La Villa di Campagna all’Estero

La Villa di Campagna

Un anno fa, i Rossi acquistarono una villa di campagna. Dopo aver superato i cinquant’anni, Luca sentiva un forte desiderio di avere una seconda casa. La sua infanzia in campagna gli ricordava la casa dei nonni e le giornate passate a coltivare lorto.

La casetta, sebbene modesta, era ben tenuta. Luca ridipinse la struttura in legno, riparò la recinzione e sostituì il cancello. Cera abbastanza terra per patate e qualche ortaggio, ma il frutteto lasciava a desiderare: pochi alberi e nessun cespuglio, a parte un angolino di lamponi.

«Non preoccuparti, cara, con il tempo sistemeremo tutto» disse Luca, rimboccandosi le maniche.

Sofia si muoveva tra le aiuole, approvando i progetti del marito. Da un lato, i vicini erano gentili, anche se raramente venivano, ma tenevano la loro proprietà in ordine. Dallaltro lato, invece, regnava labbandono: la recinzione era storta e tutto era invaso da erbacce alte.

Quellerba fu una vera piaga per i Rossi per tutta lestate.

«Luca, è insopportabile, queste erbacce invadono il nostro giardino, sembra che vogliano conquistare tutto» si lamentava Sofia.

Luca prendeva allora la zappa e iniziava a strapparle con forza, ma sembravano infinite e ricrescevano sempre.

«Sofia, guarda un po, i loro peri questanno daranno frutti buoni» osservò Luca, indicando il giardino del vicino, ormai selvaggio.

«E quellalbicocco è eccezionale» rispose Sofia, mostrando un albero che prometteva un raccolto abbondante. Alcuni rami si allungavano persino nel loro terreno.

«Mi piacerebbe vedere questi proprietari almeno una volta» commentò Luca con rammarico. «Magari verranno almeno per raccogliere.»

In primavera, Luca non aveva resistito e aveva annaffiato gli alberi dei vicini con il tubogli sarebbe dispiaciuto vederli soffrire per il caldo. Ma ora quellerba implacabile non dava tregua.

«Avrebbero potuto tagliare lerba almeno una volta in tutta lestate» brontolava Sofia.

La volta successiva, arrivando alla villa, i Rossi rimasero stupiti dal raccolto di albicocche. Per la zona non era una novità, molti le coltivavano, ma in una proprietà abbandonata

«No, taglierò la loro erba io» dichiarò Luca. «Non sopporto di vedere questo posto soffocare dalle erbacce.»

«Guarda, Luca» disse Sofia, indicando i rami carichi di frutti che pendevano nel loro giardino.

Luca prese una piccola scala. «Raccogliamo almeno questi prima che marciscano, tanto nessuno si è fatto vivo.»

«Ma è roba altrui» obiettò Sofia con prudenza.

«Tanto andrebbero sprecati» rispose lui, iniziando a cogliere i frutti più maturi.

«Allora andiamo a prendere i lamponi per i nipotini» propose Sofia. «Hai tagliato lerba, è un giusto scambio per il lavoro.»

«Sembra che potremmo prendere tutto, nessuno si cura di questo posto. È come un orfano, abbandonato vicino al nostro terreno.»

Al lavoro, durante una pausa, Luca si unì alla conversazione tra colleghi. Gli autisti parlavano delle loro esperienze.

«Qualcuno entra nel mio giardino appena mi giro, hanno già scosso i miei alberi due volte» si lamentava Marco Bianchi, vicino alla pensione.

Ascoltando, Luca sentì il sudore ghiacciargli la fronte, ricordando quando aveva raccolto le albicocche con Sofia, e le pere promettevano un altro bel raccolto.

«Dovè la tua villa di campagna?» osò chiedere Luca, temendo la risposta.

«Laggiù, nellassociazione dei giardini di Montepulciano.»

«Ah» sospirò Luca. «La nostra è più in alto.»

«È vero, da voi matura tutto prima» ammise Marco. «Da noi arriva dopo, ma vengono lo stesso a saccheggiare, hanno persino scavato alcune patate. Ho pensato di mettere una trappola.»

«Mettere una trappola può portarti guai» intervenne un altro uomo. «Finiresti in galera.»

«E rubare è permesso?» si indignò Marco.

Tornato a casa, Luca fu assalito da ricordi nostalgici e colpevoli del giorno in cui avevano raccolto dai vicini. Anche se non era la casa del collega, si sentiva divorare dal rimorso.

Da bambino era diverso. Gli era capitato di correre nei giardini altrui, ma era solo per gioco, un paio di volte. Qui invece erano vicini, e lui e Sofia avevano preso parte del loro raccolto. E ora bramavano anche le pere.

Certo, Luca aveva piantato alberelli che sarebbero cresciuti. Ma quellalbicocco del vicino era un peccato lasciarlo marcire.

«Nessuno verrà» cercò di calmarlo Sofia. «Se non sono venuti in un anno, non verranno ora.»

«Ma mi sento un ladro» si tormentava lui.

«Vuoi che butti via le albicocche?» chiese la moglie. «In realtà, ne ho già data metà ai bambini» aggiunse, giustificandosi.

«Lascia stare, ormai è tardi.»

Così, i Rossi trascorsero lestate a occuparsi del terreno vicino, liberandolo dalle erbacce. Osservavano le pere, sperando di vedere i veri proprietari. Ma quando i frutti caddero a terra, Sofia ne raccolse alcuni nel suo grembiule.

In autunno, dopo aver sistemato la loro parte, diedero unultima occhiata a quella del vicino. Persino la recinzione sembrava lamentarsi, come se chiedesse di raddrizzare le assi storte.

Vicino al cancello cerano cumuli di detriti: legni marci, cocci di vetro, stracci ma accanto a quei rifiuti, qualche fiore tardivo cercava di sbocciare.

Quellinverno, ripensando alle giornate estive, Luca provò una dolce nostalgia per la villa.

Con la primavera, ai primi fili derba, i Rossi tornarono.

«Credi che questanno i proprietari torneranno?» chiese Sofia, parlando di quel terreno abbandonato.

Luca sospirò. «Povero giardino, che spreco»

Quando fu il momento di arare, Luca chiamò un contadino. Non smise di guardare il terreno accanto. Avevano già tagliato lerba con Sofia per evitare che si espandesse, ma sarebbe stato bene rivoltare anche quella terra

«Senti, amico, potresti arare anche il campo vicino? Pago io» propose Luca.

«Ma Luca, cosa fai?» chiese Sofia. «È degli altri.»

«Non sopporto di vederlo incolto.»

«E allora, ci prenderemo cura delle proprietà altrui per sempre?» obiettò ragionevolmente la moglie.

«Aspetta, dopo pranzo andiamo allassociazione dei giardini per scoprire a chi appartiene. Questerba mi dà fastidio, e questo giardino abbandonato»

Allassociazione, una donna con gli occhiali sul naso sfogliò un registro. «Qual è lindirizzo? Via dei Ciliegi, 45?»

«Sì, proprio quella» rispose Sofia. «Dovrebbero almeno tagliare lerba e raccogliere i frutti, è un peccato lasciar marcire un bel frutteto.»

«Be, ormai è finita» spiegò la donna. «I proprietari hanno rinunciato, è passato al demanio.»

«Quindi è senza padrone?» chiese Luca.

«Sembra di sì. Gli ex propriet

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