Quasi pronta a vendere tutto, ha però udito la verità dietro la porta…

Sofia Andreoli, con la voce tremante, sussurrò al figlio: «Volevi davvero venderla? E io dove andrò a vivere? Nella cantina? Alla stazione? Hai deciso di trasformare la nostra casa in una struttura per anziani?»

Costantino, stanco, sbuffò: «Mamma, perché inizi di nuovo a piangere»

Sofia alzò la voce, quasi a sussurrare: «Mi vuoi offrire una scatola di una lavatrice? Hai perso la testa, Costantino?!»

«Non urlare, sto solo proponendo di parlare», rispose lui.

«Di cosa parlare? Una casa non è una merce che si vende quando le cose si fanno difficili!» gridò, alzandosi di scatto dal tavolo. «Io sono nata qui, tu sei cresciuto qui. E tu vuoi metterla in vendita!»

In quel momento la porta si aprì silenziosa e entrò la vicina Lidia Vassalli.

«Sofia! Che fai seduta come una pietra? Hai detto che questanno avresti piantato tutti i tuoi orti, dopodiché linverno quasi ti ha sconfitta! Dove sono i tuoi progetti per il giardino?»

Sofia abbassò lo sguardo. «Lido, ho provato davvero ma i germogli sono appena spuntati e non riesco a spezzarli»

Lidia rise: «Che ne dici di chiamare Igor, il contadino di Limanovka? Ti avrebbe arato tutto il campo e ti avrebbe fatto crescere qualcosa di utile, non solo rose per i tuoi anni!»

«Costantino ha detto che forse in estate verrà con gli amici, faremo grigliate, ma io ho solo lalloro e le rose»

«Quelle tue rose!» sbottò Lidia. «Negli ultimi cinque anni il tuo figlio è venuto solo tre volte, e sempre con la birra, non con il barbecue.»

«Lui lavora, ha mille cose da fare»

«Ti ricordi linverno scorso, quando non cerano né cibo né medicine? È per questo che sono venuta. Dove era il tuo «figlio laborioso»? Non lo trovi neanche al telefono!»

«Lui arriva sempre quando lo chiamo»

«Sofia, sei come una ragazza: credi e aspetti, ma il tempo scorre. Devi pensare con la testa, non con il cuore. Hai più bisogno di orti che di cespugli di rosa!»

Sofia annuì, quasi a farcire il silenzio. «Forse farò davvero gli orti, dove ormai lalloro è secco»

Lidia sorrise. «E la tua figlia? Che si sente?»

«Come sempre. Costantino le parla solo per gli auguri di compleanno o per Capodanno è tutto quello che cè.»

«Meno volte Costantino ti visita, meno preoccupazioni ci saranno. Non voglio spaventarti, ma il futuro sarà più tranquillo»

Sofia Andreoli viveva nel borgo di Montelupo, vicino alla campagna toscana. Venti anni prima il marito era morto in un incidente stradale. La figlia più grande, Alessandra, era nata per prima; era sveglia, imparò presto a lavare e a cucinare. Costantino era nato più tardi, quando Sofia aveva più di quarantanni, e divenne il suo conforto. Tra loro cerano quindici anni di differenza, diverse epoche, diversi modi di crescere.

Alessandra partì per prima.

«Mamma, voglio sposarmi», disse.

«Con chi? Con quel Romano del paese? Non lo permetterò! Non ha né professione, né cultura, né istruzione!»

«Questa è la mia vita, mamma. Ho già diciotto anni.»

«Hai visto il suo viso? È tutto grasso, non troverai anima lì!»

«Non è una questione di apparenza, è buono e intelligente. Ha trovato lavoro in città.»

«E andrai con lui? E io rimarrò sola?»

«Studierò e vivrò.»

Sofia pianse, implorò, ma Alessandra, con una valigia, sfuggì attraverso la finestra, sparendo senza lettere, senza telefonate, solo voci occasionali trasmesse da conoscenti.

Costantino rimase a lungo con la madre. Allestì un cortile accogliente: una pergola, una altalena, un barbecue, un prato fiorito. Nessun orto, nessuna patata.

«Mamma, perché hai gli orti? A Montelupo cè un supermercato, tutto è lì: patate, zucchine, verdure. Perché ti fai il mal di schiena?»

