Irina era alla finestra, osservando la fitta nevicata che scendeva su Roma. La telefonata con il marito stava per concludersi – una delle tante, normali chiamate quotidiane dei loro quindici anni di matrimonio.

Lucia stava in piedi davanti alla finestra, osservando la neve fitta che cadeva su Milano. La telefonata con suo marito stava per concludersi una delle tante, banali conversazioni quotidiane in quindici anni di matrimonio. Marco, come al solito, la informava del suo “viaggio di lavoro” a Firenze: tutto procedeva secondo i piani, gli incontri andavano bene, sarebbe tornato tra tre giorni.

“Va bene, amore, a presto,” disse Lucia, allontanando il telefono dall’orecchio per chiudere la chiamata. Ma allimprovviso qualcosa la fermò. Dallaltra parte, udì chiaramente una voce femminile, melodiosa e giovane:

“Marco, stai arrivando? Ho già riempito la vasca…”

La mano di Lucia rimase sospesa in aria. Il cuore le si fermò per un attimo, poi ricominciò a battere così forte che sembrava volerle uscire dal petto. Premette il telefono di nuovo contro lorecchio, ma sentì solo il segnale di chiamata interrotta Marco aveva già chiuso.

Con movimenti lenti, Lucia si lasciò cadere sulla poltrona, sentendo le gambe cedere sotto di lei. Nella mente le ronzavano pensieri frenetici: “Marco… la vasca… che vasca cè in un viaggio di lavoro?” La memoria le riportò strani dettagli degli ultimi mesi: i frequenti viaggi, le telefonate tardive che Marco riceveva sempre sul balcone, il nuovo profumo comparso nella sua auto.

Con mani tremanti, aprì il laptop. Accedere alla sua email non fu difficile conosceva ancora la password, dai tempi in cui tra loro cera fiducia e onestà. Biglietti, prenotazioni dalbergo… “Suite per sposini” in un hotel a cinque stelle nel centro di Firenze. Per due.

Tra le email trovò anche una conversazione. Chiara. Ventisei anni, personal trainer. “Amore, non ce la faccio più. Avevi promesso di lasciarla tre mesi fa. Quanto ancora devo aspettare?”

A Lucia venne male. Davanti ai suoi occhi passò il ricordo del primo appuntamento con Marco allora lui era un semplice impiegato, lei una giovane contabile. Avevano risparmiato per il matrimonio, affittando un piccolo appartamento. Gioivano per i primi successi, si sostenevano nei momenti difficili. E ora lui era un direttore commerciale di successo, lei la contabile capo della stessa azienda, e tra loro si era scavato un abisso lungo quindici anni e largo ventisei, occupato da una certa Chiara.

Nella camera dalbergo, Marco camminava nervosamente avanti e indietro.

“Perché lhai fatto?” la sua voce tremava di rabbia.

Chiara era sdraiata sul letto, avvolta con noncuranza in un accappatoio di seta. I suoi lunghi capelli biondi erano sparsi sul cuscino.

“Che cè di male? si stirò come un gatto sazio. Hai detto che avresti lasciato tua moglie.”

“Deciderò io quando e come farlo! Capisci cosa hai combinato? Lucia non è stupida, ha capito tutto!”

“E meglio così! Chiara si alzò di scatto. Sono stanca di essere lamante che nascondi negli hotel. Voglio uscire con te nei ristoranti, conoscere i tuoi amici, essere tua moglie, alla fine!”

“Ti comporti come una bambina,” disse Marco tra i denti.

“E tu come un vigliacco! gli si avvicinò. Guardami! Sono giovane, bella, posso darti dei figli. E lei cosa può fare? Solo contare i tuoi soldi?”

Marco le afferrò le spalle: “Non parlare così di Lucia! Non sai niente di lei, né di noi!”

“So abbastanza Chiara si liberò. So che con lei sei infelice. Che si è chiusa nel lavoro e nelle faccende domestiche. Quando avete fatto lamore lultima volta? E quando siete andati in vacanza insieme?”

