Mi ignorerebbe o inizierebbe a farmi la predica su come non so gestire la mia vita.”

“Proprio di questo parlo,” ho risposto. “Ma non come fai di solito, con quel tono da capoufficio che ordina invece di chiedere. Per noi, donne forti e indipendenti, ammettere di aver bisogno sembra umiliante. Eppure, gli uomini hanno bisogno di sentirsi utili. È nel loro sangue.”

Elena ha sbuffato. “Marco? Lui ha solo bisogno che lo lascino in pace. Faceva il suo dovere: portava i soldi a casa e basta.”

***

Ora, dopo il divorzio, Elena vede tutto con occhi diversi. I problemi cerano fin dallinizio, ma nessuno li voleva affrontare.

Si erano conosciuti a una festa: lei, vivace e carismatica; lui, affascinante e con un lavoro promettente. Lui vedeva in lei una compagna intelligente e bella; lei in lui, un punto fermo. Il matrimonio era stato un sogno.

Ma il sogno si era trasformato in routine e silenzi.

Elena era cresciuta con una madre single che le ripeteva: “Conta solo su te stessa. Gli uomini vanno e vengono, ma la tua indipendenza è la tua forza.” Così, fin da giovane, aveva imparato a fare tutto da sola: cucinare, studiare, sistemare la casa. Dentro di sé, però, custodiva il desiderio di trovare qualcuno su cui poter contare. Voleva un partner con cui essere vulnerabile senza paura.

Marco, invece, veniva da una famiglia tradizionale: il padre, il capo indiscusso; la madre, dedita alla casa. I problemi si risolvevano così: la madre li segnalava, il padre li sistemava con soldi o conoscenze. Nessuno parlava mai davvero. Marco aveva imparato una sola cosa: luomo provvede al sostentamento, il resto non è affar suo. Cercava solo comodità: una casa pulita, una moglie sorridente, e problemi che non lo disturbassero.

Non ne avevano mai discusso. Lui aveva visto in Elena la donna forte che non lo avrebbe “stressato”; lei, luomo stabile che lavrebbe protetta. Poi era nato Matteo, ed Elena aveva fatto come sua madre: lavoro, notti insonni, visite mediche. Marco esisteva in parallelo: divano, TV, domande tipo “Cosa cè per cena?”

Una notte, Matteo aveva la febbre a 39. Elena, nel panico, lo aveva svegliato: “Marco, aiutami, non so cosa fare!” Lui, senza aprire gli occhi: “Sei sua madre, arrangiati. Ho una riunione importante domani.” Quella notte, Elena aveva pianto in silenzio, cullando il bambino.

Poi, le solite cose. Marco metteva sempre sé stesso al primo posto; Elena teneva il conto delle delusioni. Una volta aveva saltato la recita di Matteo allasilo: “Scusa, cliente urgente.” Unaltra, lei era a letto con linfluenza e lui si era dimenticato di comprare le medicine, portando invece un costoso whisky per la segretaria. Quella sera, Elena aveva capito: si stava spegnendo.

Se nera andata mentre lui era in trasferta. Un messaggio: “Basta. Sono stanca di fare tutto da sola. Io e Matteo vivremo da unaltra parte.”

Per Marco fu uno choc. “Che altro vuole? Io mantenevo la famiglia!” La sua rabbia era grande quanto la sua stanchezza.

***

Allinizio, Elena era tornata dalla madre. Poi aveva trovato un altro lavoro, affittato un bilocale. La vita riprendeva, ma i soldi non bastavano mai.

Un giorno, al bar con una collega, si era sfogata: “Sempre sola, sempre senza un euro, tutto sulle mie spalle…” La collega, più saggia, le aveva detto:

“Elena, anche un atleta ha bisogno di un sostegno. Smetti di fare tutto da sola. A volte basta chiedere nel modo giusto. Sai cosè fare la donnetta?”

“Chiedere come se fossi indifesa. Agli uomini piace sentirsi eroi, anche nelle piccole cose.”

Elena aveva scosso la testa. “Marco direbbe che manipolo.”

“È lo stesso quando noi vogliamo un complimento: alcuni uomini lo vedono come una trappola. Ma a noi piace, no? Ci fa sentire belle. E a loro piace sentirsi forti. Perché non darlo, allora? Non è manipolazione, è rispetto.”

Elena ci aveva pensato. Poi, quando Matteo aveva avuto problemi di pronuncia, aveva scritto a Marco: “Ciao. Allasilo hanno segnalato che Matteo confonde le lettere. Serve un logopedista. Cosa facciamo?”

Lui aveva tentennato: “Forse passerà… costa tanto…”

Lei aveva aspettato. Poi, due ore dopo: “Ho cercato. Il Centro Foniatrico chiede 80 euro a seduta, due volte a settimana. Cè anche una privata vicino a casa, 70 euro.”

Marco aveva respirato. Il problema ora aveva numeri, un piano. E lei aveva aggiunto: “Non ce la faccio da sola. Possiamo dividerci le spese?”

La risposta era arrivata subito: “Ok. Mandami i dettagli.”

Niente litigi. Niente rimproveri.

Quando il laptop di Matteo si era rotto, Elena gli aveva scritto: “Sono nel panico, senza computer non può fare gli esercizi. Tu che ne capisci, mi aiuti?” Marco si era sentito competente e laveva riparato.

Prima della scuola, Elena voleva portare Matteo al mare. Invece di cercare da sola, aveva chiamato Marco: “Non me ne intendo, ho paura di sbagliare. Tu hai buon gusto, mi consigli?” Lui si era impegnato a cercare e alla fine aveva pagato metà.

***

Ma la lezione più grande lha avuta al supermercato, mentre cercava di prendere una confezione di detersivo dallo scaffale alto.

“Posso aiutarla?” aveva detto una voce.

La vecchia Elena avrebbe risposto: “No, grazie, faccio da sola.” Quella nuova ha sorriso: “Grazie, questa volta mi arrendo.”

Lui, un ingegnere di nome Paolo, lha aiutata e hanno chiacchierato. Al momento di salutarsi, Elena ha preso coraggio: “Sa, è raro incontrare qualcuno con cui parlare così facilmente. Se volesse, potremmo prendere un caffè un giorno.”

Paolo si è illuminato. E lei ha capito: la vera forza sta nel permettere agli altri di essere importanti per te.

**Lezione del giorno:** A volte, essere deboli è lunico modo per scoprire quanto si può essere forti.

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