**Diario di Luca**
Mi chiamavo Lara. Avevo trentanni e lavoravo come impiegata in unazienda di identificazione. Per un po, avevo creduto che la mia vita con mio marito, Roberto, e sua figlia, Greta, fosse la «nuova famiglia» che avevo sempre sognato.
Roberto aveva nove anni più di me. Era divorziato quando ci conoscemmo e cresceva Greta da solo dopo che la sua ex moglie aveva rinunciato alla custodia e se nera andata. Greta aveva dodici anni: alla moda, con occhi luminosi e molto educata la prima volta che Roberto me la presentò.
«Piacere di conoscerti. Sono Greta. Grazie per aver cura di papà.»
La sua allegria mi sciolse le mani nervose. Mi aspettavo un rifiuto, invece sembrava sinceramente felice della mia presenza.
Pensai: *È sola, senza madre. Forse potrei essere io quella persona.*
Un anno dopo, Roberto mi chiese di sposarlo. I miei genitori esitaronochi non lo farebbe, con un uomo che aveva già una figlia?ma alla fine, convinti dalla mia determinazione, mi diedero la loro benedizione. Mi sposai con Roberto e mi trasferii nel condominio dove viveva con Greta.
Allinizio, tutto filò liscio. Greta mi chiamava persino «mamma». Roberto era affettuoso. Cenavamo insieme, guardavamo programmi comici. Credevo che la storia si scrivesse da sola.
Ma col passare dei mesi, iniziarono a comparire piccole crepe.
Una sera, dopo cena, Greta lasciò il piatto sul tavolo e si distese sul divano con il telefono in mano.
«Greta, sparecchia dopo aver mangiato. Sei abbastanza grande.»
Mi lanciò unocchiata stizzita. «Ma dai, sul serio? Mamma, non puoi farlo tu?»
Mi irrigidii. «No. Sei alle medie. Devi imparare a badare a te stessa.»
«Smettila di brontolare! Sei così pesante.»
Roberto prese le sue parti. «Non essere così severa, Lara. È ancora una bambina. Dovresti sparecchiare tu.»
Sentii il viso ardere. «Non la sto rimproverando perché è mia figliastra. Voglio che cresca bene.»
Ma il seme era stato piantato. Da quel momento, Greta si oppose a ogni minima richiesta. Roberto la assecondava. Pulizie, spese, faccendepoco a poco, tutto divenne mio compito.
Quando provai a far valere le mie ragioni«Siamo una famiglia, dobbiamo collaborare»Roberto mi liquidò: «Le faccende sono un dovere di donna.» Greta rise: «Che madre fredda che sei.»
Anche se lavoravo a tempo pieno, mi trattavano come una domestica.
Poi iniziarono i problemi a scuola. Greta aveva quattordici anni e doveva sostenere gli esami per il liceo. Era intelligente ma pigra. Voleva entrare in una scuola privata prestigiosa, ma passava i pomeriggi a scrollare il telefono.
«Greta, devi studiare. Alle superiori sarà più difficile.»
Mi rispose con una smorfia. «Zitta. Tu non sei mia madre.»
Roberto aggiunse: «Non stressarla. Ce la farà. È una ragazza in gamba.»
Discutemmo animatamente. Più insistevo, più Roberto si allontanava. A volte tornava a casa tardi, borbottando di «lavoro». Sospettavo mi evitasse.
La tensione in casa diventò palpabile. Valutai il divorzio, ma esitaili avrei delusi dopo aver convinto i miei genitori?
Poi, una mattina, tutto cambiò.
«Buongiorno, Greta. La colazione è pronta.»
Mi passò accanto senza una parola.
«Greta?»
Niente.
Quella sera, provai a chiamare Roberto. «Ehi, cè qualcosa di cui voglio parlarti riguardo a Greta»
Silenzio. Non si voltò nemmeno.
Giorno dopo giorno, mi ignorarono. Saluti, domande, tentativi di conversazionenulla. Ero invisibile. Chiacchieravano tra loro, ma appena aprivo bocca, i loro occhi si svuotavano.
Cucinavo, pulivo, lavavo, ma nemmeno un «grazie». I weekend li passavano fuori insieme, lasciandomi sola nel condominio che un tempo credevo fosse casa mia.
Provai ancorala carbonara preferita di Greta, la birra di Roberto in frigo. Niente. Il silenzio mi soffocava.
Piansi sotto la doccia, dove nessuno poteva sentirmi. *Perché?*
La risposta arrivò per caso.
Una sera, tornai a casa presto e sentii voci dal salotto semi-aperto.
Greta ridacchiava. «Mamma è così ingenua. La strategia dellignorare funziona alla grande. Sta zitta e fa tutto.»
Roberto rise. «Già. Ha smesso di brontolare e paga ancora tutte le bollette. È diventata una brava casalinga.»
Greta esclamò: «Dora in poi avrò bisogno di più soldi per il liceo. Mamma può solo lavorare di più! Sono giovane, non devo fare le faccende. Perfetto. Continuiamo a ignorarla.»
Il mio cuore batteva forte. Mio marito e mia figliastra ridevano di come mi avevano trasformata in una serva.
Un fuoco mi salì al petto. Mi morsi il labbro fino a sanguinare.
Non avrei mai perdonato.
La mattina dopo, riprovai: «Buongiorno.»
Mi ignorarono. Greta mi fece persino lo smorfioso.
Dopo che se ne andarono, preparai le valigie in silenzio. Presi lessenziale, chiusi la porta e me ne andai senza lasciare un biglietto.
Andai dai miei genitori. Temevo la loro delusione. Invece, mia madre mi prese la mano, gli occhi lucidi. «Puoi restare quanto vuoi. Devessere stato così difficile.»
Mio padre sbottò: «Hai fatto tutto il possibile. Basta così.»
Le lacrime che trattenevo da mesi esplosero. Per la prima volta in due anni, mi sentii vista.
Dopo qualche giorno, squillò il telefono. Roberto. Contro ogni buon senso, risposi.
«Dove diavolo sei?» urlò. «Come ti permetti di andartene? Sei una madre, non ti vergogni? Torna a casa subito!»
Allontanai il telefono, poi lo riavvicinai. «No, Roberto. Non tornerò. Voglio il divorzio.»
«Che sciocchezze! Smettila di fare scenate solo perché ti abbiamo ignorato un po! Non ci divorzieremo.»
Era nel panicosenza di me, la domestica era sparita.
Dissi piano: «Divorziamo. E poi, mi tradisci, vero?»
Silenzio. Poi: «Cosa cosa stai dicendo?»
Ma lo sapevo. La misteriosa chiamata che ricevetti era dal marito dellamante di Roberto. Non lavorava fino a tardicenava con lei. A volte ci portava anche Greta, mentendo. Una volta sentii Greta sospirare: «Lamante di papà è così bella. Se solo fosse mia madre.»
Tagliai corto. «Chiederò gli alimenti. E comunque, la casa non è tua. È mia. Mio padre lha comprata prima del matrimonio ed è intestata a me. Ho già traslocato i miei mobili e messo tutto in vendita. Le vostre cose? Le ho mandate ai tuoi genitori. Buona fortuna.»
Silenzio in linea.
Poi la voce stridula di Roberto: «Lara, ti prego. Perdonami. Ti amo solo io.»
Ma le parole mi scivolarono via.
«Tu e Greta non volevate una moglie o una madre. Volevate una domestica. È finita.»
Appoggiai la cornetta.
Mio marito e mia figlia mi ignorarono sempre, così me ne and