«È la tradizione, la nostra usanza»

«Era una usanza, ma ora è il ventunesimo secolo!»

Sofia accettò. Viveva modestamente, ma con comfort. Costantino le portava cibo, medicine, la conduceva dal dottore. Poi incontrò Marina, una ragazza, si sposò. Sofia la accolse, ma tra le due non cerano scintille; Sofia non nascondeva il disprezzo per la vita di campagna né per la suocera.

Durante una visita, Costantino, come al solito, abbracciò la madre, depose la spesa sul tavolo e disse:

«Mamma, devo parlarti. Ho unidea molto vantaggiosa.»

«Di nuovo il tuo business?»

«Le terre di Montelupo vengono comprate! Vogliono costruire un villaggio di villette, con tutta linfrastruttura. Se vendiamo la tua casa con il terreno, potremmo comprare un appartamento di una camera a Firenze e avremo anche il capitale di avvio.»

«Aspetta e io? Dove vivrò?»

«Mamma, non iniziare a piangere. Potremmo pensare a una pensione o affittare un appartamento, ma non in strada!»

«Mi vuoi spostare fuori da questo cortile, dove ogni pietra è famiglia? È la nostra casa!»

«Mamma, è solo una casa. Vecchia, scomoda. Finché il prezzo è alto, dobbiamo venderla.»

«Mai!», ringhiò Sofia stringendo i pugni. «Finché sono viva, la casa resterà qui. Non la metterò nemmeno nel testamento!»

Costantino si alzò di scatto, afferrò le chiavi e uscì senza salutare.

Sofia uscì nel cortile. Un cespuglio di rose in piena fioritura. In una mano una pala, nellaltra unascia. Decise di smuovere il rosario per trasformarlo in orto, ma non riuscì a muoverlo.

«Ancora non sai?», chiamò Lidia dal dietro il recinto.

«Non ho forze. Né nelle mani né nel cuore.»

«È tardi! La stagione è persa. E Costantino, forse non tornerà più.»

«Cosa mi consigli?»

«Rifletti con lucidità. Fai le pratiche a posto e avrai un monolocale a Firenze. Ospedale vicino, negozio, calore, vicini è civiltà.»

Sofia non dormì tutta la notte, pensava. Allalba prese lautobus e andò a Firenze, verso Costantino, per cedere e parlare con calma.

Salì al terzo piano, si fermò davanti alla porta. Dal interno si sentì una voce:

«Vero, non vuole vendere! Testarda come un bulldozer!»

«Allora vai a fare il trasportatore! Che affari ho io? Siamo al limite e tu ti diverti! Che se ne vada a morire a Montelupo!»

Sofia rimase immobile, poi, con rabbia, bussò con forza.

«Mamma?», aprì Costantino.

«Grazie, figlio, per avermi già seppellita!», la sua voce tremava. «Volevo venire a parlare, a far pace. Ma ora sai: non vendo! Mai! Preferisco seppellire la casa nella terra piuttosto che cederla al tuo business!»

«Mamma»

«Via da qui con il tuo demone! Che i suoi genitori vendano gli appartamenti! Ma la mia casa non la toccate!»

Sofia si voltò e uscì, trascorrendo la notte alla stazione. Allalba tornò a casa. Per tre giorni rimase a letto, poi raccolse lascia, ma non riuscì a avvicinarsi al cespuglio di rose.

La mattina, qualcuno bussò al portone.

«Chi è?»

«Mamma, sono io. Alessandra.»

«Alessandrina?!», trattenne il respiro Sofia. «Figlia mia»

«Mamma, come stai?»

«Come», la voce si incrinò.

«Costantino mi ha chiamato. Dice che sei impazzita, non vuoi vendere la casa. Io gli ho detto di andarsene. Credeva che fosse già tutto finito ma ho capito che è tempo di tornare.»

«Figlia ma noi»

«Quando è stato? Ho tre figli ora. E ora ti capisco davvero!»

«Figli?»

«Due figlie e un figlio. E Roma è ora snello, fa sport, lavora in IT.»

«E tu?»

«Verrò a trovarti nel weekend. Ti porterò cibo, tutto quello che serve. Siamo vicini, mamma.»

«E gli orti?»

«Non ti servono più orti. Ora hai i nipoti.»

Sofia scoppiò in pianto, abbracciò la figlia.

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