Marco si voltò verso la finestra. Da qualche parte, nella nevicata di Milano, nella loro casa con Lucia, tutto stava crollando. Quindici anni di vita insieme si erano sbriciolati come un castello di carte, per una frase capricciosa di una ragazza.

Lucia era seduta al buio in cucina, con una tazza di tè freddo tra le mani. Sul telefono, decine di chiamate perse da parte di suo marito. Non rispondeva. Che cosa poteva dirgli? “Caro, ho sentito la tua amante chiamarti nella vasca?”

La memoria le mostrava immagini della loro vita insieme. Marco che le donava lanello, inginocchiandosi in mezzo a un ristorante. Loro che si trasferivano nel loro primo appartamento un bilocale in periferia. Lui che la sosteneva quando perse sua madre. Loro che festeggiavano la sua promozione…

Poi erano arrivati i turni di lavoro infiniti, i mutui, le ristrutturazioni…

Quando avevano parlato con sincerità lultima volta? Quando avevano guardato un film abbracciati sul divano? Quando avevano fatto progetti per il futuro?

Il telefono vibrò di nuovo. Questa volta era un messaggio: “Lucia, parliamone. Ti spiego tutto.”

Cosa cera da spiegare? Che lei era invecchiata? Che si era persa nella routine? Che una giovane personal trainer capiva meglio i suoi bisogni?

Lucia si avvicinò allo specchio. Quarantadue anni. Rughe attorno agli occhi, capelli grigi che copriva con la tinta ogni mese. Quando era iniziato tutto questo quella stanchezza nello sguardo, labitudine di vivere di programmi, la corsa infinita verso la stabilità?

“Marco, dove vai?” Chiara lo guardò con disappunto quando rientrò in camera dopo un altro tentativo di chiamare la moglie.

“Non ora,” si lasciò cadere sulla poltrona, allentando la cravatta.

“No, proprio ora! gli si piantò davanti, con le mani sui fianchi. Voglio sapere cosa succederà. Hai capito che ora dovrai decidere tutto, vero?”

Marco la guardò bella, sicura di sé, piena di energia. Lucia era così quindici anni prima. Dio, come aveva potuto tradirla così?

“Chiara si passò una mano sul viso, esausto hai ragione. Dobbiamo decidere.”

Lei sorrise, gli si avvicinò: “Amore! Sapevo che avresti fatto la scelta giusta!”

“Sì la allontanò con dolcezza. Dobbiamo finirla qui.”

“Cosa?!” indietreggiò come se lavesse schiaffeggiata.

“È stato un errore si alzò. Amo mia moglie. Sì, abbiamo problemi. Sì, ci siamo allontanati. Ma non posso… non voglio cancellare tutto quello che cè stato tra noi.”

“Tu… sei solo un codardo!” le lacrime le rigavano il viso.

“No, Chiara. Ero codardo quando ho iniziato questa storia. Quando ho mentito a una donna che per quindici anni ha condiviso tutto con me: gioie, dolori, vittorie, sconfitte. Hai ragione sono infelice. Ma la felicità va costruita, non cercata altrove.”

Il campanello suonò verso mezzanotte. Lucia sapeva che era lui era tornato col primo volo disponibile.

“Lucia, apri, per favore,” la sua voce era ovattata attraverso la porta.

Aprì. Marco era sulla soglia barba incolta, giacca sgualcita, occhi pieni di rimorso.

“Posso entrare?”

Si scostò in silenzio. Andarono in cucina dove un tempo avevano sognato il futuro, dove avevano preso le decisioni importanti.

“Lucia…”

“Non serve alzò una mano. So tutto. Chiara,

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Irina era alla finestra, osservando la fitta nevicata che scendeva su Roma. La telefonata con il marito stava per concludersi – una delle tante, normali chiamate quotidiane dei loro quindici anni di matrimonio.